Ottobre 23rd, 2013 Riccardo Fucile
IL TIMORE CHE RENZI PROVOCHI LA CRISI E CHE SI VADA A VOTARE TROPPO PRESTO ALL’ORIGINE DELLA FRENATA: “DEVO AVERE IL TEMPO DI ORGANIZZARMI”
«E sarebbero queste le larghe intese? Una provocazione, ecco cosa è la Bindi all’Antimafia».
Raccontano che Silvio Berlusconi non si sia lasciato andare alle battute di dubbio gusto di un tempo sulla parlamentare pd, ma la sua elezione alla bicamerale lo ha convinto ancor più che la strada dell’alleanza di governo coi democratici sia al capolinea.
Ha preferito tenersi informato da Arcore, il Cavaliere, senza rientrare a Roma.
Lo farà con molta probabilità oggi, con un paio di appuntamenti già in agenda. C’è un partito in rotta da tenere unito, almeno fin tanto che si voterà la decadenza al Senato.
Non che il leader credesse davvero di spuntarla con la candidatura di Donato Bruno a capo di quella commissione.
Ma almeno pensava che alla fine si sarebbe arrivati a un compromesso. E invece niente.
Aventino, eseguito da tutto il partito, senza distinzione tra falchi e colombe. E ora il clima torna a farsi pesante nella maggioranza. Berlusconi coi suoi interlocutori ieri ha ripetuto di essere disposto a delle aperture sulla legge di stabilità , senza guerra preventiva.
Detto questo, ha anche designato il «mastino» Renato Brunetta come controrelatore della norma finanziaria.
Qualcosa sta mutando in queste ore, negli equilibri interni al Pdl.
Alfano non è più convinto come prima della opportunità dello strappo che pure sembra imminente.
Ieri il segretario ha chiamato a più riprese il Cavaliere, lo ha rassicurato sull’ennesimo rinvio che starebbe ottenendo sul voto di decadenza.
Non più ai primi di novembre, ma da far slittare a dopo la sessione di bilancio al Senato, dunque tra fine novembre e i primi di dicembre.
Altro tempo utile per tenere aperta la partita, per sperare in una trattativa, non si capisce bene quale.
Berlusconi stesso è scettico, per nulla rassicurato. Comunque prende tempo.
Cosa è cambiato negli assetti interni?
Alfano ne ha accennato nei colloqui riservati col premier Letta, con gli altri ministri «amici» del Pd: «Io non ho più alcuna garanzia che possiate tenere sotto controllo Renzi, che da qui a qualche mese il vostro nuovo segretario non provochi la crisi lasciandomi in mezzo al guado», è il suo timore accentuato dalle uscite di queste ore del sindaco di Firenze.
Troppo alto il rischio di precipitare al voto anticipato senza avere il tempo di riorganizzare il centro non più berlusconiano.
Non a caso nei colloqui di ieri col capo, Alfano ha spiegato anche che il documento di due giorni fa firmato da 24 senatori a lui vicini non era un «atto ostile» contro lo stesso Berlusconi ma contro «i falchi che lavorano per rompere».
Il Cavaliere ha voluto appurarlo personalmente, chiamando alcuni di loro per chiedere il perchè della firma.
E per il momento resta nei cassetti anche il documento programmatico che il ministro Gaetano Quagliariello avrebbe già messo a punto – dal titolo molto simile all’«Italia che vogliamo» – da sottoporre alla firma di tutti i parlamentari d’area.
Un manifesto politico bello e buono. Fermo, per ora.
Anche perchè Berlusconi ha voluto lanciare loro un segnale: oggi, al rientro a Roma, non convocherà nè l’Ufficio di presidenza, nè il Consiglio nazionale, organismi direttivinei quali Fitto e i “lealisti” confidano per la conta interna.
Per mettere all’angolo Alfano, i ministri e le cosiddette colombe governative.
«Se non venisse convocato l’Ufficio di presidenza in settimana sarebbe un problema – ragionava il deputato pugliese coi suoi in Transatlantico – Logico che il segretario e tutti gli altri lavorano per prendere tempo: a loro conviene tenere la segreteria e tutti i ministri. Noi non ci stiamo. Ci hanno fatto anche scomparire da tutti i tg, combattiamo con le pietre contro i carri armati, ma non ci fermano ».
Il clima nel Pdl resta tesissimo.
Proprio tra Fitto e l’alfaniano Antonio Leone sono state scintille, ieri, nell’emiciclo della Camera, durante una pausa dei lavori.
Con la Gelmini costretta a intervenire per portare la calma. Berlusconi predica unità ma in aula e fuori sono sempre più due partiti.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 23rd, 2013 Riccardo Fucile
LA PITONESSA: “IL CAPO DELLO STATO DEVE FARE L’ARBITRO, NON IL GIOCATORE”…”ACCANIMENTO CONTRO BERLUSCONI, IL PD DOVEVA SPECIFICARE CHE LA LEGGE SEVERINO NON E’ RETROATTIVA”
«Sa quale è stata la vera panzana? È stata passare attraverso queste larghe intese garantite dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per raggiungere una presunta, assai presunta, diciamo pure inesistente pacificazione nazionale».
