Gennaio 6th, 2021 Riccardo Fucile
BORIS JOHNSON: “SCENE VERGOGNOSE”… GERMANIA: “TRUMP CALPESTA LA DEMOCRAZIA”… FRANCIA: “IL VOTO DEL POPOLO VA RISPETTATO”
Incredulità e preoccupazione da Parigi a Berlino: è unanime la condanna internazionale agli scontri di
Washington.
Boris Johnson: “Scene vergognose”
“Scene vergognose all’interno del Congresso degli Usa”. Lo scrive Boris Johnson condannando l’irruzione dei sostenitori di Donald Trump. “Gli Stati Uniti sono un simbolo di democrazia nel mondo ed è vitale ora che ci sia un passaggio di poteri ordinato e pacifico”
La reazione tedesca
Stessa reazione dalla Germania: “Trump e i suoi sostenitori dovrebbero finalmente accettare la scelta degli elettori americani e smetterla di calpestare la democrazia” scrive su Twitter il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas
La condanna francese
Immediata presa di posizione della Francia attraverso il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian: “La violenza contro le istituzioni americane è un grave attacco alla democrazia. a volontà e il voto del popolo americano devono essere rispettati”.
Olanda: “Trump, riconosci Biden presidente”
“Immagini orribili da Washington Dc. Caro Donald Trump riconosci oggi Joe Biden come prossimo presidente”. Lo ha scritto in un tweet il premier olandese, Mark Rutte.
Il tweet del premier italiano Giuseppe Conte arriva poco dopo le 22,30 “Seguo con grande preoccupazione quanto sta accadendo a Washington. La violenza è incompatibile con l’esercizio dei diritti politici e delle libertà democratiche. Confido nella solidità e nella forza delle istituzioni degli Stati Uniti”.
Il leader di Cambiamo e Presidente della Liguria, Giovanni Toti fa autocritica: “Desolante spettacolo in America. In democrazia i risultati si accettano, anche se non si condividono. Avrei votato per Trump. Oggi mi tocca dire: sbagliando”.
Nel centrosinistra Nicola Zingaretti osserva che quelle di Washington sono “immagini drammatiche, che mai avremmo pensato di vedere. Tutti a difesa e vicini alla forza della democrazia americana, per difenderla da questi fatti gravi. Il riconoscimento del voto popolare e degli avversari politici va sempre rispettato. E’ la dimostrazione di dove portano gli estremismi: queste scene – aggiunge il segretario dem – sono figlie di chi ha voluto soffiare sul fuoco per mesi. Vicinanza alla democrazia americana”.
(da agenzie)
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Dicembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
LE IDEE DELLA VICEPRESIDENTE DELLA LUISS PAOLA SEVERINO PER EVITARE BUROCRAZIE ED ABUSI
Le risorse del Recovery Fund non vanno considerate come “un prestito da restituire ma come
uno strumento per rinnovare le strutture del Paese, a partire dalla pubblica amministrazione ma non solo”.
A dirlo, in una intervista all’HuffPost, è la vicepresidente della Luiss Paola Severino che, partendo da un approccio “positivo” verso le possibilità offerte dai fondi europei, traccia un quadro degli interventi necessari per un utilizzo corretto e meritocratico delle risorse a disposizione per evitare abusi e sprechi.
Il tema, del resto, ha accentrato su di sè tutta l’attenzione del dibattito politico in Italia e in Europa: dopo l’invito all’Italia del Commissario Ue Paolo Gentiloni di approntare procedure rapide per la realizzazione dei progetti per non perdere l’accesso alle risorse del Next Generation EU, anche il premier Giuseppe Conte è tornato sulla gestione delle risorse e sull’attuazione dei progetti del Recovery Plan, questione che ha generato una profonda spaccatura all’interno del Governo. “Bisogna correre, serve una struttura di governance per l’impiego delle risorse”, ha detto il presidente del Consiglio nella conferenza stampa di fine anno.
