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MENTRE MOLTI ITALIANI SONO IN FILA ALLA CARITAS, LA LEGA A SASSUOLO SANZIONA CHI FA LA CARITA’

Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile

SARANNO “SEGNALATI” COME I PERICOLI PUBBLICI, ROBA DA RIDERE SE NON FOSSE TRAGICA-

A Sassuolo i cittadini che faranno la carità  su suolo pubblico finiranno in un apposito raccoglitore che archivierà  i nomi dei segnalati. “Cibo, denaro, generi alimentari e vestiario si potranno donare ma non per strada, non in piazza, non su un sagrato. Questo strumento migliora il clima di sicurezza ed era un obiettivo nel programma del sindaco”, afferma il consigliere Giovanni Gasparini della Lega di Sassuolo.
Un regolamento portato in Consiglio comunale in un momento in cui non solo si lotta ancora contro l’epidemia ma in cui molti cittadini si trovano in situazioni economiche complesse e il tema “povertà ” è quanto mai attuale.
In pratica, mentre il resto del paese pensa a come aiutare chi ha perso il lavoro, chi deve ripartire nell’incertezza, chi non ha risorse per pagare i debiti accumulati, a Sassuolo la Lega pensa a punire la carità .
Non è ben chiaro poi la questione “raccoglitore” o “registro informale” delle segnalazioni. In pratica, cittadini, vigili, forze dell’ordine, spie russe, il Mossad — non si è capito bene chi- potrà  segnalare al Comune quei delinquenti che offriranno un panino a un senzatetto sotto a un porticato.
“Non è una questione di pregiudizio nei confronti della persona che sta chiedendo la carità , ma la possibilità  che una persona possa essere in un modo o in un altro soggetta a contesti illegali”, spiega Gasparini.
In pratica, per dire che non è un pregiudizio, il buon Gasparini ha spiegato esattamente cosa sia un pregiudizio.
E ancora: “Un conto è la carità  consapevole, ma il gesto di carità  non può essere indiscriminato perchè può creare problemi alla sicurezza pubblica. Se ci sarà  una segnalazione, quella diventerà  magari un ammonimento, poi si valuterà  se la persona merita la sanzione, a discrezione”.
Cioè? Se al vigile sei simpatico o tifi Sassuolo una tirata d’orecchie, se tifi Modena 57 euro di multa?
Insomma, una di quelle trovate della Lega che trasudano arguzia ed empatia. Si spera solo che qualcuno, ignorando il nuovo regolamento, tenda la mano al sindaco leghista di Sassuolo Gianfrancesco Menani e gli regali un registro informale su cui appuntare tutte le assurdità  propagandistiche che partorisce la Lega, compresa questa.

(da TPI)

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NAPOLI, LA GENEROSITA’ DEL CALCIATORE GHOULAM: DISTRIBUISCE CIBO GRATIS A 1.400 IMMIGRATI

Maggio 3rd, 2020 Riccardo Fucile

IL TERZINO AZZURRO CON I SUOI VOLONTARI IN AZIONE IN PIAZZA GARIBALDI…FA BENEFICIENZA A FARI SPENTI, NESSUNA PUBBLICITA’

