Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile
LA UE REVOCA L’IMMUNITA’ A MARINE LE PEN PER AVER POSTATO LA DECAPITAZIONI DI UN PRIGIONIERO DA PARTE DELL’ISIS… LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI, QUANDO LO SI CAPIRA’ SARA’ SEMPRE TROPPO TARDI
Il Parlamento europeo ha revocato l’immunità a Marine Le Pen, candidata alle presidenziali francesi e leader del Front National, in relazione alla pubblicazione sul suo profilo Twitter di immagini di violenze commesse da parte dello Stato islamico.
La commissione per gli Affari legali del Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza a favore della revoca dell’immunità .
Le Pen è indagata nel suo Paese per aver pubblicato sul social network, nel dicembre 2015, tre immagini violente di azioni commesse dall’Isis.
Tra esse, anche una legata alla decapitazione del giornalista statunitense James Foley. A Le Pen viene contestata l’accusa di “pubblicazione di immagini violente”, che in determinati casi può portare a tre anni di carcere.
Necessita una riflessione, al di là dell’episodio specifico: non è ammissibile in generale a nostro parere che un politico “sfugga” ai processi rifugiandosi dietro l’immunità parlamentare, nata esclusivamente per “tutelare” il diritto dell’eletto di esprimere le proprie opinioni politiche.
Marine Le Pen, pubblicando le foto dell’esecuzione di un essere umano, non ha solo mancato di sensibilità verso la famiglia della vittima, ma volutamente cercato di “dimostrare” l’efferatezza del terrorismo islamista con evidenti fini politici.
Libera di farlo, ma anche nel caso di assumersi le piene responsabilità della scelta.
Sapendo che in Francia tale decisione è considerata un reato, la strada maestra era quella di affrontare il processo, dimostrando le proprie ragioni e, in caso di condanna, scontare la pena.
Lanciare il sasso e nascondere la mano non è da destra, è da vili.
Appellarsi alla Ue (quella che si vorrebbe distruggere a parole) per mendicare l’indennità è mancanza di dignità .
E per molti, a destra, la dignità è superiore a qualsiasi condanna.
Se la destra vorrà tornare al centro del dibattito politico non solo per “negare diritti” ma per “affermare valori”, cominci a recupere un minimo di dignità .
Concetto non da “populismo” (come certi comportamenti sovranisti dimostrano) ma da destra vera.
Altra cosa.
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
LA LEADER DEL FN ACCUSATA DI AVER USATO 340.000 EURO DI FONDI PUBBLICI PER IMPIEGHI FITTIZI A SUOI COLLABORATORI RIFIUTA LA CONVOCAZIONE DEI MAGISTRATI FRANCESI… FATELA ANDARE A PRENDERE DALLA GENDARMERIE, COSI’ CAPISCE COSA VUOL DIRE IL SENSO DELLO STATO
Marine Le Pen sfida i giudici, da lei accusati due giorni fa di “complotto” ai suoi danni. Convocata per un interrogatorio previsto per mercoledì scorso nel quadro dell’inchiesta sugli incarichi fittizi dei suoi assistenti parlamentari a Strasburgo, la presidente del Front National, candidata alle presidenziali, ha risposto con una lettera di rifiuto.
Nella lettera, secondo Le Monde, Marine Le Pen ha dichiarato che non si recherà ad alcuna convocazione di polizia o giudici fino alla conclusione delle elezioni politiche dell’11 e 18 giugno.
Le monde scrive che Le Pen era convocata nello stesso giorno in cui i magistrati dovevano ascoltare il suo capo di gabinetto e storica collaboratrice Catherine Griset, che in seguito è stata formalmente accusata di abuso d’ufficio nell’inchiesta che accusa Il Front National, il partito di Le Pen, di aver frodato al Parlamento Europeo circa 340mila euro tramite impieghi fittizi.
Somma che Strasburgo reclama da Marine Le Pen, che è parlamentare europea, perchè considera ingiustamente versati a un altro suo collaboratore, Theirry Legier, nel 2011, e a Griset, dal 2010 al 2016, per dei lavori da assistenti parlamentari che non sarebbero mai stati fatti e per i quali sono stati pagati con fondi pubblici europei.
Intanto, contro Le Pen arriva un duro attacco del connazionale Pierre Moscovici. Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, in un intervento su Le Monde, ha scritto che la leader del Fn “propone semplicemente di uccidere l’Europa invece di curarla. Io definisco questo un crimine politico!”.