Più falca dei falchi, pitonessa per sua definizione, berlusconiana senza tentennamenti, è tornata: la deputata, in elegante tailleur, fuma una sigaretta nel cortile di Montecitorio e parte all’attacco. Il Quirinale e i ministri Pdl nel mirino.
Ancora con la storia della pacificazione?
«Ma stava tanto a cuore alla più alta carica dello Stato. E se stiamo ai fatti, non c’è stata. Dal punto di vista giudiziario abbiamo assistito a un accanimento esasperato e portato ora a compimento ai danni del presidente Berlusconi. Dal punto di vista politico, hanno deciso di far leva sulla legge Severino per farlo fuori, applicandola retroattivamente».
Lo prevede la norma, appunto.
«Ma la delega è ancora aperta, fino al 30 novembre. Il Pd se volesse potrebbe intervenire per specificare la non retroattività . Sembra che non ne abbiano alcuna intenzione. Per di più in queste ore hanno eletto anche la Bindi all’Antimafia».
Cos’è che non va, la Bindi?
«Sarebbe questa la pacificazione? Un presidente di rottura? Ma è chiaro che ormai vanno per la loro strada. Oggi nei fatti assistiamo allo spettacolo di un governo monocolore».
Ci sarebbero anche i vostri ministri, all’interno di quel governo.
«Sì ma questo non ha impedito che l’Iva aumentasse. E se non corriamo ai ripari in Parlamento, per evitare la seconda rata Imu rischiamo un aumento di tasse. Rischiamo che l’imposta sulla casa cambi nome ma provochi lo stesso esborso a carico degli italiani, dal 2014».
Insomma, questa legge di stabilità non le piace?
«Al momento non contiene traccia del nostro programma elettorale. Forse è destinata a garantire la stabilità del governo che l’ha sfornata. Non certo quella delle famiglie italiane, dei lavoratori, della gente che fatica ».
E dunque che conclusioni trae?
«La conclusione è che il progetto è fallito. Fal-li-to».
Quale progetto?
«Chi ha voluto più di tutti il governo di larghe intese? Il presidente della Repubblica. Questo vuol dire che dovrebbe assumersi lui la responsabilità delle ricadute di questa sorta di instabilità , sulle famiglie e sui lavoratori ».
È una conclusione abbastanza pesante, impegnativa.
«Ma se si decide di non essere arbitro ma di fare il giocatore, e ricordo solo per citare l’ultimo esempio i quattro senatori a vita di centrosinistra, allora si deve imparare ad accettare le critiche ».
Non sarà che tutta questa instabilità politica segue la guerra aperta dentro il vostro Pdl?
«Guerre? Divisioni? Non ne vedo al nostro interno».
Le piace scherzare.
«Mettiamola così. Non voglio credere che possa esservi qualcuno che dica di non riconoscersi in due cardini fondamentali: nella leadership unica e insostituibile di Silvio Berlusconi e nel ritorno a Forza Italia. Nessuno penso voglia archiviare il presidente, la storia politica di questi vent’anni tutt’altro che conclusa ».
Per la verità , con la decadenza dal Senato un pezzo di storia finisce. Che succederà da quel giorno?
«Sarebbe un passaggio tremendo. Ma decisivo. Mi chiedo come i nostri ministri a quel punto potrebbero tornare a sedere al governo con i loro colleghi del Pd che hanno votato per cacciare Berlusconi dal Parlamento. Come potrebbero far finta che non sia successo niente? Sono convinta che molto succederà ».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile
MA DALL’ALTRA PARTE IL CAPOFILA FITTO E’ UN CONDANNATO IN PRIMO GRADO PER TANGENTI
Eccolo, il “partito degli onesti” pronto a sostenere il governo Letta in caso di showdown del Cavaliere. 
Le firme sono nero su bianco, su un documento. Le cosiddette 24 colombe scosse da un sussulto di “responsabilità nazionale”.
Già , colombe, ribattezzate “realisti”, “innovatori”, “responsabili”. Legati a doppio filo al ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Basta scorrere l’elenco per classificare la maggior parte di loro alla voce più autentica: “indagati”. Nell’ambito di inchieste pesanti.
Il più responsabile è Roberto Formigoni, che negli anni in cui era il Celeste del Pirellone, compariva molto fotografato tra spiagge e tribunali.
È indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.
Si tratta dell’inchiesta relativa alla fondazione Maugeri e al San Raffaele, riguardante i suoi rapporti col faccendiere Daccò. Ora Formigoni è, tra le colombe, quello che vorrebbe rompere subito. Per costruire la gamba di centro della coalizione.
La responsabilità , si sa, è nazionale. È un sussulto irresistibile dalle Alpi alla Sicilia. Come è nazionale la consuetudine con le procure dei senatori pidiellini pronti ad andare in soccorso al governo Letta.
Come quella del senatore Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio di palazzo Madama. Per molti anni sindaco di Molfetta (Bari), Azzollini è indagato nell’ambito di un’inchiesta su una presunta maxitruffa di circa 150 milioni di euro legata alla costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta.