La ressa è evidente. E inizialmente c’è grande preoccupazione per il mancato distanziamento sociale. Sono in molti e la voce di cosa sta per accadere corre veloce così il il numero aumenta ancora. Sabato mattina, piazza Garibaldi.
È mezzogiorno. L’effetto è questo. La polizia interviene prontamente per organizzare una sorta di fila evitando così un assembramento preoccupante ai tempi del coronavirus. Missione compiuta. La distribuzione può finalmente cominciare e raggiungere il suo obiettivo: sostenere chi è in grave difficoltà .
Le persone aspettano per un motivo molto preciso. Alcuni volontari hanno generi alimentari da distribuire. Ci sono soprattutto immigrati, anche loro travolti dalla crisi per l’emergenza Covid 19. Il lavoro non c’è più, men che meno quello saltuario, e diventa difficile sbarcare il lunario. Un aiuto è necessario. La Ford Kia grigia ha il portabagagli pieno zeppo. Buste azzurre.
All’interno riso, pasta, caffè, riso, olio, legumi e passata di pomodoro. Prima è quasi un sussurro poi, rapidamente, diventa quasi un coro da stadio: «È la spesa di Ghoulam». Nel giro di qualche minuto diventa una certezza. Il terzino del Napoli è l’organizzatore di questo bel gesto proprio accanto alla Stazione Centrale. Qualcuno sostiene di averlo visto.
Il campione azzurro si occupa personalmente della consegna del cibo agli addetti dell’associazione “Dialogo, convivenza e pace” di Mohamed Hasayen, che poi si occupano di preparare i vari pacchi.
Il contenuto lo ha acquistato personalmente Ghoulam rivolgendosi ad alcuni grossisti: diverse tonnellate per chi ha difficoltà . Cappellino e mascherina, questa la divisa d’ordinanza. Zero voglia di farsi pubblicità .
Ghoulam è defilato e si preoccupa soltanto che tutto vada per il verso giusto. È stato lui ad organizzare questa raccolta e quindi decide di sovrintendere con la discrezione che da sempre lo caratterizza. Non si fa vedere, ma assiste alla distribuzione dei pacchi.
I numeri alla fine della giornata sono importanti: aiuti per ben 1400 famiglie. Tutto fila liscio soprattutto per la collaborazione della polizia che riesce a mettere ordine al caos iniziale, generato anche dall’angoscia di chi non ha i soldi per andare al supermercato.
Ghoulam non vuole neanche un grazie. La sua beneficenza, da sempre, è a fari spenti e quasi mai preferisce rivelare i suoi gesti di grande umanità . Lo aveva fatto già  martedì aiutando altre 600 persone. Il totale è duemila e Ghoulam non ha intenzione di fermarsi.
Appuntamenti spontanei e organizzati dove c’è maggiore necessità . Soprattutto nei confronti della comunità  africana, cui lui — francese di nascita ma fiero delle sue origini algerine — è sempre molto vicino. Ora più che mai.

(da La Repubblica)

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L’ALLARME DELLA CARITAS: RADDOPPIANO I NUOVI POVERI E I LORO BISOGNI

Maggio 2nd, 2020 Riccardo Fucile

CRESCE LA RICHIESTA DI GENERI DI PRIMA NECESSITA’ DA PARTE DI CHI SI RIVOLGE AI CENTRI DI ASCOLTO PER LA PRIMA VOLTA… TRA GLI OPERATORI DELLA CARITAS 10 MORTI E 42 CONTAGIATI