Secondo Moscovici “il rimedio che propone è peggiore del male: è l’eutanasia dell’Europa. Le Pen è infatti l’unica dei contendenti per la presidenza a favore della fine dell’euro e dell’appartenenza all’Ue come obiettivi politici. Questo è sia un errore enorme di analisi storica ed economica sia una impostura politica senza precedenti, che finirebbe per ritorcersi contro la stessa Francia”.
(da agenzie)
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Febbraio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
LO STATO DI DIRITTO E’ UN VALORE IMPRESCINDIBILE, LE REGOLE SONO POSTE A TUTELA DI TUTTI, NON DI CHI URLA DI PIU’
I fatti verificatisi negli ultimi giorni, con i tassisti “sul piede di guerra” e gli scontri nelle piazze, sono una pagina parecchio brutta della vita del nostro Paese.
Sicuramente il fenomeno del trasporto privato va regolamentato ed in modo chiaro. La liberalizzazione del mercato, anche in certi settori, non è un male da combattere a tutti i costi, però.
Anzi, soprattutto in certi casi, come quello in parola, è la via assolutamente preferibile a tante altre.
L’importante, comunque, è che “il tutto” avvenga nell’ambito di un contesto chiaro e nel pieno rispetto delle regole, ivi comprese quelle relative alla dialettica democratica tra tutte le parti in causa.
Lo Stato di Diritto è un valore imprescindibile, sempre e comunque, e non è con uno sciopero praticato contra legem che si possa immaginare di raggiunge seriamente l’obiettivo.
Non si può invocare il rispetto (o l’emanazione) delle regole per violarne, contestualmente, altre, e per primi.
Con l’astensione volontaria dal servizio, i tassisti hanno aggirato la normativa posta a tutela dei consumatori in materia di “servizi pubblici essenziali”; hanno aggirato la legge; hanno deciso di percorrere la via peggiore, e la cosa fa molta tristezza (soprattutto per effetto dei fatti accaduti nel corso della giornata di ieri a Roma).
Protestare fa parte “del gioco” democratico. E’ un momento essenziale della stessa dialettica, ma il ricorso alla violenza, però, è cosa inaccettabile, ed a tutti i livelli.
Aver visto dei politici scendere in piazza per “cavalcare la tigre” l’ho trovato a dir poco allucinante.
Oramai stiamo passando dalla destra della legalità (o sedicente tale) alla destra della pagnotta e la cosa fa ancora più tristezza della rabbia delle persone che hanno scelto la via dell’occupazione delle piazze per consumare una protesta, in parte (anche) legittima nel merito, ma inaccettabile nei modi.
Il mondo è in continua evoluzione. Le caste non possono e non devono durare in eterno, soprattutto in un mercato, come quello odierno, che propugna una “domanda” (sempre più crescente) di servizi qualitativamente sempre più a misura “dell’utente telematico”.
Il mercato “cammina”, “corre” e lo fa velocemente. Sarebbe ora che iniziassero a farlo anche coloro i quali sono troppo abituati a non vivere (anche) di sfide.
E l’invito vale anche – anzi, vale a maggior ragione – per il Legislatore e per l’Esecutivo. Certe sfide si affrontano di slanio, “di peso” e con qualità .
La liberalizzazione non è una mera “liberazione dalle regole”. Non è produrre, a causa di ritardi e distrazioni (reiterate e continuate), “un vuoto normativo”.
Essa, in ultima analisi, è “libertà “, ma nell’ambito di regole certe, però…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Febbraio 14th, 2017 Riccardo Fucile
DISPERSO UN PATRIMONIO POLITICO TRA SCANDALI, DIVISIONI E SCELTE DI CAMPO DISCUTIBILI
Ben prima dell’avviso di garanzia a Gianfranco Fini (che peraltro non è una condanna), la vicenda politica che viene dal Movimento sociale, uno dei partiti “storici” della Prima Repubblica, aveva già subito una lunga sequenza di “infarti” che ne hanno reso residuale il peso politico sulla scena nazionale.
Un paradosso se si pensa che alcuni dei valori di quel partito sono tornati attualissimi nell’area della destra.
L’Msi, che era nato nel 1946 con l’idea di raccogliere in un partito tutto quel che idealmente si richiamava al regime mussoliniano e dopo aver vissuto per 45 anni ai margini del consesso politico (con forme di ghettizzazione), al crollo della Prima Repubblica sembrò potesse vivere una nuova stagione.