Ma il vero cuore pulsante del “partito degli onesti” è la Calabria.
Sono i senatori legati a Scopelliti i grandi artefici del voto di fiducia dello scorso due ottobre, quando a Berlusconi cominciarono a mancare i numeri. Ora sono i paladini della nuova conta. I cantori del “centrodestra moderno ed europeo”.
Eccoli qui.
Giovanni Bilardi, già capogruppo in consiglio regionale in Calabria, indagato da maggio per la gestione dei rimborsi per le spese dei gruppi.
Piero Aiello, che di Scopelliti è stato assessore all’urbanistica, è indagato nell’inchiesta della Dda di Catanzaro sulla cosca Giampà della ‘ndrangheta.
Tra i calabresi coinvolti in indagini c’è anche Antonio Caridi, la cui presenza nella commissione Antimafia è stata oggetto di una discreta moral suasion del presidente Piero Grasso.
Caridi alla fine ha rinunciato “per evitare speculazioni politiche”, perchè il suo nome figura in un’indagine della Dda di Genova in quanto legato a una ‘ndrina calabrese.
Attivissimi gli Scopelliti boys. Praticamente tutti schierati col governo.
Tra loro c’è anche Nino D’Ascola, che nei tribunali esercita la professione di avvocato. E infatti a Reggio difende Scopelliti, a Bari Giampi Tarantini.
A proposito di Tarantini, l’uomo che portava le donnine alle cene eleganti di Berlusconi, aveva rapporti con il pidiellino Guido Viceconte, che indagato non è ma che compare nelle intercettazioni telefoniche sull’utenza di “Giampi”.
E’ molto meridionale il “partito degli onesti”. Molto radicato nelle zone più opache, assurte alle cronache più discutibili degli ultimi anni.
E così, nell’elenco dei firmatari, compare il nome di Claudio Fazzone, il signore di Fondi e ras del basso Lazio.
Colui che fece di tutto, con successo, per evitare lo scioglimento del comune fondano. Il suo nome è chiacchierato perchè risultò essere nella proprietà di terreni e fabbricati con il clan dei Tripodo (a giudizio per reati di mafia).
Il senatore è stato indagato per abuso di ufficio. Ora, insieme a Biliardi, fa parte in quota Pdl della commissione Antimafia.
Il ministro dell’Interno, che delle colombe è il leader indiscusso, coordina il nuovo gruppo. Dispensa consigli, coccola i suoi adepti per evitare “tradimenti”, li manda in tv per motivarli.
Le truppe scelte per monitorare quel che accade a palazzo Madama dove si celebrerà la grande conta sul governo sono i siciliani, legatissimi al duo Alfano-Schifani.
Ecco la firma di Francesco Scoma – palermitano, già vicesindaco di Cammarata — finito a processo perchè si sarebbe fatto corrompere da un imprenditore che gestiva i fondi dell’Ue per la formazione professionale con una vacanza a Capri in compagnia della moglie.
Ed ecco quella di Bruno Mancuso, indagato per voto di scambio.
Chi invece, tra i nuovi responsabili, non ha un rapporto diretto con le procure, è attivo nell’attività di difesa “politica”.
Come Luigi Compagna, strenuo difensore di Nicola Cosentino. E non solo. Compagna ha firmato il “salva-Ruby”, “l’anti-Batman” e solo quattro mesi fa ha proposto il dimezzamento delle pene per il concorso esterno in associazione mafiosa.
Fu ritirato su richiesta di Schifani.
Ora è tra i più accesi sostenitori del governo Letta.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile
“SILVIO, NON SPERARE NEL VOTO SEGRETO, PER TE SARA’ UN BOOMERANG. TUTTI QUELLI CHE TEMONO LE ELEZIONI ANTICIPATE TI VOTERANNO CONTRO, COMPRESO ALCUNI SETTORI DEL PDL”
Stavolta la scissione è a un passo. Il comunicato firmato ieri sera dai ventiquattro senatori alfaniani,
gli stessi che il 2 ottobre erano pronti a votare la fiducia a Letta anche in dissenso dal Cavaliere, è solo l’antipasto di quello che sta per accadere nel centrodestra.
La conta finale sarà sul documento “Per un grande centrodestra”, ormai sulla rampa di lancio, poi arriveranno i gruppi autonomi degli «Innovatori».
Tutto è pronto, manca solo l’innesco. Ma a quello penseranno i falchi del Pdl.
Alfano, Quagliariello e gli altri “innovatori” nelle ultime 48 ore hanno avuto la certezza che Berlusconi punti a provocare la crisi di governo non appena il Senato voterà la decadenza.
Le bordate sempre più forti che arrivano dai falchi contro la legge di Stabilità , gli attacchi della Santanchè a Napolitano, gli ultimatum di Capezzone sulla Tarsi servono a questo, a creare il clima propizio per lo strappo, costringendo Enrico Letta a mettere la fiducia sulla manovra.
A quel punto arriverà la rottura. «Se i contenuti restano questi, la Finanziaria per noi è invotabile», conferma Mara Carfagna dalla schiera dei “lealisti”.