Correre però non basta, servono idee su come utilizzare al meglio i fondi rispettando le linee guida dell’Europa e traendo al tempo stesso il massimo beneficio per il Paese, modernizzandolo e colmandone le lacune. Secondo l’ex ministra della Giustizia, le risorse sono un’occasione da cogliere subito per intervenire su più livelli: “Il primo pensiero va ai giovani – dice Severino – ai modelli educativi del futuro che possono consentirci di rinnovare le strutture del nostro Paese”. Un rinnovamento che passa da nuovo metodi di selezione nella pubblica amministrazione e da nuovi modelli educativi per lo sviluppo di competenze specifiche nel digitale. E poi una giustizia più veloce, presidi territoriali del Sistema sanitario da rimettere in sesto, una burocrazia non impeditiva attraverso un approccio sistemico – e non emergenziale – nella gestione degli appalti pubblici.
Professoressa Severino, in Italia il dibattito politico è tutto concentrato sulla struttura di governance del Recovery Plan. Ci sono timori crescenti che le risorse in arrivo dall’Ue vengano usate male o, peggio, finiscano nelle mani sbagliate. Lei che idea si è fatta?
Credo che noi riusciremo a utilizzare pienamente le risorse del Recovery Fund se non lo considereremo più un prestito da restituire ma come un vero e proprio mezzo per innovare le strutture del nostro Paese. Bisogna prendere la parte positiva dei progetti di Recovery Fund e utilizzarla per rendere l’Italia uno Stato più moderno e digitale. E questo si può fare in diversi campi, a partire da quello dell’apprendimento.
Ad esempio?
Noi abbiamo una concezione tradizionale dei corsi di laurea, ma forse si può iniziare a pensare a nuovi modelli, ad esempio a corsi brevi che creino nuove capacità professionali. Per essere utili al Paese non è necessario essere laureati, può esserlo anche acquisire competenze nuove e specifiche. Come nel digitale, perchè è il digitale che darà davvero un incentivo al rinnovamento del Paese. Alla Luiss stiamo sviluppando un nuovo modello di apprendimento che si chiama Scuola42, sulla scia del progetto francese Ecole42, basato sulla formula del peer-to-peer: abbiamo selezionato 150 studenti e i risultati sono straordinari. E non serve una laurea per accedere.
È un modello che si può estendere anche alla Pubblica amministrazione?
Una parte del Next Generation EU dovrebbe puntare al rinnovamento della Pa. L’età media è molto elevata e l’occasione va perciò colta assolutamente per un ricambio generazionale. Non basta però assumere giovani ma bisogna assumerli con procedure di selezione e con modello di apprendimento diversi. Se i fondi Ue fossero utilizzati per sviluppare nuove metodologie di apprendimento e di concorsi per la selezione nella Pa, credo che avremmo fatto qualcosa di fortemente incentivante per il rinnovamento del paese.
Gli interventi sulla Pubblica amministrazione appaiono non più rinviabili.
Il Recovery Fund ci offre la possibilità di creare nuovi modelli anche nel rapporto tra pubblico e privato: abbiamo bisogno di una Pa che capisca le esigenze delle imprese e di imprese che comprendano le esigenze della Pa e le modalità con cui relazionarsi. Concorsi più snelli permetterebbero di formare una nuova generazione capace di dialogare col pubblico e col privato.
C’è però il tema della prevenzione dei rischi nell’uso scorretto dei fondi europei.
Sì. Da una parte dobbiamo impedire che una burocrazia macchinosa rallenti l’arrivo delle risorse ai progetti che si vuole finanziare. Dall’altra bisogna evitare che, nell’accelerare le procedure di selezione, i fondi finiscano poi nelle mani sbagliate. Dobbiamo fare in modo che le risorse vadano ai progetti e ai soggetti realmente meritevoli sia sotto il profilo della legalità sia del successo nella realizzazione. È questa la vera grande sfida che si pone oggi.
Serve però un attento monitoraggio.