Il doppio delle persone in difficoltà  si rivolge per la prima volta ai centri della Caritas Italiana rispetto al periodo pre-emergenza.
Chiedono aiuto, ascolto, cibo, indicazioni per le mense, soldi per pagare le bollette l’affitto, chiedono indicazioni per le partiche di sostegno e per trovare lavoro.
Ma accanto a questi numeri inquietanti c’è anche il dato, positivo, che aumentano i volontari under 34 anni.
Sono alcuni dei dati dell’indagine, svolta attraverso un questionario destinato ai direttori/responsabili Caritas, con cui l’organizzazione pastorale della Cei (Conferenza episcopale italiana) ha cercato di tracciare il cambiamento nei bisogni dei nuovi poveri, le loro fragilità  e le richieste intercettate nei Centri di ascolto e/o servizi Caritas. Capire come come mutano gli interventi e le prassi operative sui territori; quale è l’impatto del Covid-19 sulla creazione di nuove categorie di poveri, ma anche su volontari e operatori.
I dati del primo monitoraggio si riferiscono a 101 Caritas diocesane, pari al 46% del totale. Fin dai primi giorni dell’emergenza Covid-19, l’organizzazione ha intensificato il contatto e il coordinamento di tutte le 218 Caritas diocesane in Italia, svolgendo un ruolo di collegamento, informazione, animazione e consulenza.
Grazie al suo essere radicata nel territorio e punto di riferimento per i più poveri, ha mantenuto la regia di quella cultura della prossimità  e della solidarietà  che da sempre promuove. Ed è proprio in questo quadro che   rientra la prima rilevazione nazionale che è stata condotta dal 9 al 24 aprile. Vediamola.
Si conferma, come anticipato nei giorni scorsi, il raddoppio delle persone che per la prima volta si rivolgono ai Centri di ascolto e ai servizi delle Caritas diocesane rispetto al periodo di pre-emergenza. Cresce la richiesta di beni di prima necessità , cibo, viveri e pasti a domicilio, empori solidali, mense, vestiario, ma anche la domanda di aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa. Nel contempo, aumenta il bisogno di ascolto, sostegno psicologico, di compagnia e di orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro.
Un dato confortante è il coinvolgimento della comunità  e l’attivazione solidale che nel 76,2% delle Caritas monitorate ha riguardato enti pubblici, enti privati o terzo settore, parrocchie, gruppi di volontariato, singoli. Un fiorire di iniziative percepito anche a livello nazionale.
A partire da Papa Francesco che ha donato 100 mila euro per un primo significativo soccorso in questa fase di emergenza, e dalla Conferenza episcopale italiana che ha messo a disposizione un contributo di 10 milioni di euro dai fondi dell’otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica.
A tutto questo si affianca la risposta alla campagna Caritas “Emergenza coronavirus: la concretezza della carità “, che ha raccolto finora più di 1,9 milioni di euro da parte di 3.760 offerenti. Oltre alle donazioni di singoli, si registrano quelle di aziende, imprese, comunità , parrocchie e altre Caritas nazionali.
Il monitoraggio svolto conferma che nel 59,4% delle Caritas sono aumentati i volontari giovani, under 34, impegnati nelle attività  e nei servizi, che hanno consentito di far fronte al calo degli over 65 rimasti inattivi per motivi precauzionali. Purtroppo 42 tra volontari e operatori sono risultati positivi al Covid19 in 22 Caritas diocesane e in 9 Caritas si sono registrati 10 decessi.
Di fronte al mutare dei bisogni e delle richieste, sono cambiati o si sono adattati anche i servizi e gli interventi, in particolare: i servizi di ascolto e accompagnamento telefonico con 22.700 contatti registrati o anche in presenza negli ospedali e nelle Rsa; la fornitura di pasti da asporto e consegne a domicilio a favore di più di 56.500 persone; la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di igienizzanti a circa 290.000 persone; le attività  di sostegno per nomadi, giostrai e circensi costretti alla stanzialità ; l’acquisto di farmaci e prodotti sanitari; la rimodulazione dei servizi per i senza dimora; i servizi di supporto psicologico; le iniziative di aiuto alle famiglie per smart working e didattica a distanza; gli interventi a sostegno delle piccole imprese; l’accompagnamento all’esperienza del lutto.
A tutto questo si aggiungono le strutture edilizie che le Diocesi hanno destinato a tre categorie di soggetti: medici e/o infermieri, persone in quarantena e persone senza dimora. Ad oggi sono 68 le strutture per quasi 1.450 posti messe a disposizione della Protezione civile e del Sistema Sanitario Nazionale da parte di 48 Diocesi in tutta Italia.
A queste si sommano altre 46 strutture, per oltre 1.100 posti in 34 Diocesi, disponibili per persone in quarantena e/o dimesse dagli ospedali e più di 64 strutture per oltre 1.200 posti in 42 diocesi per l’accoglienza aggiuntiva di persone senza dimora, oltre all’ospitalità  residenziale ordinaria. “È questo il volto bello e solidale dell’Italia che non si arrende. La concretezza della carità “, conclude la Caritas.

(da “La Repubblica”)

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LA FAME DI NAPOLI: LA FILA DEI POVERI VERI CHE CHIEDONO UN PASTO CALDO E’ IMPRESSIONANTE

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

LE IMMAGINI DELLA CODA ALLA MENSA DEI POVERI DEL CARMINE DIMOSTRA UNA COSA: CHE IL GOVERNO AVREBBE FATTO MEGLIO A SOSTENERE QUESTE STRUTTURE INVECE CHE SPUTTANARE QUATTRINI ELARGENDOLI A CHI HA 50.000 EURO IN BANCA

Mancano ormai pochissimi giorni alla Fase 2 di questa emergenza Coronavirus. Un primo tentativo di tornare alla normalità , un graduale allentamento delle misure anti-contagio, anche se siamo ancora lontani dal “liberi tutti” e se dovremo, probabilmente, affrontare la fase più dura della pandemia, ovvero il primo step della ripresa economica.
Una delle testimonianze più cruente della crisi arriva oggi da Napoli, precisamente dalla mensa dei poveri del Carmine, che sorge nella zona del porto.
Grazie alle fotografie scattate con l’ausilio di un drone da Fanpage.it, all’esterno della mensa è possibile vedere una fila quasi interminabile di persone che, pur rispettando il distanziamento sociale imposto per evitare al diffusione del Coronavirus, attende di ricevere un pasto caldo.
In fila indiana, sotto il sole di una giornata primaverile, con temperature anche abbastanza alte, le persone occupano la strada che porta all’ingresso della mensa, che si trova a un piano inferiore rispetto alla sede stradale, e risalgono fino a sopra, a creare una fila continua che ricorda il corpo di un serpente.
Anche se scattate dall’alto, la foto rimanda una calma e una dignità  sorprendenti. Immagini che si discostano con quelle che, appena qualche giorno fa, hanno fatto il giro dei media nazionali e che, a pochi chilometri di distanza, mostravano invece capannelli confusi di persone che passeggiavano o facevano jogging sul lungomare partenopeo.