E proprio la Carfagna ieri è stata al centro di un episodio di guerriglia interna che l’ha vista contrapporsi duramente alla colomba Lorenzin su un controverso episodio locale.
Al di là del merito della vicenda – la mancata visita del ministro Lorenzin a un ospedale irpino – Carfagna ha affermato in un comunicato che, se fosse stato vero, si sarebbe trattato di un comportamento «inqualificabile», «indegno del ruolo che si ricopre » e «irrispettoso nei confronti dei cittadini».
Parole pesantissime, come il «traditore» con cui la senatrice Bonfrisco ha preso ad appellare il ministro Quagliariello.
Con questo clima interno matura la scelta degli “innovatori” di organizzare la controffensiva. «Se le cose stanno così – ha suggerito Quagliariello ad Alfano – tanto vale accelerare».
Il segretario del Pdl tuttavia ancora non è del tutto convinto che la scissione sia la strada migliore.
Certo, coltiva il progetto di uno nuovo centrodestra insieme a Casini, ma teme molto la prova della prossima primavera, quando arriverà il test delle Europee.
Elezioni che, per la prima volta, avranno la soglia di sbarramento al 4 per cento, clausola che impone a Casini e Mauro di allearsi con Alfano pena la scomparsa. Eppure il ministro dell’Interno teme di contarsi alle Europee ritrovandosi in un partito di centro insieme a Casini schierato contro Berlusconi. Il rischio di finire doppiato, o peggio, dalla Forza Italia dei falchi è alto. «È troppo presto, non ce lo possiamo permettere, dobbiamo ancora organizzarci».
Così, per ora, quel documento dei 24 senatori viene usato come monito per indurre il Cavaliere a «ragionare», a capire che forzare di nuovo sulla crisi di governo sarebbe inutile.
Anche sulla decadenza Alfano ha detto a Berlusconi di non farsi illusioni, gli ha spiegato che difficilmente arriveranno sorprese positive dal voto segreto, sarà dunque meglio che inizi a convivere con l’idea dell’uscita dal Parlamento: «Tutti quelli che temono le elezioni anticipate hanno interesse a votare contro di te perchè sanno che il Pd non reggerebbe un minuto se il Senato ti salvasse. E si andrebbe al voto anticipato ».
Il rischio, anzi, è che parecchi peones del Pdl, spaventati da una crisi simile a quella del ’93 sull’autorizzazione a procedere negata per Craxi, possano rivoltarsi in segreto contro il Cavaliere.
Una vecchia volpe come Paolo Naccarato, già braccio destro di Cossiga e ora senatore del Gal (costola del Pdl), ieri ha lanciato al Cavaliere un avvertimento proprio in questa direzione: «Mi consenta il presidente Berlusconi, con schiettezza cossighiana, di metterlo in guardia: attento Silvio! sulla decadenza, dallo scrutinio segreto, verranno ulteriori sorprese e più cocenti delusioni».
Ma ormai il treno è partito. Santanchè agli amici più stretti l’ha detto con chiarezza: «Il presidente si era spaventato il 2 ottobre, non si aspettava il tradimento. Ma ora ha capito tutto e non lo ferma più nessuno».
Ci sarebbe stata un’ultima ambasciata la scorsa settimana con il Quirinale per chiedere, invano, una grazia “motu proprio” dal presidente della Repubblica.
Poi le comunicazioni si sono interrotte ed è iniziato il conto alla rovescia verso la crisi, quando palazzo Madama voterà la decadenza: intorno al 12–13 novembre.
Per mettere ancora più in mora i ministri del Pdl e presentarli come traditori è partita anche la manovra sulla irretroattività della legge Severino.
Come ha fatto notare Sandro Bondi, la delega è ancora aperta e nulla impedisce al governo di approvare una norma di interpretazione per chiarire la non retroattività della decadenza.
Insomma, dovrebbe essere Alfano a porre la questione al Consiglio dei ministri e minacciare Letta incaso di rifiuto.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile
NON C’E’ PACE NEL PDL: DOPO LO STRAPPO DEI 24 SENATORI VICINI ALLE COLOMBE, ORA SONO I FALCHI A MINACCIARE LA SCISSIONE
“Di questi non mi fido più. Ma dobbiamo attendere il voto sulla decadenza. Li aspetto al varco, Alfano
e gli altri, voglio vedere se sono con me o contro di me”.
Più che una dichiarazione di guerra è una frenata. È l’estremo tentativo di tenere insieme un partito sul punto di esplodere.
Chiuso ad Arcore, Silvio Berlusconi invita alla “calma” tutti quelli che riescono a contattarlo.
È una doppia scissione quella che l’ex premier vede realizzarsi. E di fronte alla quale non trova “la via d’uscita”.
Perchè dopo settimane in cui ha ragionato sulla rottura delle colombe di Alfano in caso di sfiducia al governo, è arrivato pure l’ultimatum soft dei falchi: “Se ti riprendi il partito siamo con te — è il messaggio — e vogliamo stare con te ma se arrivati al dunque non decidi, noi rompiamo con questo governo. Non puoi chiederci si stare con Alfano”. Fitto&Co sono pronti. Anche su una legge di stabilità che considerano una “schifezza”. Perchè la convivenza con Alfano è diventata impossibile.