Noi avremo un doppio monitoraggio, quello nazionale e quello europeo. Uno dei mezzi non invasivi che consente la verifica puntuale è l’apertura di conti dedicati alle risorse che le imprese incaricate dei progetti riceveranno. Come avviene nel campo dell’edilizia: in Italia se dobbiamo fare lavori sfruttando fondi pubblici come le detrazioni fiscali bisogna fare affidamento a modalità tracciabili, in modo che non si produca del nero o che denaro finisca in altri impieghi diversi da quelli previsti.
In questo modo, lei dice, si riuscirà a controllare sia dove finisce il denaro sia come viene realmente impiegato.
Sì. Un altro mezzo a disposizione potrebbe essere quello degli stati di avanzamento, ricorrendo a infrastrutture digitali in grado di verificare l’avanzamento dei lavori secondo gli schemi e le tappe prestabilite per il raggiungimento dei risultati. Tutti questi strumenti servono a rendere trasparente l’uso del denaro.
Un discorso analogo a quello fatto sulla Pubblica amministrazione andrebbe fatto anche sulla giustizia.
Sappiamo bene quanto una giustizia rapida ed efficiente abbia un impatto positivo sull’economia di un Paese e sulla sua capacità di attrarre investimenti. Durante la pandemia abbiamo visto come sia possibile ricorrere al processo telematico, una modalità che ovviamente non è applicabile a tutti i tipi di processo ma che dove applicato – penso al civile e all’amministrativo – ha dato buoni risultati. Una volta superata la pandemia il processo telematico può sicuramente contribuire ad accorciare i tempi lunghi della giustizia.
Infine, ma non ultima, la questione della sanità , di cui la pandemia ha mostrato tutte le inefficienze.
Abbiamo visto negli scorsi come il sistema sanitario italiano abbia intrapreso la strada della chiusura degli ospedali più piccoli a favore dei presidi territoriali. Oggi però questi presidi territoriali si sono rivelati chiaramente insufficienti e ci siamo tutti resi conto delle lacune che dobbiamo colmare al più presto. Perciò, ripeto, le risorse europee non vanno viste come un prestito ma come uno strumento di rinnovamento di tutto il nostro sistema, a cominciare da quello sanitario. Questo è un aspetto centrale.
Molti osservatori hanno espresso più di qualche critica nei confronti del Codice degli appalti. Il professore Sabino Cassese, in una intervista a Repubblica, ha parlato di “azione impeditiva”. Lei come la pensa?
Credo che oggi servano mezzi nuovi. È chiaro che il sistema degli appalti è complesso e articolato e può prestarsi ad abusi, ma non per questo bisogna affidarsi a normative impeditive. I sistemi di controllo che si possono creare attorno agli appalti, come stati di avanzamento e conti dedicati, possono contribuire a erogare il denaro evitando che la rapidità vada a discapito di un corretto uso di quei fondi.
C’è anche chi invoca il modello Genova, che prevede diverse deroghe al Codice degli appalti. È un modello applicabile anche ai progetti del Recovery Fund?
Il modello Genova ha dato risultati esemplari ma è un unicum. Il timore è che la moltiplicazione di quell’approccio e quindi delle deroghe alle norme possa generare difficoltà nelle attività di controllo e monitoraggio.
Quello di Genova è un approccio emergenziale, non di sistema.
Appunto. È invece qui che bisogna intervenire, sui grandi numeri e su vasta scala, attraverso modelli non invasivi nè preclusivi. L’obiettivo è fare presto e fare bene.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 29th, 2020 Riccardo Fucile
“LA SFIDA SARA’ L’ESECUZIONE DEL PIANO, IL PARLAMENTO DEVE CREARE CORSIE PREFERENZIALI”
“La distribuzione dei vaccini anti-Covid 19 e il Recovery Fund sono una grande occasione per rilanciare l’Europa ma per garantire il successo del Recovery Plan l’Italia deve introdurre procedure straordinarie con leggi capaci di accelerare gli investimenti”.
È il messaggio lanciato dal commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni in una lunga intervista a Repubblica. ”È una svolta storica – dice ancora – ma deve funzionare rendendo le nostre economie più verdi, inclusive e competitive”.