L’Msi si presentò a quel passaggio d’epoca con due “atout”: uno storico (una classe dirigente del tutto immune da episodi di malcostume) e uno politico: la decisione del suo leader, Gianfranco Fini, di cambiare nome, tagliando i ponti ideali con la stagione fascista.
Due requisiti apprezzati dagli elettori: due anni dopo la svolta di Fiuggi, Alleanza nazionale, nuovo nome del partito, ottiene alle elezioni Politiche del 1996 il 15,7%, diventando il terzo partito italiano, evento storico per gli eredi di un partito nato nel mito di Mussolini.
Un patrimonio via via disperso.
Alle ripetute prove di governo, esperienza sempre mancata a quella tradizione politica, i notabili di An hanno mostrato la corda.
I vari ministri, presenti nei governi Berlusconi, senza sfigurare, non hanno mai lasciato un segno e il colpo di grazia è arrivato quando gli eredi dell’Msi sono stati chiamati alla guida di una grande città .
Il governo di Roma di Gianni Alemanno è stato segnato da una “abbuffata” clientelare con pochi precedenti e nel 2013 il giudizio degli elettori è stato molto chiaro.
Certo, il colpo di grazia a quel che restava dell’Msi lo diede, non tanto il divorzio da Berlusconi, ma la successiva decisione del neonato partito di Fli di allearsi con due personaggi che nulla avevano a che fare con la tradizione della destra post-fascista: Pierferdinando Casini e Mario Monti.
Ne è derivata una diaspora, divisa da antichi dissapori: una parte dei quadri “missini” hanno formato Fratelli d’Italia, Maurizio Gasparri e Altero Matteoli sono dentro Forza Italia, mentre Gianni Alemanno e Francesco Storace si sono messi per conto proprio. Divisi e sostanzialmente irrilevanti.
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
ARIA DI ELEZIONI E NELL’AIA TORNANO I POLLI RICICLATI IN SOVRANISTI… GUAZZABUGLIO IDEOLOGICO PER FARSI AMMETTERE ALLA CORTE XENOFOBA
Fanno finta di crederci Alemanno, Menia e Storace nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio
quando annunciano la nascita di “un polo sovranista, pluralista ma unitario per dare una casa comune ai cinque milioni di voti persi negli ultimi anni».
Come fanno finta di non sapere che quei cinque milioni di elettori si sono persi (anche) grazie a loro.
Ai loro errori, supponenza, silenzi di convenienza, mancanza di lucidità politica nell’interpretare il mondo che cambia.
Non contenti della misera figura rimediata alle comunali di Roma, annunciano la fusione tra due entità astratte, La Destra di Storace ormai in disarmo e Azione Nazionale di Scopelliti e Alemanno, travolti da scandali giudiziari.
Parlano di una tappa “intermedia” per riunire tutte le forze di centrodestra, a partire dalla Lega e da Fratelli d’Italia.
Mission impossible non solo per le differenze di radicamento territoriale con la Lega, ma anche con il partito della Meloni con il quale non corre buon sangue.
Al massimo, nel presepe vivente della destra xenofoba italiana, possono rimediare la parte dei re Magi che portano i copertoni delle ruota di scorta.
A chi storce il naso di fronte all’ennesima piece teatrale, Storace risponde : “Facce nuove? Siamo più giovani di Napolitano”.
Insomma, non vi libererete di loro per i prossimi 30 anni, rassegnatevi.
La tappa fondativa è stata calendarizzata il 17-18-19 febbraio a Roma con il congresso di fusione astrale.
Il modello? Semplice: si va dall’America di Trump alla Russia di Putin.
Per essere sovranisti e attenti alle emergenze del nostro Paese, non c’è male: si potrebbero inserire anche le bandiere Usa e russa nel simbolo del partito per accentuare la “sovranità nazionale”.
Magari con una strizzata d’occhio ad Al Sisi ( uno che notoriamente rispetta i diritti umani e ha un trattamento di riguardo per i giovani italiani) e ad Hofer (che voleva annettersi l’Alto Adige), soggetti per i quali hanno parteggiato i sovranisti patacca italici.
Dimenticavamo, tra i neosovranisti associati c’è anche qualche reduce ciondolante di Futuro e Libertà che oggi parla di lievito dopo aver cambiato forno.
Ma il pane di qualità bisogna saperlo fare, meglio si dedichi insieme ai soci alla consegna dei copertoni in Padagna: di esercizi commerciali ne hanno già fatti fallire a sufficienza.