(da Fanpage)

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IL CORONAVIRUS HA CREATO TRE MILIONI DI NUOVI POVERI

Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile

LO STUDIO DELLA FONDAZIONE CONSULENTI DEL LAVORO

Il Coronavirus ha creato tre milioni di nuovi poveri. Mentre lo stop alle aziende pesa di più su precari, giovani e part-time.
Un report della Fondazione Studi Consulenti del lavoro illustrato oggi da Isidoro Trovato sul Corriere della Sera spiega che si tratta dei dipendenti di aziende private, chiuse da oltre un mese e che hanno percepito l’ultimo stipendio all’inizio di marzo con la prospettiva di incassare il bonifico della cassa integrazione non prima di inizio maggio.
Si tratta di una fascia sociale che già  viveva con un reddito non inferiore ai mille euro e non inferiore ai 1250, che permette una vita dignitosa se arriva lo stipendio ma non permette di mantenere una famiglia per due mesi (marzo e aprile).
I primi pagamenti della Cassa Integrazione dovrebbero arrivare a maggio, perchè bisogna fare i conti con 25 procedure diverse (quelle delle Regioni e delle province autonome) visto che nemmeno stavolta si è approfittato dell’emergenza per creare un ammortizzatore unico e valido per tutti.
Spiega al quotidiano Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro
La situazione sociale in Italia intanto sta assumendo contorni sempre più critici. La platea di indigenti si è ampliata. I sussidi che in questi giorni l’Inps sta pagando agli autonomi non bastano. Difficile pensare che con 600 euro artigiani, commercianti, imprenditori possano far fronte ai costi aziendali fissi delle loro attività .
«Stiamo parlando di un segmento del Paese che vive dignitosamente di ciò che rimane loro dell’incasso giornaliero senza potere però accantonare. Quindi, ben vengano i 600 euro per poter sopravvivere in queste settimane. Ma il problema centrale di sistema rimane un altro»
Si riferisce a cosa ne sarà  di loro quando sarà  consentito di riaprire con le già  previste limitazioni?
«Esatto. Avranno di fronte intanto un mese di giugno carico di scadenze fiscali. E poi ci saranno i debiti accumulati in questi mesi da saldare. Avere creato presupposti per agevolare il credito è certamente meritorio; ora vedremo come reagirà  il sistema bancario che dovrà  essere più flessibile e disponibile in un momento come questo. Ma per risolvere i problemi degli imprenditori, bisognerebbe dotarli di un contributo a fondo perduto, che può arrivare solo dal contesto comunitario».
In questo contesto non è difficile capire che lo stop alle aziende pesa di più su precari, giovani e lavoratori part-time, come spiega oggi Valentina Conte su Repubblica segnalando come giovani, precari, operai, apprendisti, contrattisti a termine, part-time, stranieri siano le categorie più colpite dalla crisi
La presenza di queste categorie nei settori produttivi costretti allo stop per legge supera quella nei settori essenziali. Mentre il loro salario è di norma inferiore: in media di un terzo fino a meno della metà  nelle fasce a bassa retribuzione. Ecco che la pandemia rischia di travolgere proprio i lavoratori più fragili, con carriere frammentate. Di peggiorare le disuguaglianze e accrescere sia i working poor — i lavoratori poveri — che l’instabilità  occupazionale. Quanti tra questi conserveranno il posto nella fase due, quando si ripartirà ?Un’analisi della Direzione studi dell’Inps che usa i dati amministrativi relativi ai contratti — fonte Uniemens — dice che sulla carta — deroghe e smartworking esclusi — è fermo il 57% delle imprese, circa 912 mila, perchè non essenziali e il 48% dei lavoratori, poco più di 7 milioni.
In questo bacino si registrano le maggiori criticità . Non solo micro-durate nei contratti, ma buste paga molto leggere rispetto ai “colleghi” dei settori rimasti aperti: 13.716 euro medi annui contro 18.229 euro, un terzo in meno, e 26 settimane lavorate in media all’anno contro 32. Disparità  ancora più evidenti nel decimo percentile, ovvero il 10% dei lavoratori con paga più bassa.
Qui la differenza tra chi è in lockdown e un “essenziale” è tra 624 euro e 1.396 euro: meno della metà . In media, per questa fascia, un rapporto di lavoro dura 3 settimane nel settore chiuso contro le 5 dell’altro. In entrambi i casi la frammentazione della carriera è evidente, ma nel primo pesa ancor di più visto che quel lavoratore oggi è fermo.