“Non mi preoccupano le scadenze di queste settimane, non c’è un particolare ritardo italiano – prosegue – piuttosto penso alla seconda metà del 2021 e nel 2022, va evitato il rischio di mancare un appuntamento storico”.
Per Gentiloni “ci sono alcune spese che la Commissione Ue in generale non considera accettabili: quelle che danneggiano l’ambiente o che tendono a favorire consensi effimeri”. Ciò che “mi preoccupa di più è l’attuazione del piano. Questi fondi vanno impegnati entro il 2023 e spesi entro il 2026. Servono quindi procedure straordinarie e corsie preferenziali. Una volta definiti gli obiettivi, la vera sfida è l’esecuzione, come ha ricordato Draghi. Solo il Parlamento – spiega – può creare queste corsie preferenziali e procedure straordinarie. Servono leggi.
Bruxelles ha chiesto chiarezza negli interlocutori sul piano: ogni governo si dia le strutture ad hoc che preferisce. Ciò che importa è che siano efficaci”.
Il no al Mes è una contraddizione? “Ho lavorato per togliere le condizionalità , utilizzarlo poi spetta ai governi. L’Italia peraltro intende utilizzare tutti i prestiti del Rrf ovvero 130 miliardi. Dal punto di vista macroeconomico i miliardi del Mes e quelli del Rrf sono uguali. Posso capire i motivi politici per cui non si accede al Mes, ma anche i prestiti della Rrf fanno aumentare il debito”.
Il vaccino anti-Covid che viene dalla ricerca in Usa ed Europa per Gentiloni è “una lezione sull’importanza della scienza, della ricerca e della trasparenza, che sono tutti valori europei ed occidentali. Valori usciti vincitori da questa terribile crisi perchè ad aver perso sono i sovranisti e gli antiliberali”.
(da agenzie)
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Dicembre 26th, 2020 Riccardo Fucile
E’ TIPICO DEI SOVRANISTI TRADIRE GLI IMPEGNI PRESI
Con l’inizio delle vaccinazioni il 27 dicembre che dovrebbe rappresentare un momento di massima unità per l’Unione europea, arriva l’ennesimo sfregio dell’Ungheria.
Budapest ha infatti anticipato il resto dei partner europei ignorando i piani della Commissione per un Vax Day europeo del 27 dicembre e ha iniziato già il giorno di Santo Stefano a vaccinare i primi cittadini.
Lo riferisce il sito ungherese sui piani vaccinali, ripreso da Politico.eu.
“Il primo lotto di vaccini contro il coronavirus è arrivato in Ungheria questa mattina alle 6 del mattino – ha annunciato via Twitter il portavoce del premier Orban, Zoltan Kovacs -. Le 9.750 dosi del vaccino Pfizer-BioNTech, il primo approvato in Europa basterà per vaccinare 4.875 operatori sanitari in prima linea nella lotta”.
Il governo aveva in precedenza detto di voler iniziare il programma il 27 assieme agli altri partner. Ma non è stato di parola.
Intanto la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen si è rivolta con un videomessaggio ai cittadini europei per sottolineare l’importanza del momento: “Oggi cominciamo a voltare pagina rispetto a un anno difficile – ha detto -. Il vaccino Covid19 è stato consegnato a tutti i paesi Ue. Le vaccinazioni inizieranno domani nell’Unione Europea. Le giornate di vaccinazione sono un toccante momento di unità . Il vaccino è la via di uscita dalla pandemia”.
La presidente ha proseguito: “Il vaccino viene reso disponibile nello stesso momento in tutti i paesi Ue. E la gente comincerà a farsi vaccinare tra gli altri ad Atene, Roma, Helsinki, Sofia. Le vaccinazioni ci aiuteranno a riavere le nostre vite normali, gradualmente”. Von der Leyen ha poi esortato le persone a continuare a osservare tutte le precauzioni per evitare alla pandemia di diffondersi ulteriormente.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 26th, 2020 Riccardo Fucile
AL REFERENDUM VOTARONO PER RIMANERE NELLA UE
Hanno voluto la Brexit? E adesso una delle conseguenze potrebbe essere la Scottish
Independence.