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Ottobre 23rd, 2016 Riccardo Fucile
LE PROPOSTE O MANCANO DEL TUTTO (SU TEMI COME LA LOTTA ALLA CORRUZIONE, IL DEGRADO URBANO, LA POLITICA ESTERA) O SI VA SOLO CON PAROLE D’ORDINE AGITATORIE SENZA COSTRUTTO
Se vuole essere competitiva elettoralmente il problema della Destra italiana è soprattutto uno: trovare
da dire qualcosa di diverso da ciò che dice la Sinistra di Matteo Renzi, (anche quello del leader è un problema, ma è ovviamente subordinato al primo).
Obiettare a queste considerazioni – come hanno fatto nei giorni scorsi alcune voci della Destra stessa – che in realtà Renzi è solo un trasformista che non ha per nulla cambiato il volto della Sinistra, significa volersi consolare con le parole.
Come spiegare infatti, allora, la guerra feroce che sia al vertice che alla base contro di lui conduce una parte considerevole della vecchia Sinistra?
Nè molto di più vale obiettare che Renzi è ben lungi dall’essere riuscito a realizzare il suo programma. Per la semplice ragione che tali parole, dette da destra, suonano a un dipresso come quelle del bue del proverbio che dava del cornuto all’asino.
Dov’è, infatti, tanto per fare un solo esempio, la famosa «rivoluzione liberale» che Berlusconi ci aveva promesso vent’anni fa? Dov’è mai finita?
Il fatto è che da almeno un paio di decenni in Italia l’attività di governo – di qualunque governo, con qualunque programma – è di volta in volta condizionata da una serie così ampia di «precedenti», di contrattazioni con gli alleati, di pressioni corporative e lobbistiche, di trattative con i sindacati, di pareri del Consiglio di stato, di tempi legislativi e di ricorsi legali.
E ancora: di trappole lessicali, di eccezioni costituzionali, di interpretazioni burocratiche, di necessità di regolamenti attuativi, da rendere l’attività suddetta una vera fatica di Sisifo e dai risultati quasi sempre inevitabilmente modesti.
Se poi si aggiungono i fortissimi vincoli esterni (debito pubblico e direttive europee varie), e si considera il fatto che certi obiettivi di fondo non possono che essere in ogni caso eguali per chiunque governi (gli investimenti, lo sviluppo, ecc, ecc.), ne deriva che specie nel campo una volta cruciale delle politiche economico-sociali le differenze possibili tra Destra e Sinistra sono ormai assai limitate.
Sarebbe meglio che così non fosse, naturalmente, ma è giocoforza ammettere che invece è così.
Sicchè è un altro – non solo in Italia: nel resto dell’Occidente è più o meno lo stesso – il terreno dove oggi possono realmente manifestarsi i diversi orientamenti tra Destra e Sinistra, le loro diverse identità se ancora esistono.
Innanzi tutto, come è ovvio, nel tono e nello stile di governo, nella qualità del personale politico-amministrativo, nei modi di parlare al Paese.
Ma poi, direi, specialmente nel campo della politica estera, dell’istruzione, della tutela dei beni artistici e paesistici, dell’immigrazione e dell’integrazione degli immigrati, in ciò che riguarda le questioni bioetiche, l’estensione dei diritti soggettivi, il degrado urbano, il contrasto al crimine organizzato, il divario Nord-Sud, la lotta alla corruzione e allo sfruttamento del lavoro clandestino, l’organizzazione della giustizia, la semplificazione giuridico-amministrativa della vita quotidiana.
Anche in questi settori ci sono vincoli esterni, ovviamente. Ma sono perlopiù di una minore forza, e quindi si prestano ad essere gestiti in modi diversi dalla Destra e dalla Sinistra.
Almeno così come accade in quasi tutti i Paesi paragonabili al nostro.
Dove invece le cose vanno diversamente, dal momento che proprio sui temi anzidetti da parte della Destra politica italiana si manifesta un tradizionale deficit di riflessione e perciò di proposte.
Di proposte vere sottolineo: le quali o in molti casi mancano del tutto (penso a temi come la lotta alla corruzione, il degrado urbano, la politica estera, la tutela dei beni artistici e naturali), ovvero sono sostituite da parole d’ordine dal valore esclusivamente agitatorio come quelle che si sentono ad esempio quando si parla d’immigrazione o di ordine pubblico (tipo: «Bisogna impedirgli di arrivare», «Bisogna rimandarli indietro», «Bisogna sbatterli in prigione e buttar via la chiave» e altre vacuità del genere).