È avvolto da una nuvola di odio e sospetto la battaglia interna al Pdl. Con i nervi che saltano a ogni intervista.
Ecco il cortocircuito di giornata, il “ricatto” delle colombe: il ministro Quagliariello classifica Berlusconi alla voce “padre nobile”; la senatrice Bonfrisco lo accusa di essere un campione di tradimento.
E il gruppo di Alfano al Senato dirama un documento con 24 firme in calce per ribadire la fiducia al governo.
E per ricordare che, dal 2 ottobre in poi, c’è una maggioranza autosufficiente. Senza Berlusconi.
E’ un crescendo. Con Bondi che chiede ad Alfano e Schifani di dissociarci. E Cicchitto che evoca lo stalinismo.
È di fronte a questa “doppia scissione” che Berlusconi chiede tempo. Per portare il partito unito al voto sulla decadenza.
Tanto che ha rimandato il suo rientro a Roma, non avendo una soluzione. E ha rimandato pure un ufficio di presidenza che inizialmente aveva intenzione di convocare per il week end, con all’ordine del giorno il grande lancio di Forza Italia.
Il Cavaliere non si fida più di Angelino. Lo osserva con sospetto.
E da quando ne segue le mosse con occhio critico gli piace sempre meno. Ogni giorno il rapporto tra i due si arricchisce di nuovi veleni.
Gli ultimi sono contenuti in un report arrivato sulla scrivania del Capo sulle presenze televisive.
E dice che ormai nei tg e nelle trasmissioni Rai, a partire da Porta a Porta, Alfano ha militarizzato le ospitate.
Per dirne una: Fitto sarà a Porta a Porta giovedì, dopo una sfilata di Alfano boys, dalla Lorenzin alla De Girolamo, da Brunetta a Lupi. E pure sulle reti Mediaset il partito suggerisce gli uomini di Angelino.
È questo il clima. Ma Berlusconi ha ancora deciso. La pancia dice “rottura”.
Ne ha parlato più volte con Fitto, condividendo la sua analisi. Il problema si chiama “voto”: mentre i falchi considerano “politicamente” utile un ritorno all’opposizione, Berlusconi non è convinto.
Perchè è vero che nascerebbe un governo più debole di quello Prodi. Ma rischia di essere sufficiente a far male davvero a uno che sta per uscire dal Parlamento. E che ormai convive con l’incubo dell’arresto.
Eccolo quello che nell’inner circle chiamano “ricatto” delle colombe.
“Tempo”, allora. E’ la parola chiave, fino al voto sulla decadenza: “Voglio vedere come si comporta Alfano” ripete il Cavaliere ai suoi. Ai falchi, per rinviare la rottura. Alle colombe, per tastare la fedeltà (o l’infedeltà ). L’idea è di portarli uniti nel nuovo vecchio partito (Forza Italia) affidando ai nuovi organigrammi quell’unità che politicamente non c’è più.
Ma pure su quello una quadra non c’è. E pure su quello il Cavaliere prende tempo.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 21st, 2013 Riccardo Fucile
LE COLOMBE TORNANO A VOLARE: “NON SI POSSONO PIU’ TOLLERARE CRITICHE DISTRUTTIVE E PERMANENTI, SIAMO AL GOVERNO”… IL FALCO BONDI: “E’ UN CORRENTE ORGANIZZATA”
Una nota congiunta di 24 senatori del Pdl contro gli attacchi ai ministri del partito e in difesa
dell’esecutivo guidato da Enrico Letta. “Non è più possibile tollerare la critica distruttiva e permanente” di parte del centrodestra “alla legge di stabilità e all’operato del governo di cui cinque nostri ministri fanno parte e a cui abbiamo riconfermato la fiducia meno di tre settimane fa su indicazione dello stesso presidente Berlusconi“, hanno scritto.
Parole contro le quali interviene Sandro Bondi visto che segnano un “fatto gravissimo in quanto espressione di una corrente organizzata, attraverso cui si pretenderebbe di limitare in modi e toni inusuali il libero e legittimo confronto sulla legge di stabilità ”. Un confronto che, puntualizza, “dovrà proseguire in occasione della riunione del gruppo parlamentare e degli organi del partito, in attesa dei quali ogni parlamentare può esprimere liberamente le proprie opinioni come del resto ho fatto anch’io”.
Bondi, quindi, non dubita che “il segretario Alfano e il capogruppo Schifani vorranno stigmatizzare la dichiarazione di 24 senatori”.
“Con riferimento alle dichiarazioni della collega senatrice Bonfrisco“, proseguono, “non è tollerabile che i toni e il linguaggio del dibattito politico dentro il Pdl degradino fino al livello utilizzato oggi nei confronti di Quagliariello e in questi giorni nei confronti di coloro che hanno espresso determinate posizioni”.
I 24 si riferiscono alle dichiarazioni della senatrice Pdl Anna Cinzia Bonfrisco, componente della commissione Bilancio che ha definito Quagliariello “apprendista stregone”.