La Scozia, che aveva votato in massa per il “Remain”, per restare in Europa, adesso potrebbe volere un nuovo referendum. E, stavolta, gli indipendentisti potrebbero farcela.
Euronews ha ascoltato il punto di vista di Henry Gray, un sostenitore dell’indipendenza della Scozia.
“C’è stata una crescita massiccia nel sentimento per l’indipendenza scozzese, certamente anche per me. Ce l’avevo anche prima questo sentimento, ma il referendum sulla Brexit mi ha sempre più convinto di una Scozia che deve essere indipendente. Penso che potremmo essere guidati meglio dalla Scozia. Sarebbe bello sentirci ancora parte dell’Unione europea e forse saremmo invitati a tornare, si spera, a far parte dell’Ue. Io sono favorevole, certamente”.
(da Globalist)
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Dicembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
“CIO’ CHE PERDIAMO SENZA L’UE NON POTRA’ ESSERE COLMATO”… “IL PREMIER DICE SEMPRE CHE NOI BRITANNICI SIAMO I MIGLIORI AL MONDO, INVECE A VOLTE SIAMO I PEGGIORI”… “IL PROBLEMA DI BORIS? NON CREDE IN NIENTE”
“Macron è stato un genio sinistro”, racconta Howard Jacobson, “quando ha bloccato i porti
e la frontiera tra Dover e Calais ufficialmente a causa della nuova variante del Covid, ha fatto capire a noi britannici che cosa sarebbe successo in caso di un’uscita senza accordo dall’Ue”, il cosiddetto e temuto “No Deal”.
“Ciò”, prosegue, “ha rotto la resistenza di Johnson e del suo governo ed è stato decisivo per arrivare a un’intesa con l’Ue”.
Il 78enne romanziere inglese, premio Booker con “L’enigma di Finkler”, è certo del ruolo, inconsapevole o meno, del presidente francese nell’accordo della Brexit raggiunto alla Vigilia di Natale di un complicatissimo anno come il 2020.
“Poi certo”, aggiunge Jacobson al telefono dalla sua casa di Soho, nel centro di Londra dove si è rinchiuso da molti mesi per proteggersi dal Covid e completare la sua prossima opera in uscita, “è difficile essere sollevato da mille pagine in cui si parla di accordi sui pesci e sulla libera concorrenza”.
Perchè, Jacobson?
“Uscire dall’Ue sarebbe stato molto peggio. Ma questo è un sollievo amaro, molto amaro. Ricordiamocelo: avremo meno di quanto avevamo un tempo in Ue, e se abbandoniamo un attimo l’euforia del presente, niente potrà cancellare la follia totale dell’uscita dall’Unione Europea. Anche se Johnson e i suoi presenteranno questo accordo come un grande successo. Ma la maggioranza dei britannici sa che non è così, anche se oramai ciò non conta più nulla per cambiare le cose”.
Quindi lei non crede che questo accordo e successo politico di Johnson possa far dimenticare il suo primo anno da primo ministro a Downing Street, segnato da errori e critiche?
“Johnson avrà un rimbalzo di popolarità dopo questa intesa con l’Ue, sicuramente. Ma molte persone oramai non lo sopportano più per l’inadeguatezza cronica che ha mostrato in questi mesi, soprattutto riguardo la crisi del Coronavirus: è stato terribile, e mia moglie Jenny che ha collaborato al tracciamento degli esposti agli infetti di Covid sa bene quanto questo sistema (e non solo) sia stato disastroso. Ciò ha fatto ricordare a molti quelle promesse astruse del premier durante la campagna del referendum Brexit del 2016. Tutto questo si incastra nell’ottimismo forzato e farlocco che contraddistingue Johnson”
A cosa si riferisce in particolare?
