Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
LE PERSONE VERAMENTE IN DIFFICOLTA’ VANNO AIUTATE, NON DENUNCIATE
Un uomo ha tentato di rubare del pane al Carrefour di Corso Lodi a Milano, ma è stato intercettato da alcuni dipendenti che hanno avvisato il direttore. Il quale si è offerto di pagare la spesa: “Se hai fame la prossima volta vieni da me, non rubare”.
L’episodio è stato riportato su Facebook da una donna che ha assistito alla scena.
Nello stesso supermercato, nei mesi di marzo e aprile, si erano verificate scene simili e anche in quei casi le persone in difficoltà erano state aiutate e non denunciate. “Complimenti al direttore” scrivono su facebook, “per fortuna al mondo esistono ancora i giusti”.
(da agenzie)
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Ottobre 17th, 2020 Riccardo Fucile
LA STORIA DI MILOS, 14 ANNI, CHE VIVE AL QUARTICCIOLO
In un periodo in cui a Roma è cominciata la campagna elettorale per la poltrona di sindaco (con un grottesco campionario di candidati che vanno da Vittorio Sgarbi a Massimo Giletti), a Propaganda Live Diego Bianchi mostra la storia di Milos, 14 anni, la cui vicenda era già finita sulle pagine de L’Espresso.
Milos ha 14 anni, vive al Quarticciolo da tutta la vita. Forte accento romanesco, Milos è nato ed è cresciuto in Italia. Ma italiano non è. E non esserlo, non gli consente di portare la sua passione, la boxe, a un livello professionistico. Milos è uno dei campioni della palestra popolare del Quarticciolo, cui Zoro ha dedicato il racconto della settimana: una palestra che si è ritagliata uno spazio, sgominando contro le ingiustizie che incacreniscono le periferie della Capitale, salvando molti ragazzi come Milos da un sicuro futuro in strada, forse da spacciatore. Perchè, come spiega un altro ragazzo, il criminale lo fai se non hai nulla da perdere. La palestra ha dato loro qualcosa da perdere, una comunità , il valore dell’aiuto agli altri.
Ma la storia di Milos, come spiega la giornalista de La Stampa Francesca Schianchi, è un concentrato di ingiustizie: il ragazzo risulta positivo al Covid-19, è costretto alla quarantena insieme a tutta la sua famiglia. Cinque persone costrette in 27 metri quadri. Milos dorme in cucina con il fratello, fanno a turni per l’unico materasso disponibile. L’altro dorme per terra. Milos trascorre le sue giornate a letto, “ho messo sette chili” racconta a Zoro in un video da lui inviato, “voglio combattere, non ce la faccio più”. Poi arriva finalmente il giorno del tampone, ma sorge un altro problema: la famiglia di Milos non ha la macchina. Come recarsi al drive-in
Coi mezzi, incredibilmente: Milos si alza alle 4, prende il tram alle 5 per evitare di incontrare gente, lui che è ancora un potenziale positivo. Nel tram qualcuno c’è, Milos si tiene a distanza. Ma sta violando la legge, e lo sa, ma non ha altra scelta. Perchè l’Italia è un paese che detta le leggi ma non mette i suoi abitanti più fragili, più poveri e in difficoltà nelle condizioni di rispettarla. Anzi, nel caso di Milos, non li considera nemmeno suoi abitanti.
Milos ha fatto il tampone, aspetta lunedì il risultato. Zoro, in studio, si augura che la sua storia possa finire bene. E auspica che il futuro sindaco di Roma, anzichè fare i proclami su twitter, riparta da storie come questa.
(da Globalist)
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Ottobre 17th, 2020 Riccardo Fucile
LA PANDEMIA HA CREATO OLTRE UN MILIONE DI NUOVI POVERI… LE STORIE SI ANNA, DIEGO E CRISTIANA, IN FILA PER POTER MANGIARE
Sono quasi tutti italiani, hanno un’età compresa tra i trenta e gli ottant’anni, vengono dalle periferie della Capitale. Colle Prenestino, Ostia, Laurentino 38, Stazione Tiburtina, la strada.
La vita per molti era complessa già prima della pandemia. Ora è muoversi al buio, scoprire cos’è la fame. Sono in fila davanti alla sede della Croce Rossa. Il giovedì alle 13 è giorno di consegna: pacchi alimentari e buoni spesa. Latte a lunga conservazione, marmellate, qualche scatoletta. In molti non avevano mai chiesto aiuti prima d’ora. Prima che Covid polverizzasse il lavoro, innescando una spirale di debiti e rinunce.
Anna ha 60 anni, vive a Colle Prenestino e ha due figli adolescenti. “Faccio la collaboratrice domestica, ovviamente in nero. Prima di marzo lavoravo per quattro famiglie. Nel periodo del lockdown non ho lavorato per niente, e lo capisco… le diffidenze, le paure. Dalla riapertura sono riuscita a rientrare in un’unica famiglia: le altre, alcune danneggiate a loro volta dalla crisi, hanno tagliato tutto ciò che non era essenziale, inclusa me. Non mi sono mai trovata nelle condizioni di dover chiedere aiuto. Prima non facevo lussi, però avevo a sufficienza per vivere dignitosamente. Ora sono qui, in fila per un pacco alimentare, dopo aver avuto aiuti da parenti e amici”.