Secondo la parlamentare è grave che il ministro “non prenda atto che le critiche a questa legge di Stabilità sono diffuse tra una larghissima parte di italiani e pressochè tra tutte le categorie economiche produttive. In special modo tra quel blocco sociale di ceto medio sempre più tartassato, fatto di lavoro autonomo professionale e imprenditoriale che il Pdl vuole continuare a rappresentare per difenderne le ragioni”. E aggiunge: ”Non credo che stavolta agli italiani, già stremati da troppi sacrifici, possa bastare l’alambicco dove il professor Quagliariello si esercita da apprendista stregone per produrre stantie formulette paleo-politiche. Non convince noi, figuriamoci gli italiani!”.
Secondo gli autori della nota, “il confronto nel nostro gruppo e nel nostro partito deve riacquistare correttezza. In caso contrario, i reiterati richiami all’unità suonerebbero come moneta falsa, dietro la quale si cela la volontà di determinare una incompatibilità di fatto”.
I firmatari della nota sono i senatori Piero Aiello, Andrea Augello, Antonio Azzollini, Laura Bianconi, Giovanni Bilardi, Antonio Stefano Caridi, Federica Chiavaroli, Riccardo Conti, Francesco Colucci, Luigi Compagna, Nico D’Ascola, Claudio Fazzone, Roberto Formigoni, Antonio Gentile, Carlo Giovanardi, Marcello Gualdani, Giuseppe Marinello, Bruno Mancuso, Paolo Naccarato, Giuseppe Pagano, Maurizio Sacconi, Francesco Scoma, Salvatore Torrisi, Guido Viceconte.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 21st, 2013 Riccardo Fucile
OTTOCENTOMILA EURO NELL’89 E LUI AMMETTE: SUCCEDE, NEL CONTRATTO SCRIVI 10 E INVECE E’ 20
Impossibile non fare un salto sulla sedia quando Denis Verdini ammette davanti alla telecamera di
aver ricevuto un pagamento in nero.
Ottocentomila euro per un terreno venduto a un muratore di Palermo trapiantato a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze.
«Un’operazione», dice, «che per fortuna risale a tantissimi anni fa». Il 1989, quando il protagonista di questa vicenda non era ancora uno degli uomini politici più potenti d’Italia, senatore e coordinatore del partito di Silvio Berlusconi.
E poi, si giustifica, «come si fa normalmente nella vita, se tu nel contratto scrivi dieci e invece è venti…».
Anche se proprio normale non è, soprattutto se poi i soldi il suo debitore li prende dalla banca della quale il senatore in questione è anche il dominus, il Credito cooperativo fiorentino.
Come non è normale che un signore al centro di mille misteri e con seri precedenti penali dia 800 mila euro al senatore in questione come contributo per il suo giornale claudicante.
Si chiama Flavio Carboni, e in quel momento ha in ballo un investimento eolico in Sardegna che incontra difficoltà perchè il governatore pidiellino Ugo Cappellacci ha deciso di cambiare le regole. «Era interessato ad aprire le pagine in Sardegna», dice il coordinatore del Pdl.
«Ma cosa me ne fregava? Chiamavo frequentemente Verdini perchè insistesse su Cappellacci per, diciamo così, applicare la legge. La legge del suo predecessore», è la versione di Carboni. Che adesso vuole il denaro indietro.
Sono due frammenti del lungo servizio di Sigfrido Ranucci che stasera va in onda su Rai tre per Report di Milena Gabanelli nel quale si ricostruisce l’incredibile scalata di Verdini ai vertici del potere politico.
È lui che nel partito stabilisce nomine e incarichi. È lui che decide chi occupa un seggio in Parlamento grazie al famigerato Porcellum che porta anche il suo marchio, essendo copiato dalla legge elettorale della rossa Toscana frutto di un accordo fra Verdini e la sinistra.
È lui che s’impegna per difendere Berlusconi dall’«assedio» dei magistrati
Viene da una famiglia povera e nessuno lo aiuta. Ma nella capacità di creare cortocircuiti fra la politica e gli affari è quasi imbattibile.
In pochi anni mette insieme una fortuna, dalle attività editoriali alle proprietà immobiliari: ne ha pure in Svizzera, a Crans Montana.
Tutto ruota intorno a una piccola banca, il Credito cooperativo di Campi Bisenzio.
Da quel piccolo istituto arrivano i soldi per gli imprenditori amici e soci di Verdini impegnati negli appalti pubblici, quale il costruttore Riccardo Fusi, che sarà coinvolto nelle inchieste sulla Cricca.
Arrivano anche i finanziamenti per i compagni di partito in difficoltà , come il senatore Marcello Dell’Utri.
E arrivano anche i denari per alimentare le attività dell’editore Verdini. Al punto che quando interviene la Vigilanza salta fuori che fra i più esposti con la banca della quale è presidente da tempo immemore c’è proprio lui.
Dodici milioni di euro, per l’esattezza.