Non solo, ma pure quando capita che su certi temi la Destra decida d’impegnarsi a fondo – è il caso, per esempio, dell’adozione da parte delle coppie omosessuali del figlio di uno dei partner – l’impressione è sempre quella di una sua scarsa capacità di dare alle proprie ragioni la necessaria profondità argomentativa, di essere davvero persuasiva.
Con il risultato di una costante, grande difficoltà a estendere l’area del proprio consenso a settori dell’opinione pubblica diversi da quelli già precedentemente convinti.
Non è un caso che nell’arena della discussione pubblica la Destra politica risulti ormai da anni quasi sempre subalterna (innanzi tutto lessicalmente: si pensi a Berlusconi che non trova di meglio che dire di temere, in caso di vittoria del Sì al referendum, «una deriva autoritaria»!).
Ma per la verità di tutto ciò la Destra politica è responsabile solo parzialmente.
Essa infatti sconta l’assenza nel nostro Paese di quella cultura conservatrice di ispirazione liberal-cristiana che nell’ambito di un regime democratico oggi è l’unica in grado di alimentare una visione delle cose, e quindi anche prospettive e scelte politiche, diverse e in qualche modo alternative rispetto a quelle fatte proprie dalla cultura progressista d’ispirazione scientifico-razionalista.
Cioè dalla cultura che ha dominato fin dall’inizio la vita intellettuale e il mainstream dell’opinione della Repubblica, avendo potuto fruire della massiccia vittoria che le consegnava nel ’45 la modernizzazione fascista.
È così accaduto che, priva in generale di un adeguato retroterra di riflessioni sulla situazione dell’epoca e sulle condizioni del Paese, la Destra politica italiana sia andata consumando le proprie vittorie – ottenute solo grazie a un elettorato in maggioranza ostile alla Sinistra – in un velleitario affastellamento programmatico e pratico.
Dove ha prevalso di volta in volta l’intonazione individual-liberista o il riflesso corporativo-protezionista, dove spunti di sapore clericale si sono alternati a simpatie libertario-libertine, dove la piatta fedeltà all’Occidente e all’Europa si è mischiata a ambizioni filorusse, filoarabe e a quant’altro potevano suggerire gli antichi sogni nazionalistici.
Senza contare, poi, che ognuno di questi orientamenti troppo spesso non è mai riuscito ad andare oltre la frase roboante, la recriminazione pretestuosa o il proposito esibito e non mantenuto.
A un dipresso le cose sono andate fino ad oggi così. Solo che oggi è arrivato un signore chiamato Matteo Renzi, e il profilo della Sinistra è radicalmente cambiato. Forse, se vuole avere ancora qualcosa da dire, sarebbe ora che lo facesse anche la Destra.
Ernesto Galli della Loggia
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 8th, 2016 Riccardo Fucile
LO STRISCIONE SU REGENI TOLTO IN COMUNE VIENE APPESO IN REGIONE… COSI’ I SOVRANISTI PATACCA SONO RIUSCITI A FARSI RICONOSCERE ANCHE QUESTA VOLTA… E IL 65% DEI TRIESTINI VUOLE CHE LO STRISCIONE RIMANGA
La presidente del Friuli-Venezia Giulia, la dem Debora Serracchiani, ha affisso questa mattina a un balcone del Palazzo del Lloyd, sede della Regione che si affaccia su piazza Unità a Trieste, lo striscione giallo di Amnesty International con la scritta “Verità per Giulio Regeni”.
Un analogo striscione era stato invece rimosso ieri dal municipio su disposizione del sindaco forzista Roberto Dipiazza.
Oggi la ‘risposta’ concreta della Serracchiani a Dipiazza: pochi minuti prima delle 12, la presidente – che è anche vicesegretaria del Pd – insieme con altre due persone, ha materialmente sistemato e assicurato al balcone lo striscione.
Poi ha annunciato l’esposizione con un post su Twitter.
Si è concluso con un assist perfetto al Pd la penosa esibizione dei cazzari del centrodestra triestino che sono stati pure sepolti dal 65% di voti on line dei triestini in dissenso dal loro sindaco, sondaggio lanciato dal maggiore quotidiano locale.
I responsabili, è bene ricordarlo, sono quattro consiglieri (Lega, Fdi e Forza Italia) che avevano chiesto al sindaco la rimozione dello striscione e il sindaco ha preso la palla al balzo per “togliere la carie” rappresentata dallo striscione di Amnesty International.
Il sedicente centrodestra triestino che dovrebbe rappresentare la “sovranità nazionale” e la legalità è riuscito così a dimostrare:
1) che se ne fotte se un regime militare, autore di crimini e torture condannate da organismi internazionali, sevizia e ammazza un italiano.