(da agenzie)

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GENOVA, IN 500 ALLA MESSA PER RICORDARE I CLOCHARD MORTI PER IL FREDDO

Febbraio 23rd, 2020 Riccardo Fucile

SONO 120 GLI ESSERI UMANI MORTI NEGLI ANNI PER STRADA…LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO RICORDA QUALI SONO LE VERE EMERGENZE DEL NOSTRO PAESE

Circa cinquecento persone hanno preso parte alla messa in ricordo dei senza dimora che sono morti per la durezza della vita di strada.
La celebrazione si è tenuta stamani nella basilica dell’Annunziata: il mondo della solidarietà  e i tanti volontari che aiutano chi vive per strada, si sono stretti attorno a tanti senza dimora in occasione dell’anniversario della morte di Pietro Magliocco. Magliocco è una delle prime persone conosciute dalla Comunità  di Sant’Egidio durante il servizio serale a chi vive per strada.
Dormiva nella stazione ferroviaria di Sampierdarena: malato di polmonite, è morto la notte del suo ricovero in ospedale, l’11 febbraio 1993. Aveva 57 anni.
Con lui, sono state ricordate circa 120 persone morte negli anni per strada. Al termine della messa i senza dimora e i volontari di sono messi in fila per accendere una candela mentre venivano letti i nomi dei clochard morti negli ultimi anni come Nicholas, neonato rom morto bruciato nella roulotte dove dormiva.
“Il problema – ha spiegato Andrea Chiappori, responsabile della Comunità  di Sant’Egidio di Genova – sono le diseguaglianze profonde che incontriamo nella nostra citta’, per cui un senza dimora ha un’aspettativa di vita di meno di cinquant’anni. Esistono molte risposte necessarie, ciascuno si può impegnare in gesti e iniziative di solidarietà , ma noi crediamo che la prima risposta sia la creazione di legami di fraternità  e amicizia. Il ricordo e la preghiera sono parte di questa fraternita’ profonda”.

(da agenzie)

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L’UMANITA’ CHE NON C’E’ PIU’: A SIRACUSA HANNO DISTRUTTO “IL MURO DELLA GENTILEZZA” PER I CLOCHARD

Gennaio 21st, 2020 Riccardo Fucile

SERVIVA A DARE UN CONFORTO IN MANIERA ANONIMA AI SENZATETTO… QUESTA E’ LA SOCIETA’ DOVE SGUAZZANO I SOVRANISTI: L’ODIO VERSO I PIU’ POVERI

Il muro gentilezza era stata un’iniziativa della giunta civica di Siracusa. Si tratta di un’associazione apartitica che si occupa di tematiche sociali in città .
Il muro della gentilezza, un fenomeno che si sta diffondendo a macchia d’olio anche in altri luoghi d’Italia, rappresenta un modo anonimo di fare volontariato e di usufruirne. Si individua un punto preciso in città , si costruiscono degli appendiabiti e si lasciano degli indumenti a disposizione di chi ne ha bisogno.
Due giorni fa, immediatamente dopo l’inaugurazione di questo luogo e il lancio dell’iniziativa, la giunta civica di Siracusa ha trovato questa brutta sorpresa: il muro della gentilezza era stato distrutto e gli indumenti che vi erano appesi sono stati ritrovati a terra.
La segnalazione di un cittadino, che era passato da corso Umberto (luogo scelto dall’associazione per mettere in piedi la piccola struttura), ha portato i responsabili a conoscenza di quanto accaduto.
La segnalazione pervenuta stamani dal cittadino Giuseppe Giganti, che si era recato sul posto per la donazione di alcuni suoi indumenti al Muro — ha scritto sui social network Damiano De Simone, uno dei responsabili della giunta civica -. A nome della Giunta Civica esprimo disgusto e tristezza, perchè intimidazioni di questo tipo fanno comprendere quanto ancora ci sia da lavorare sulla crescita interiore di alcuni individui, prima di considerarsi cittadini. Gli autori sappiano che con questo gesto non hanno colpito la Consulta Civica, ma tutte quelle persone che ogni giorno vivono all’acqua e al vento. Non ci fermeremo mai, annuncio nuova installazione il prima possibile».
Cronache di un’Italia che ha perso l’umanità  e che, in nome di un qualche interesse personale, di un qualche presunto screzio, di una corsa al ‘decoro urbano’, magari, non risparmia nemmeno le persone meno fortunate e chi cerca di dare loro una mano.