Anna è diplomata, parla un italiano invidiabile. La sua priorità è far studiare i figli, pur tra mille sacrifici. “Per ricevere il buono libri, dovevi prima acquistarli tutti – una spesa di quasi 400 euro — per poi chiedere un rimborso massimo di 90. Ovviamente non avevo tutti quei soldi da anticipare, mi sono arrangiata con qualche libro usato. Come tutti gli adolescenti, anche i miei figli vorrebbero scarpe nuove, vestiti… ma hanno imparato ad accontentarsi con il minimo indispensabile. La vita è cambiata nei suoi aspetti più basilari: prima in tavola ogni tanto il pesce ci arrivava, ora non più. Quando faccio la spesa soppeso ogni centesimo, il cuore si stringe sempre di più”.
Dopo di lei in fila c’è Diego, 41 anni, romano de Roma, occhi da buono. Negli ultimi mesi vive per strada, un po’ dove capita, ma soprattutto a Tiburtina: “lì la sera, grazie all’intervento di due-tre parrocchie, un panino si rimedia sempre”.
“Ad agosto mancava anche quello, così mi sono messo insieme ad altri ragazzi a dare una mano a chi stava peggio. Ora sto andando avanti grazie alla Croce Rossa, forse tra un paio di settimane avrò una sistemazione. Da quando la mia azienda mi ha licenziato, anni fa, ho fatto tanti lavori, tutti saltuari; ho provato ad aggiornarmi su internet, ho le patenti. Ora con questa pandemia l’idea di un lavoro vero mi sembra un miraggio”.
Cristiana ha fretta: deve scappare dal marito, ricoverato al San Camillo per un intervento chirurgico. Con i loro tre figli vivono a Laurentino 38. “La mia vita è peggiorata tantissimo col Covid, il fronte economico è un disastro. Faccio le pulizie, mi hanno messo in cassa integrazione ma i soldi non arrivavano mai e così siamo entrati in un circolo vizioso: bollette accumulate, affitti non pagati, mio marito che non lavora in regola… siamo andati in sofferenza. Uno dei miei figli lavora, ringraziando Dio, nel settore alimentare: è l’unico che non si è fermato. Ci ha dato una mano lui, cosa che mai avrei voluto. Oggi siamo qui, a chiedere un aiuto umanitario alla Croce Rossa. Ormai non si dorme più”.
Mentre parliamo continua il via vai di gente: un ragazzo in tuta – si mette in tasca il buono spesa e vola a prendere i gemelli a scuola. Una coppia si tiene sottobraccio, la prossima tappa sarà il Centro di igiene mentale, dove lei è in cura. Facce stanche o arrabbiate, o solo molto preoccupate.
Paola, volontaria della Croce Rossa di Roma da 6 anni, è stata testimone negli ultimi mesi di quella che l’Istat ha definito “un’ondata di povertà senza precedenti”: nel suo rapporto di luglio 2020, l’Istituto nazionale di statistica stima che la crisi legata al Covid abbia generato oltre un milione di “nuovi poveri”, persone che hanno bisogno di aiuto anche per mangiare.
Nel 2019 vivevano in povertà assoluta 4,6 milioni di persone; altri 8,8 milioni erano nel limbo della povertà relativa. Sono loro a scivolare sempre più giù. “Appena è cominciato il lockdown abbiamo attivato su Roma un servizio di consegna a domicilio di spesa e farmaci, rivolto alle persone anziane e immunodepresse. Dopo appena una settimana abbiamo iniziato a ricevere richieste di pacchi alimentari in quantità nettamente superiori rispetto al solito. Prima del Covid i nostri Comitati locali davano un aiuto ad alcune famiglie in difficoltà , magari su segnalazione dei Servizi sociali, ma non c’era una vera emergenza alimentare a Roma. Era più un aiuto, un sostegno… Con l’arrivo del virus siamo stati sommersi dalle richieste”.
Alle vecchie povertà si sono unite nuove povertà da Covid, che continuano ad aumentare col passare dei mesi. Sono persone che ieri avevano un lavoro, per lo più in nero, oggi non ce l’hanno più, o sono state messe in cassa integrazione e non hanno mai visto un euro: è un esercito che continua ad aumentare, di settimana in settimana. “Sono preoccupata per l’onda d’urto: se ci saranno nuove chiusure, il problema si moltiplicherà ”, prosegue Paola. “All’inizio di questa estate ho parlato con diverse persone che mi dicevano ‘Sai, ho ancora la macchina, se continua così me la vendo’… Ormai la macchina se la sono venduta, il piano B è andato”.