“A quando Johnson dice che noi britannici siamo i migliori al mondo, che abbiamo le cose migliori al mondo, eccetera. Ma non è affatto vero. Basterebbe essere efficienti quando si fanno le cose. Invece questo governo di recente ha più volte dimostrato che in alcuni casi siamo i peggiori al mondo e in quel caso dovremmo vergognarci. Certo, siamo stati i primi in Occidente a somministrare il vaccino anti Covid e questa è una bellissima notizia. Ma allo stesso tempo, nel governo a Londra qualcuno millantava che questo vaccino è inglese, mentre invece è americano, tedesco e realizzato da immigrati turchi. Tutte cose scomparse dalla nostra narrazione”.
È l’irriducibile eccezionalismo britannico?
“Sì. E anche la nozione di sovranismo, o di sovranità , di cui si è riempito la bocca Johnson nella sua propaganda Brexit per tutti questi anni. Ursula Von Der Leyen, la presidente della Commissione Ue, glielo lo ha ripetuto chiaro e tondo: se il mantra è la sovranità , è difficile negoziare con qualcuno. È lo stesso meccanismo che ti fa dire che il Regno Unito è un posto meraviglioso senza se e senza ma, senza un minimo di autocritica, come incarna l’indole di Johnson, per cui tutto deve essere una vittoria come in una guerra. Mentre lui, a parte l’accordo di ieri, continua a perdere. Il problema principale di Boris è di personalità : non crede in niente. E se no credi in niente non sai come agire”.
Crede che il destino politico di Johnson sia segnato?
“Lo sarebbe stato di certo, se fosse tornato senza un accordo da Bruxelles. Ora, dopo l’intesa con l’Ue, può prendere tempo e respirare per un annetto, che però secondo me sarà molto lungo per tutti, perchè sono convinto che Johnson continuerà a commettere errori. A lungo andare secondo me non ha molta speranza e non credo potrà ottenere un nuovo mandato. Anche nella conferenza stampa di ieri per annunciare l’accordo Brexit alla nazione, non è apparso affatto trionfalista come credevo e il suo spirito era segnato da qualcosa. Forse dalla convinzione interiore che, nonostante tutto, non andrà lontano”.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 24th, 2020 Riccardo Fucile
LONDRA LASCIA L’ERASMUS E CEDE SU PESCA E CITY
“Di solito, quando raggiungo un accordo provo gioia. Oggi provo soddisfazione e sollievo”. Ursula von der Leyen la annuncia così la sospirata intesa con Londra sulla Brexit.
Sminata la scadenza del 31 dicembre, schivato il ‘no deal’ e i suoi dazi doganali. A valle degli ultimi giorni e notti intensissimi di negoziati a Bruxelles tra i team guidati rispettivamente da Michel Barnier per l’Ue e David Frost per il Regno Unito, Londra sarà ‘finalmente’ fuori dall’Unione a partire dal primo gennaio, a 4 anni e mezzo dal referendum su Brexit nel 2016.
“Abbiamo ripreso il controllo delle nostre leggi e del nostro destino”, dice Boris Johnson, che riesce a chiudere l’anno meglio di quanto abbia fatto finora in pandemia, ma su Brexit il suo bottino è magro e gli porta serie ‘grane’ in Scozia che freme per l’indipendenza. Dall’altra parte, c’è una Unione sollevata e una presidenza di turno tedesca, guidata da Angela Merkel, che può vantare anche questo risultato.
Johnson ottiene che eventuali controversie con Bruxelles non vengano esaminate dalla Corte di Giustizia europea e nemmeno da un meccanismo automatico di allineamento agli standard dell’Unione. Se Londra viola gli accordi sulla concorrenza, l’Ue può rispondere con delle sanzioni. “Ci sono gli strumenti per difenderci se i patti vengono violati”, assicura von der Leyen.
Il premier Tory assesta un duro colpo all’Unione con la scelta di lasciare il programma Erasmus, che complica tanto la vita degli studenti europei che vogliano studiare nel Regno a partire dall’autunno 2021.
Ma la decisione danneggia anche gli studenti britannici che vogliano studiare in Ue. Decisione “difficile – abbozza Johnson – ma era estremamente costoso. Ora potremo mettere a punto un programma che consentirà agli studenti britannici di andare a studiare in tutto il mondo e non solo nelle università europee”.