(da agenzie)

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MORIRE DA SENZA CASA: A ROMA SI MUORE DI FREDDO, MAI SPESI TRE MILIONI DI EURO DESTINATI A DARE UNA CASA AI SENZATETTO

Gennaio 14th, 2020 Riccardo Fucile

L’EMERGENZA FREDDO NELLA CAPITALE COINVOLGE 5.000 PERSONE… ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO E MUNICIPI FANNO DA SOLI

Ogni anno con l’arrivo dell’inverno nella capitale scatta “l’emergenza freddo” per le circa 8mila persone che vivono in strada. Da fine dicembre Roma conta già  due decessi di persone senza fissa dimora.
Roma Capitale ha a disposizione risorse per circa 13 milioni di euro per servizi e infrastrutture per l’inclusione sociale, due dei 5 assi tematici previsti dal programma PON Metro, con un budget complessivo di quasi 38 milioni di euro, di fondi strutturali europei.
Secondo il cronoprogramma dei progetti finanziati in questi ambiti — tra cui “interventi innovativi per l’abitare”, la creazione di un “ufficio housing”, una “rete sociale dei municipi”, il superamento dei campi rom, “interventi innovativi per le persone senza dimora” e “reti di comunità  e di innovazione sociale nei municipi” — nel 2019 si sarebbero dovuti spendere circa 3 milioni di euro.
Ma secondo i dati riportati sul sito dedicato, aggiornati ad agosto 2019, sono stati spesi 245mila euro per l’inclusione di rom, e 164mila per “interventi innovativi per le persone senza fissa dimora”, ovvero case.
A settembre 2018 era stata indetta una gara europea per l’avvio di in “condominio sociale” e appartamenti housing first, aggiudicata a giugno 2019, i progetti non sono mai partiti, e sarebbero stati comunque temporanei.
Nel frattempo, a marzo 2019, è partita una nuova gara, per “la definizione del Sistema di Accoglienza in favore di adulti in condizione di marginalità  estrema Annualità  2019 — 2023”, per quasi 14 milioni di euro. Tra i 7 servizi oggetto del bando, ancora il “condominio solidale” e gli appartamenti housing first. La strategia cittadina per l’inclusione abitativa dei senza dimora si avvale anche dei fondi europei PON Inclusione e FEAD: ma su 3 milioni di euro disponibili per questi servizi i pagamenti effettuati risultano pari a zero.
Così anche quest’anno il normale freddo invernale è diventato un’ emergenza per chi è costretto a vivere in strada. Il piano freddo del Comune di Roma è partito a metà  dicembre — dopo l’avvio del piano freddo diocesano della Caritas — con l’aggiunta di 450 posti ai circa mille disponibili per l’accoglienza notturna nei 7 centri ordinari, con una spesa di oltre 1 milione e 100 mila euro.
Ci sono poi «ulteriori 20 posti, ampliabili a 35, presso la Stazione Termini e altri 35 presso la Stazione Tiburtina» ha informato la Sindaca il 5 gennaio. Si tratta di brandine che devono essere liberate entro 5 del mattino, allestite in strutture inadeguate, dove la luce resta accesa tutta la notte e gli unici bagni a disposizione sono quelli chimici. Altri 150 posti sarebbero in corso di attivazione.
«Una goccia nell’oceano» commenta Alberto Campailla dell’associazione Nonna Roma che ha attivato il 3 gennaio una raccolta straordinaria di indumenti, perchè, si legge nell’evento Facebook, «non possiamo rimanere a guardare».
Aspettando l’avvio dei progetti di Roma Capitale, cittadini e municipi fanno da sè. Una rete di associazioni, spazi sociali e cittadini si è attivata per una raccolta straordinaria di beni e indumenti denunciando, al tempo stesso, la «sistematica incapacità  del Comune di Roma di sostenere i suoi cittadini più fragili».
Nonna Roma ha avviato diversi progetti contro la povertà  tra cui un banco alimentare, un dopo scuola e servizi culturali, per favorire percorsi di costruzione di autonomia. «È la prima volta che ci dedichiamo al supporto delle persone senza tetto, riteniamo che sia un terreno importante di lavoro, perchè l’approccio assistenziale non basta».