2) che la denuncia di questo crimine è “una carie”
3) che la solidarietà verso la famiglia e la richiesta di giustizia è “a tempo” finchè “assuefazione” non la separi: quindi ora possiamo dimenticare il crimine, gli esecutori e i mandanti.
4) che la destra patacca non è capace di ergersi a livello istituzionale come punto di riferimento etico ma lascia campo e terreno a una sinistra che non avrebbe nulla da insegnare a una destra civile e seria.
Quando invece sulla tutela della sovranità nazionale (quella vera, non quella degli ex secessionisti convertiti sulla via del potere) ci dovrebbe essere una convergenza nazionale fuori dagli steccati partitici.
Se poi qualcuno dei firmatari è un estimatore del regime di Al Sisi può sempre chiedere la cittadinanza egiziana e togliersi dai coglioni, che già di questa categoria in Italia ne abbiamo fin troppi.
Ultima riflessione: qualche imbecille ha commentato che “se Regeni fosse stato a casa sua sarebbe ancora vivo” senza neanche riuscire a capire che Giulio è stato mandato in Egitto dal suo tutor e “datore di lavoro” ovvero dalla università di Cambridge non per diletto, e con il compito specifico che stava assolvendo.
Comunque se “ognuno deve stare a casa sua”, confidiamo che tale invito sia seguito anche dalla Pubblica Assistenza quando gli imbecilli di cui sopra chiederanno l’invio urgente di una ambulanza perchè sono in pericolo di vita.
Forse i loro eredi capiranno che la vita è fatta anche di solidarietà .
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Ottobre 1st, 2016 Riccardo Fucile
ASSENZA DI UNA QUALUNQUE CULTURA CONSERVATRICE E DI UN PUNTO DI VISTA ALTERNATIVO
Cambiando l’identità della Sinistra italiana Matteo Renzi ha obbligato anche la Destra a cambiare la propria. Ma la Destra non se n’è accorta, e proprio perciò continua ad annaspare.
Renzi ha mostrato l’inutilità della Destra riguardo quello che da sempre ne è stato il principale cavallo di battaglia: l’economia.
Lo ha fatto accantonando pressochè totalmente le tradizionali politiche che la Sinistra seguiva in questo campo.
Oggi in Italia nessuno può dubitare, infatti, che se per qualche miracolo o per qualche improvvisa resipiscenza dell’Unione Europea si presentasse una ragionevole possibilità di tagliare la spesa pubblica, di diminuire il carico fiscale, di ridurre l’ammontare del debito, d’incrementare in qualunque modo gli investimenti pubblici e privati, di privatizzare qualcosa, di ridurre il potere sindacale laddove ancora esiste, nessuno può dubitare, ripeto, che se qualcuna di queste cose fosse mai possibile, Renzi non ci penserebbe lui per primo a farla immediatamente.
Dal punto di vista dell’economia, insomma, il nostro presidente del Consiglio ha ben poco che possa dirsi tipicamente di sinistra (ammesso e non concesso, tra l’altro, che vi sia qualcuno che in Occidente oggi ce l’abbia).
Ma se le cose stanno così a che serve, allora, la Destra in Italia? Questa Destra ben poco, mi pare.
Fino ad oggi, infatti, la Destra ha affidato le sue fortune sostanzialmente a due temi che la contrapponevano alla Sinistra: da un lato l’anticomunismo (peraltro da qualche lustro sempre più implausibile), e dall’altro l’economia, dove la Destra è andata avanti propugnando tradizionalmente ricette grosso modo di tipo liberista-rigoristico (a parole, perchè quanto a metterle in pratica i risultati sono sempre mancati: Berlusconi docet).
Grazie a Renzi, però, nessuno di questi due temi ha sostanzialmente ormai più corso. Nella Destra, è vero, sono presenti anche tassi significativi di rabbia xenofoba e di clericalismo antiliberale: ma a parte ogni altra considerazione, è difficile pensare che si possa essere davvero competitivi elettoralmente con piattaforme politiche di questo tipo.
La Destra italiana si ritrova dunque virtualmente senza identità , e anche il tentativo fatto dalla convention di Stefano Parisi di ridargliene una, battendo però sempre la strada dell’economia, dell’efficienza, della «riforma» fiscale e delle mille altre riforme mille volte promesse e quindi destinate ormai a cadere nel disinteresse generale, non mi sembra destinato ad andare lontano.