Sul resto Downing Street cede. E tanto.
Pesca: il tema che ha rischiato di far deragliare le trattative verso un pericolosissimo ‘no deal’, il premier britannico chiedeva che gli europei diminuissero la loro quota di pescato nella Manica dell’80%. Riesce a ottenere solo una riduzione del 25 per cento per i prossimi 5 anni e mezzo.
Allo scadere di questi accordi, dopo giugno 2026, si negozierà un’intesa annuale. Ma se non venisse raggiunta, il sistema pattuito oggi verrebbe rinnovato ogni tre mesi.
Sui servizi finanziari il ‘deal’ piazza un’ipoteca sul futuro di Londra come City degli scambi. E Johnson non può che ammettere: “Non abbiamo ottenuto quello che volevamo…”.
E poi c’è la ‘grana’ della Scozia, che programma l’indipendenza da Londra. Ecco il tweet della premier scozzese Nicola Sturgeon, che, tra l’altro, definisce “vandalismo culturale” la scelta del governo di lasciare il programma Erasmus.
Gli scozzesi finiscono penalizzati anche nell’export. Il Regno potrà continuare a esportare animali e prodotti ortofrutticoli in Europa, nel rispetto degli standard del mercato unico e previa verifica da parte di Bruxelles, ma non potrà esportare le patate da semina, un business che frutta alla Scozia 112milioni sterline l’anno.
In conferenza stampa davanti al numero 10 di Downing Street, Johnson, il leader più ‘brexiteer’ dei due che l’hanno preceduto in questi 4 anni e mezzo di delirio, David Cameron e Theresa May, si ritrova a dover usare un linguaggio contenuto, per lui nuovo. Pieno di promesse per il futuro, più che di celebrazione dell’accordo fatto.
Atteggiamento tipico di chi non ha molto da sfoggiare, se non il fatto di aver compiuto la Brexit, evitando quel pericoloso ‘no deal’ che pure è stato usato tante volte da Londra nelle trattative: più minaccia che reale opzione.
“Il compromesso non è una brutta parola”, dice il premier che solo pochi mesi fa aveva osato approvare l’Internal market bill, nel tentativo di violare gli accordi sul confine tra le due ‘Irlande’. Ha dovuto fare marcia indietro anche su questo. Anche qui l’Europa è riuscita a ottenere che non ci sia un confine fisico tra i territori di Belfast e Dublino
“Una cosa è guadagnare la libertà , altra è come la usi”, è il tentativo di guadagnare tempo per Johnson. Il futuro fuori dall’Unione è un’incognita, soprattutto in tempi di pandemia e senza l’alleato Donald Trump alla Casa Bianca.
“Il covid ha reso più difficili i negoziati”, ammette von der Leyen, ma “alla fine di una strada lunga e tortuosa, abbiamo raggiunto un accordo giusto e bilanciato, la cosa più responsabile da fare per entrambe le parti. Adesso possiamo lasciarci la Brexit alle spalle e andare avanti”.
L’intesa dovrà essere approvata dagli ambasciatori degli Stati europei, dal Parlamento europeo, la prossima settimana il voto a Westminster. E’ un accordo di duemila pagine. “Poniamo le basi per un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con la Gran Bretagna”, è il commento di Angela Merkel, il governo tedesco ora studierà “intensamente” il testo del trattato, ma non dovrà “ricominciare da zero” poichè i governi degli Stati membri sono stati consultati per tutto il tempo. “Saremo quindi presto in una posizione in cui potremo giudicare se la Germania potrà sostenere l’esito odierno”.
Ma l’accordo di oggi è un risultato positivo soprattutto per la Cancelliera. Dopo l’intesa sul recovery fund, la Brexit è un altro pezzo dell’eredità che lascia all’Ue, a pochi giorni dalla fine del mandato di presidente di turno, a nemmeno un anno dalla scadenza del suo mandato in Germania.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 22nd, 2020 Riccardo Fucile
UN SOLO CANDIDATO COMUNE PER OGNI CIRCOSCRIZIONE ELETTORALE…I SONDAGGI DANNO IL “FRONTE COMUNE” AL 41% CONTRO IL 39% DEL PARTITO DI ORBAN
L’Ungheria è a un bivio e sta rischiando grosso. L’opposizione democratica ungherese, per la prima volta, fa fronte comune contro il premier nazionalista Viktor Orban: sei partiti che vanno dai nazionalisti (Jobbik) ai socialisti, passando per liberali, i verdi e i democratici, hanno infatti annunciato un accordo.