Sette le realtà  che hanno risposto all’appello: Sparwasser, il circolo Arci Pietralata, Csa Astra, via Zabaglia, il circolo Arci Pianeta sonoro, Lsa 100 celle, gli studenti del De Lollis Undergound. «È andata molto bene, stiamo continuando a ricevere adesioni, è nata una rete solidale. Abbiamo raccolto coperte, sacchi a pelo, sciarpe, cappelli, calzettoni. 35 volontari hanno partecipato alla prima distribuzione, organizzata con la Comunità  di Sant’Egidio, con 8 automobili, un’ambulanza e un furgone». Un momento che è stato anche utile per conoscere sul capo la situazione. Tra le persone incontrate per strada «molti sono italiani, anziani, molti soffrono di disagi psichici. Ci sono anche molti giovani migranti, soprattutto nordafricani, fuoriusciti dai circuiti ufficiali dell’accoglienza, e molti dell’est Europa».
L’unica vera soluzione è la casa, «anche per brevi periodi, perchè interrompe un ciclo: metà  di coloro che usufruisce di una casa non torna in strada» dice Campailla.
Il tema della casa è enorme e non riguarda solo chi non ce l’ha. «Per esempio sono molti i padri separati che, pur lavorando, non riescono a pagare un affitto, e il mercato del lavoro non fornisce le garanzie richieste dai proprietari. Il buono casa del Comune di Roma, di cui potrebbero usufruire anche le famiglie sgomberate dall’occupazione di via Cardinal Capranica — finite in un centro di accoglienza — non funziona perchè non si trovano case in affitto».
Per superare il carattere emergenziale dei servizi previsti dal piano freddo, il III Municipio ha tenuto aperta, con fondi propri, una struttura per persone senza fissa dimora in via Ottorino Gentiloni, dopo la fine del piano a marzo 2019. «Era impensabile gettare per strada le persone accolte» dice l’assessore alle politiche sociali del municipio, Maria Concetta Romano.
«Il centro è stato concesso in comodato d’suo da Farmacap e lo abbiamo affidato tramite bando alla cooperativa Ambiente e Lavoro, che a sua volta lo ha tenuto aperto gratuitamente anche nei mesi estivi per dare continuità  ai percorsi di reinserimento avviati».
Gli utenti sono assistiti per l’accesso a contributi, misure di sostegno e progetti di reinserimento sociale e lavorativo. Il Centro, che può ospitare fino a 25 persone, è aperto dalle 18.30 alle 9 del mattino, garantisce la cena e la colazione, servizi igienici, una lavanderia, un cambio vestiti, un servizio di trasporto a due punti di ritrovo nel municipio, un deposito per i beni personali, ma anche una biblioteca. «Puntiamo a farlo diventare un centro permanente aperto al territorio, come centro diurno anche per anziani soli, con l’avvio di laboratori e un presidio medico aperto a tutti» racconta l’Assessore. Nel terzo Municipio è attivo anche un emporio solidale, dove si può fare la spesa con una tessera, ed è in partenza un progetto co-housing.
Diversa la situazione nel VII Municipio. «Nel nostro municipio non esiste più nessuna struttura di ricovero e da diversi anni ha chiuso anche il servizio Kaspar Hauser al Quadraro che si rivolgeva proprio ai senza tetto» scrive la rete Cinecittà  Bene Comune, che ieri ha denunciato il taglio dei servizi e l’abbandono del patrimonio pubblico che potrebbe invece servire a sostenere le persone più più fragili. «Un anno fa chiudeva in via Sestili 7, sempre al Quadraro, un servizio pubblico importante, il centro diurno e notturno La Tartaruga del Serd» prosegue la nota. Anche nel quartiere Don Bosco si contano numerosi spazi pubblici inutilizzati che potrebbero servire al rilancio di servizi e lavoro. Per questo la rete chiede alle istituzioni Regione, Comune e Municipio di aprire un tavolo di discussione sul futuro di questi locali di proprietà  comunale.