In realtà , se oggi la Destra italiana si ritrova priva di una sua specifica immagine, priva di riconoscibilità , è anche perchè essa sconta un vuoto storico della propria identità : vale a dire l’assenza di una vera, effettiva, cultura conservatrice.
Cultura conservatrice vuol dire identificazione ragionata con il lascito del passato, con gli edifici, il paesaggio e i costumi di un luogo, l’attaccamento ai valori ricevuti, la diffidenza verso tutto ciò che distrugge la tradizione; e poi senso delle istituzioni, considerazione non formale per i ruoli, i saperi, le competenze, rispetto delle regole. Una tale cultura – oggi in Europa riferibile politicamente a partiti di orientamento cristiano-liberali – da noi è stata assai debole da sempre, e fu messa nell’angolo dalla compromissione/inquinamento con il fascismo.
Nè potè certo assistere alla sua ripresa la Repubblica della modernizzazione e dell’urbanesimo travolgenti, della fine della miseria e della scomparsa del mondo contadino, della massificazione individualistico-democratica e della rivoluzione giovanile e sessuale.
Per lungo tempo nell’Italia di quella Repubblica nessuno pensò che ci fosse qualcosa da conservare.
Per mezzo secolo, così, a parte il neofascismo, di fatto la Destra ha voluto dire chiusura ermetica a sinistra, appiattimento sulla Confindustria, e poco più.
Infine, sopraggiunta la seconda Repubblica, essa ha mandato il suono vuoto delle promesse e delle favole di Berlusconi.
L’assenza di una qualunque cultura conservatrice, di un punto di vista sulla realtà alternativo a quello progressista, ha avuto come conseguenza una disparità decisiva all’interno degli schieramenti politici.
Ha significato infatti che in Italia, laddove la Sinistra era (ed ancora è) una cultura complessa e ramificata, capace di penetrare di sè ogni ambito, insomma rappresenta un vero retroterra sociale in cui è stabilmente insediata, la Destra, invece, è stata condannata ad essere quasi soltanto una posizione politica polemica, animata essenzialmente da uno spirito di contrasto e abituata ad agire di rimessa.
E quindi anche in una condizione potenzialmente aleatoria dal punto di vista dell’orientamento elettorale, come ha capito benissimo Renzi che infatti conta sul suo aiuto per il prossimo referendum.
Finora la Destra italiana si è accomodata senza troppi problemi a questo stato di cose. Ma è sorprendente che continui a farlo proprio quando per segni indubitabili un’epoca si sta chiudendo e tutto diviene oggetto di un ripensamento, tutte le fedi e tutte le certezze passate.
Quando nell’intero Occidente scricchiolano tutti gli assetti, quando il futuro annuncia scenari sorprendentemente inediti e inquietanti nei quali non sembra per nulla azzardato pensare che torneranno a rinvigorire categorie e valori cari alla cultura conservatrice.
Quando insomma tutto lascia credere che si avvicini un appuntamento al quale paradossalmente, però, sembra più facile che in Italia arrivi puntuale la Sinistra, con la sua capacità di sentire l’aria dei tempi e di cambiare, piuttosto che una Destra incerta di sè, senza idee nè visione.
Ernesto Galli della Loggia
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 3rd, 2016 Riccardo Fucile
E ALLA FINE TI RENDI CONTO CHE DELLA POLITICA E’ BELLO PARLARNE PERCHE’ FARLA PUO’ FARE SCHIFO
Non ho mai fatto “i salti mortali” per leggere le cose scritte – e che scrive – Veneziani. Quando ero ragazzino mi piaceva leggerlo.
Crescendo, però, mi sono reso sempre più conto di quanto sia (il più delle volte) confuso e confusionario. Anche nell’ultima intervista a “Libero”, “dice e non dice”. Allude a mezze verità . Fa le piroette.
Quello che mi arriva, come sintesi finale, è che (forse) sia in cerca di una collocazione e che sarebbe disposto anche a dare una mano alla Meloni pur di raggiungere lo scopo.
Sensazioni, comunque: potrei serenamente sbagliare.
In ogni caso, manco mi interessa veramente: sincero!
Non è bello l’ambiente della destra. Forse non lo è nemmeno quello dei liberali, “moderati” (o meno) che essi siano.
Per chi non ha mai fatto politica attiva e voglia “avvicinarvisi”, riuscire a varcare la soglia della disillusione è davvero cosa molto triste.