L’intesa prevede la nascita di una lista nazionale comune e la presentazione di un solo candidato comune in ogni circoscrizione uninominale.
La lista sarà capeggiata da un candidato premier comune da trovare in una serie di elezioni preliminari, procedimento inedito in Ungheria.
Le prossime elezioni si svolgeranno nell’ aprile del 2022. Un accordo simile funzionava già nel 2019, quando l’opposizione ha conquistato Budapest e dieci altre grandi città alle amministrative, ma mai in elezioni politiche.
I sondaggi fanno vedere un aumento dei consensi per l’opposizione: la lista comune ha 41% contro i 39% del Fidesz di Orban, mentre è in discesa il numero degli astensionisti, finora più di un terzo dell’elettorato
Secondo l’istituto Median, Fidesz ha perso mezzo milioni di voti negli ultimi tempi come effetto del veto di Orban all’Ue e l’affare dell’ex eurodeputato Jozsef Szajer, arrestato a Bruxelles, mentre stava fuggendo da un festino di sesso.
Il fronte comune dei sei partiti intende lottare contro la corruzione del regime di Orban, contro il dirottamento dei fondi pubblici ed europei, ristabilire lo stato di diritto e la libertà della stampa, l’indipendenza della giustizia, riscrivere la Costituzione e la legge elettorale ingiusta in senso proporzionale, sostituendo il sistema misto, in vigore attualmente che assicura al Fidesz una maggioranza di due terzi con 40% dei voti.
(da agenzie)
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Dicembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
TIKHANOVSKAYA: “LOTTIAMO PER LA DEMOCRAZIA”
Il parlamento europeo ha assegnato il Premio Sakharov per la libertà di pensiero all’opposizione
bielorussa, che continua a battersi contro la contestata rielezione del presidente Aleksandr Lukashenko, al potere senza interruzioni dal 1994.
Il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, ha consegnato il premio a Svetlana Tikhanovskaya e Veronika Tsepkalo, in nome di tutta l’opposizione democratica rappresentata dal Consiglio di coordinamento, organismo che riunisce diverse figure della società civile bielorussa, compresa la scrittrice premio Nobel per la letteratura Svetlana Aleksievic.
Durante la cerimonia, che si è eccezionalmente svolta a Bruxelles, Sassoli ha detto: «Noi così come il mondo intero siamo pienamente consapevoli di quanto sta accadendo nel vostro Paese. Vediamo il vostro coraggio. Il coraggio delle donne. Vediamo la sofferenza. Vediamo abusi indicibili. Vediamo la violenza. Vediamo la vostra aspirazione e determinazione a vivere in un Paese democratico in libertà e tutto questo ci ispira. Vi sosteniamo nella vostra lotta»
Tikhanovskaya: «Lottiamo per la democrazia»
Mentre Tikhanovskaya ha voluto rendere omaggio al suo popolo: «Lottiamo per la democrazia. Ogni singolo cittadino bielorusso che prende parte alla protesta pacifica contro la violenza e l’illegalità è un eroe. Ognuno di loro è un esempio di coraggio, compassione e dignità . I bielorussi scendono in strada ogni settimana dalle elezioni del 9 agosto. Marciano per il proprio futuro e per il futuro di chi non può essere lì. Marciano per la libertà e la dignità dei bielorussi, degli europei, per la vostra e la nostra. Senza bielorussi liberi, neppure l’Europa è completamente libera. Ho un unico desiderio per quest’anno. Voglio che tutti i bielorussi che ora sono in prigione o sono stati costretti a vivere in esilio ritornino a casa»
(da agenzie)
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