(da Fanpage)

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LA POVERTA’ ASSOLUTA COLPISCE SEMPRE DI PIU’ LE FAMIGLIE GIOVANI, AUMENTA IL DIVARIO CON LE ALTRE GENERAZIONI

Gennaio 7th, 2020 Riccardo Fucile

IL 16% DEI NUCLEI FAMILIARI GIOVANI SI TROVA IN POVERTA’ ASSOLUTA, IN DUE ANNI LA PERCENTUALE E’ SALITA DI TRE PUNTI

Le famiglie giovani sono sempre più povere. In seguito alla crisi economica la povertà  è aumentata, colpendo specialmente le fasce più giovani della popolazione. I nuclei familiari composti da persone giovani sono sempre più esposti alla povertà  assoluta, e allo stesso tempo cresce sempre di più il divario economico rispetto ad altre generazioni.
Lo rivela un report di Openpolis che, prendendo in esame alcuni dati Istat, lancia l’allarme contro il disagio delle famiglie giovani e una sua preoccupante conseguenza: il calo demografico.
Lo studio sottolinea come le maggiori difficoltà  economiche siano da ritrovarsi nelle famiglie giovani con figli, per cui l’incidenza della povertà  assoluta continua ad aumentare. “Una famiglia si trova in povertà  assoluta quando non può permettersi le spese essenziali per condurre uno standard di vita minimamente accettabile”, si legge nel report: questa condizione non solo si mostra in aumento tra il 2017 e il 2018, ma rispecchia anche un indice che cambia molto a seconda delle fasce d’età  di riferimento nella popolazione.
Il 16% delle famiglie giovani in povertà  assoluta
Il dato è allarmante: il 16% delle famiglie con almeno un figlio minore e la persona di riferimento tra i 18 e i 34 anni, quindi almeno un genitore giovane, si trova in povertà  assoluta. Rispetto al 2017, l’anno scorso si è registrato un aumento di quasi tre punti percentuali (precisamente +2,7%) delle giovani famiglie in condizione di forte disagio economico. Un aumento così importante non si trova, tuttavia, nelle altre fasce della popolazione: “Tra le famiglie con figli minori e persona di riferimento tra 45 e 54 anni l’incidenza della povertà  assoluta è stabile attorno al 9%, mentre cala la quota di famiglie con figli in povertà  se la persona di riferimento ha più di 54 anni, dall’qq,2 all’8,7%”, si legge nel report
L’incidenza della povertà  assoluta è aumentata anche per la fascia centrale di popolazione, tra i 34 e i 44 anni, ma non in modo così evidente: è infatti cresciuta di un punto percentuale passando dall’11% al 12%.
Si potrà  quindi notare che più il nucleo familiare è composto da persone giovani, più aumenta il rischio per questo di essere esposto alla povertà  assoluta. “Se nel 2017 le famiglie più giovani si trovavano in maggiore difficoltà , nell’anno successivo il divario con le altre tipologie familiari sembra essere addirittura aumentato”, afferma lo studio, che sottolinea inoltre come le differenze economiche generazionali fossero molto più contenute negli anni 2000.
Calo demografico e divario geografico
Il report quindi avverte: “Questa tendenza è particolarmente negativa per le prospettive del Paese: se le famiglie giovani si trovano più spesso in povertà  alla nascita di un figlio, la conseguenza diventa il rinvio delle nascite con effetti diretti sul calo demografico”. Il problema principale dell’aumento della povertà  assoluta nelle famiglie giovani è quindi legato al crollo demografico, uno dei problemi principali del nostro Paese. “Un’emergenza assolutamente prioritaria in un Paese che è secondo in Europa per calo delle nascite e ultimo per tasso di natalità “, si legge ancora.
Ma dove si trova la maggioranza delle giovani famiglie in povertà  assoluta? Anche in questo caso si fa sentire il divario tra Nord e Sud del Paese: infatti, la maggioranza di questi nuclei si trova in Sicilia, Campania e Calabria. I territori dove sono più presenti famiglie giovani con figli, che sono appunto la categoria più esposta a un forte disagio economico, si trovano tutti nel Mezzogiorno.

(da Fanpage)

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