«Deve rientrare», commenta Milena Gabanelli, «e qui si mobilita l’esercito della salvezza. Il compagno di partito Antonio Angelucci ha fatto partire dal suo conto in Lussemburgo circa 10 milioni e in pegno si prende le due ville in Toscana. Si mobilita anche Riccardo Conti, il parlamentare Pdl diventato noto per aver comprato il palazzo di via della Stamperia a Roma per 26 milioni, rivenduto nella stessa giornata a 44, e in quello stesso giorno stacca anche un assegno alla signora Verdini per un milione 150 mila euro. Sette milioni e mezzo invece arrivano da Veneto Banca. Ma chi garantisce?».
Le garanzie, spiega Ranucci, vengono nientemeno che da Berlusconi
Vi chiederete: com’è possibile che un senatore in carica gestisca una banca, che per giunta presta quattrini a lui stesso, ai politici e a discussi imprenditori?
La legge in effetti lo vieta, ma siccome c’è una deroga per le cooperative, e quella di Campi Bisenzio è una coop pur essendo una banca commerciale a tutti gli effetti, non ci sono ostacoli formali.
Una sovrapposizione di ruolo inconcepibile in qualunque Paese normale, che lui però non fa nulla per nascondere. Anzi. È proprio quella la sua forza.
Per i cento anni del Credito di Campi Bisenzio organizza perfino una grande festa con un testimonial d’eccezione: Rosario Fiorello.
Qualche mese dopo l’istituto viene commissariato.
E il Fondo di garanzia delle Bcc tappa il buco.
Milena Gabanelli ricorda che i commissari hanno chiesto ai manager del Credito cooperativo un risarcimento danni di 44 milioni. E i guai sono appena cominciati.
Domani è prevista l’udienza preliminare del procedimento per presunta truffa allo Stato nel quale è coinvolto Verdini per i finanziamenti pubblici incassati dal gruppo editoriale del suo «Giornale della Toscana» .
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 21st, 2013 Riccardo Fucile
PREFIGURA BERLUSCONI PADRE NOBILE E ALFANO ALLA GUIDA DEL PARTITO, APRENDO A SCELTA CIVICA.. MA PER NITTO PALMA “LE SUE AFFERMAZIONI SONO ELEMENTO DI DIVISIONE”
Nonostante la tregua armata nel partito e gli appelli all’unità , non si fermano le schermaglie tra le varie anime del Pdl.
A riaccendere le tensioni all’interno del partito di Silvio Berlusconi è Gaetano Quagliariello, ministro per le Riforme costituzionali e annoverato nelle fila delle “colombe” pidielline, che accusa i fedelissimi del Cavaliere di non avere i numeri per potere minacciare il governo.
Le sue parole hanno suscitato l’immediata reazione dei “falchi” del partito e, in particolare, di Francesco Nitto Palma, che le ha bollate come “nuovo forte elemento di divisione” nel Pdl.
“Da mercoledì 2 ottobre, giorno della fiducia a Letta, non si torna indietro”, ha affermato Quagliariello in un’intervista al Messaggero.
“Se qualcuno puntasse di nuovo alla crisi, si ritroverebbe gli stessi numeri a favore dell’esecutivo. Anzi: forse anche qualcuno di più”.
E passa all’attacco di Daniela Santanchè, che domenica aveva dato del “traditore” al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Sento usare la categoria del tradimento in modo folle: contro Alfano, dentro Scelta civica, ora persino contro Napolitano… Fermiamoci. Ragioniamo di linee politiche e di persone che le sostengono”.
Gli scossoni interni a Scelta Civica, con le dimissioni del presidente Mario Monti e un possibile avvicinamento al nuovo progetto di centrodestra di Alfano, sono accolti con favore dalla “colomba” Pdl: “Quel che sta accadendo in Scelta Civica è una grande opportunità da cogliere. Partendo dalle scelte concrete di governo”.
E torna a lanciare affondi nei confronti dei “falchi” del partito. “Chi nel Pdl chiede l’azzeramento delle cariche è contro il progetto di un centrodestra inclusivo, moderato e in sintonia con quel popolo che lo vota — ha affermato il ministro per le Riforme — se il centrodestra vuol tornare a vincere all’interno di uno schema bipolare deve andare da Alfano a Casini, con Silvio Berlusconi capo carismatico e Angelino Alfano alla guida del partito”
Questa visione del nuovo centrodestra non piace ai fedelissimi di Berlusconi, in particolare a Francesco Nitto Palma: “Prendo atto che il ministro Quagliariello, di cui ignoravo sia le capacità divinatorie che quelle di interpretazione del nostro elettorato, ha già definito i futuri assetti del centrodestra e del Pdl-Forza Italia, in particolare relegando il presidente Berlusconi al ruolo di padre nobile. Tanto da riaffermare che, in caso di azzeramento, la cui concretizzazione può passare solo ed esclusivamente dalla decisione del presidente Berlusconi, non entrerà in Forza Italia”.
L’ex ministro della Giustizia risponde al collega di partito anche sulla “sfida” lanciata sui numeri all’interno del partito: “Ciò che però mi preoccupa è che Quagliariello affermi che se qualcuno volesse aprire la crisi i numeri del 2 ottobre sarebbero gli stessi, se non di più. Solo per capire: e se quel qualcuno fosse il presidente Berlusconi, magari con l’avallo dell’ufficio di presidenza, il ministro Quagliariello e altri aderenti al Pdl non si adeguerebbero?”