Partiamo dalla “destra”…
In questa intervista c’è un passaggio che mi ha colpito (l’unico a dire il vero: il resto sono soltanto chiacchiere): “E la destra? Ha una idea militare: figure di riferimento sono il prete e il soldato.”
Su questo, a Veneziani, non riesco proprio a dare torto.
La “nomenclatura” ragiona così. E’ una questione di “generale” e colonnelli. La logica è sempre quella. Sono disponibili ad “accettarti” a condizione che assecondi il vanaglorioso di turno, che accetti la reggimentazione pseudo-funzionale; che tu “sia funzionale” al leaderino di turno… Inevitabile mandarli a quel paese…
A Napoli, poi, la destra è addirittura improponibile. Gente molto chiacchierata. Ducetti fuori della storia. Molto spesso arroganti, ignoranti e molto, molto presuntuosi.
Le cose non migliorano nemmeno in rete: i ducetti vanno a frotte. Li riconosci subito. Hanno il loro gruppetto. Sono apparentemente disponibili purchè tu non li contraddica nel merito “delle loro sedicenti – e sovraordinate – analisi politiche” o delle loro non meglio precisate “visioni”, ovviamente.
Il tutto condito dalla assoluta mancanza di spessore cuturale: il più delle volte, ti rendi conto che non leggono nemmeno le cose dell’attualità ; indecenza allo stato puro, insomma…
Il mondo dei “moderati” e dei liberali sa essere finanche peggiore…
Il tuo valore d’ingresso — nell’apparto di riferimento – è dato dal titolo di studio, dai libri che hai letto (o che dici e/o dimostri di leggere o di aver letto) e dall’essere inserito in un indotto funzionale…
Se “vieni” dalla Bocconi, chiaramente, è meglio… Poco importa se sei laureato a Napoli con lode e plauso della commissione. Poco importa se, per un soffio, non sei diventato un magistrato. Poco importa se “fai impresa” e lavori, anche culturalmente, ad altre cose (a proposito, ma – poi – “alla fine della fiera”, chi è davvero così evolutamente colto?)…
L’accreditamento è pseudo-scientifico, insomma. In certi casi addirittura da slinguazzamento acuto…
La questione è sociologica, insomma, ed involge (tristemente) le dinamiche dei gruppi… Ma questo, soltanto ragionando in termini di “nomenclatura”, sia in essere che di prospettiva, perchè se il riferimento è al consenso della gente, le cose cambiano radicalmente.
Ma quella è un’altra storia, ovviamente…
Alla fin, fine, ti rendi conto che della politica è bello parlarne: farla può fare addirittura schifo!
Navigando in rete, qualche giorno fa ho visto il video di un vecchio discorso alla nazione. Il leader di quel video (ad un certo punto) disse al popolo che “la crisi mondiale – che non è più soltanto economica ma è, oramai, soprattutto spirituale e morale – non ci deve fermare in uno stato di abulia o di inerzia. Tanto maggiori sono gli ostacoli e tanto più precisa e dritta deve essere la nostra volontà di superali…” Sembra una frase “semplice”, ma non lo è! Esprime una forza. Ha il senso della visione ed un preciso senso nella dinamica del messaggio e della comunicazione.
E’ una prospettiva che diventa potenzile azione: un ponte che, nel gestire il presente, pensa al futuro…
Non vi dirò chi l’ha pronunciata quella frase. Non serve. I sistemi di gestione del consenso non mi hanno mai davvero interessato. Anzi, credo che non interessino nemmeno alla maggioranza delle persone. In questo stranissimo e confuso intruglio “proletario” che ci ostiniamo a chiamamre società , il popolo ha bisogno di credere in un sogno…
Forse, un giorno, dal pattume operativo nel quale viviamo, un “folle” uomo (o una folle donna) salirà su una sedia e dirà alla gente cose che la faranno nuovamente sognare…
Per fare la storia non servono vecchie nostalgie o i postulati retrivi della storia. Occorrono idee ardite (stavo per “dire incendiarie”: sono proprio un “folle”) ed uomini veri disposti a battersi oltre la nomenclatura, oltre gli steccati dei “parametri d’ingresso” nei comparti stagni, ed oltre l’inedia della trazione social e dell’abbaglio del sedicente potere “della rete”…
Mi scuserete. Forse ho scritto cose “banali”. Nulla che possa essere così intelligente da essere apprezzato nel mondo liberale, o così accomodante per esserlo dalla pantomima della destra dei nostri giorni…
Pensieri liberi…
Tutto sommato, almeno per me, sono la cosa migliore…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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