E ancora: “Personalmente penso che le affermazioni di Quagliariello siano chiarissime, in sintonia perfetta con quanto affermato dal senatore Zanda il 2 ottobre, e costituiscono un nuovo forte elemento di divisione“.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 21st, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE LANCIA FITTO (UN CONDANNATO), LE ALTERNATIVE SONO SCHIFANI E ROMANI
Berlusconi non si arrende alla decadenza da senatore, punta i piedi e il governo di nuovo finisce
ostaggio e vittima della “trattativa”.
Per il Cavaliere ormai è una questione di vita o di morte, tanto che i falchi — silenziati per un po’ dopo la disfatta del 2 ottobre — sono tornati ieri alla carica contro l’esecutivo.
E ancora una volta il più falco di tutti è Berlusconi: «La finanziaria deve cambiare, la nuova Tarsi — fa filtrare da Arcore — è anche peggio dell’Imu. Così non possiamo votarla, nemmeno con la fiducia».
Una linea che scardina l’accordo faticosamente raggiunto tra il Pd e le colombe del Pdl e manda in fibrillazione l’esecutivo ancora prima che la manovra sia arrivata in Parlamento.
Eppure Berlusconi, almeno finchè non si arrivi al voto in aula sulla decadenza, ha bisogno di tutta la forza disponibile e di un partito unito.
Così, per congelare la guerra interna tra “lealisti” e “innovatori”, da un paio di giorni è iniziata a circolare un’ipotesi di riassetto dei poteri che metta pace tra le due fazioni.
Angelino Alfano, a patto di restare vicepremier e, soprattutto, effettivo numero due di Forza Italia (con poteri non ornamentali), avrebbe infatti espresso la sua disponibilità a dimettersi dal Viminale.
«Quella è una poltrona che scotta – riflette del resto un fedele alfaniano – e con la manifestazione di sabato per fortuna è andato tutto bene. Ma poteva anche andare diversamente: serve qualcuno che stia al ministero 24 ore su 24».
Se Alfano lasciasse, l’idea del Cavaliere sarebbe quella di una “staffetta” interna al Pdl, anche per dare rappresentanza a quella parte del partito cheora a livello ministeriale è del tutto scoperta.
Così un “lealista” o un mediatore andrebbe al ministero dell’Interno – magari Renato Schifani, oppure Paolo Romani visto che Raffaele Fitto ha una condanna in primo grado – e il cerchio sarebbe chiuso con il rientro della superberlusconiana Michaela Biancofiore come sottosegretario.
Una soluzione che si scontra tuttavia con la netta opposizione di Enrico Letta all’idea di mettere mano alla squadra di governo.
Il premier infatti teme che spostando anche solo una casella possa venire giù tutto. Già dentro Scelta Civica i parlamentari montiani, che sono in maggioranza, chiedono la testa del ministro Mario Mauro «perchè non ci rappresenta più».
Andare a toccare il Viminale per Letta, ma anche per Napolitano, sarebbe un volo senza paracadute.
Senza contare che lo scontro interno al Pdl è lungi dal trovare una soluzione concordata. Al momento i “lealisti” sono infatti all’offensiva su tutti i fronti, in particolare reclamano a gran voce che tutti i poteri vengano tolti ad Alfano e passati al Cavaliere.
«Noi – ha dichiarato ieri sera Raffaele Fitto a Che tempo che fa – abbiamo un obbligo morale che è quello di metterci intorno alla figura di Berlusconi e con lui ripartire. Lui deve riprendere in modo pieno il Pdl. Non immagino che Alfano non possa non condividere. Oggi la priorità è ridare l’idea unitaria di partito intorno al Cavaliere senza richieste personali».
E tuttavia Alfano ha già messo in chiaro con lo stesso Berlusconi che lui non intende fare alcun passo indietro o avallare alcun azzeramento di cariche senza garanzie sul futuro e sulla linea di sostegno pieno al governo.
La richiesta degli “innovatori” è quella di procedere con la nascita di Forza Italia tenendo Berlusconi come presidente (carica onoraria) e Alfano come vice (con le deleghe operative). Ma su questo è stallo totale, tanto che l’ufficio di presidenza che avrebbe dovuto dare il via libera al passaggio da Pdl a Forza Italia non è stato nemmeno convocato.
Non è chiaro come far fluire i finanziamenti pubblici, nè come avere certezze che il Ppe non sollevi obiezioni.
Anzi, persino su quale debba essere l’organismo deputato a sancire il “trapasso” del Pdl la nebbia resta fitta.
Gli esperti si sono infatti accorti che, da statuto, dovrebbe riunirsi il Consiglio nazionale.
Ma quell’organismo – costituito da centinaia di membri di diritto – è stato convocato talmente raramente che nessuno ha la certezza di cosa possa accadere una volta che sia chiamato a votare il passaggio da Pdl a Forza Italia.
Tanto più che una norma impone una maggioranza dei 2/3 dei consiglieri per le modifiche statutarie.
Un quorum che ormai nemmeno Berlusconi, a meno di un accordo interno fra le correnti, appare più in grado di raggiungere.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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