Tra marzo e luglio, la CRI ha aiutato circa 200mila persone con aiuti alimentari e consegna di farmaci. “Qui cerchiamo di dare la nostra goccia nel mare. A Roma abbiamo distribuito circa 14mila buoni spesa, purtroppo anche questo strumento sta per finire”.
Rosa ha 81 anni e viene da Ostia, anche per lei è il primo giorno di ritiro alla Croce Rossa. “Personalmente sto col sedere per terra. Ho lavorato fino a un po’ di tempo fa, ora non posso più perchè sono piena di reumatismi. Mio marito mi ha lasciato in mezzo a una strada tanto tempo fa, lasciandomi con cinque figli, di cui una è morta a trent’anni. Ho cresciuto io la sua bambina malata di Aids, mi chiamavano ‘Nonna Coraggio’. Sono stata accanto a lei fino all’ultimo mentre era ricoverata al Gemelli. Tutti mi promettevano aiuti, poi quando è morta si sono dimenticati di me”.
“In casa mia non lavora nessuno. Questo è mio figlio, uscito da poco dal carcere”, continua Rosa indicando l’uomo smilzo che le sta accanto, un centimetro di pelle scoperta tra il cappello e la mascherina chirurgica. Prima della pandemia qualche lavoretto si arrabattava, ora è il deserto. “Così l’altro giorno ho chiamato la Croce Rossa per chiedere un aiuto. I soldi per arrivare con il treno da Ostia me li ha dati una conoscente. La forza per andare avanti me la dà la mia famiglia, pur con tutte le difficoltà . 24, tra nipoti e pronipoti: è per loro che ho paura”.
Francesco è un bel ragazzo, ascolta il racconto di Rosa e ha voglia di parlare. “Come ho vissuto la prima ondata? Più di tanto non posso dire… sono uscito 20 giorni fa dal carcere, dopo esserci stato tanti anni. Se non altro sono nuovo a ‘sta pandemia. Non credo a niente, tanto meno allo Stato. Secondo me sono tutte bugie. Ho qui su Facebook un video dell’infettivologo virale dello Spallanzani: dice che non è niente sto virus. Se cercherò un lavoro? Certo, ci proverò… ma ormai so’ segnato, e poi guarda che schifo che c’è fuori”
Anna lo guarda, scuotendo la testa. I suoi figli adolescenti sono a scuola, non sanno che lei è qui ad aspettare il pacco. Ha più paura del Covid o della crisi economica? “Della crisi economica, sicuramente. Temo molto una chiusura totale, sono terrorizzata. Non ho mai sottovalutato il virus, anzi. Credo sia necessario fare attenzione, seguire le direttive, adottare tutte le precauzioni. Ma spero anche che, rispetto alla prima ondata, il nostro sistema sanitario sia un po’ più preparato a gestire la situazione. Servono aiuti più mirati a chi è in difficoltà , o presto si morirà per povertà : la povertà quella vera, i fallimenti, le preoccupazioni che tolgono il sonno”. Anche lei, come Cristiana, non dorme più da un pezzo.
(da “Huffingotonpost”)
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Luglio 4th, 2020 Riccardo Fucile
“NESSUNO SI SALVA DA SOLO, CHI PUO’, DONI”
“Pochi giorni fa ho ricevuto il messaggio di una signora. Mi raccontava di aver dovuto dire al figlio che, a causa della crisi portata dal Covid, avrebbero dovuto rinunciare ad alcune cose, alle spese superflue. Il piccolo le ha detto ‘mamma, ma siamo diventati poveri? Ma almeno un gelato possiamo permettercelo?’. Lei non ha pianto solo perchè era davanti al bambino”.
La lettera cui Padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, fa riferimento parlando con HuffPost è solo una delle “migliaia e migliaia” di messaggi che arrivano ai frati di Assisi in queste ultime settimane.
Sono gli appelli di persone in difficoltà , che chiedono aiuto e conforto.
A loro, i frati rispondono con un sostegno economico quando possono, o indirizzandoli verso le istituzioni che possono dare loro una mano.
Ed è proprio a chi sta avendo problemi a causa della crisi portata dal Coronavirus che saranno destinati i fondi raccolti con la maratona di solidarietà “Con il cuore, nel nome di Francesco 2020″, iniziata il 9 giugno con un evento televisivo che sarà trasmesso in replica il 5 luglio su Rai 1, che finirà il 15 luglio.
Il presente fa paura, se si pensa a quanto sono aumentate le persone in difficoltà . Ma è anche al futuro che bisogna pensare per ricostruire. E anche di questo si è parlato ieri in un incontro tra il presidente del Consiglio, i Frati di Assisi e la fondazione Symbola di Ermete Realacci.
Padre Enzo, ieri anche lei era presenta all’incontro con Giuseppe Conte. Cosa è emerso?
La necessità di un processo coraggioso di semplificazione e sburocratizzazione. Alla luce delle iniziative fatte sul Manifesto di Assisi – che hanno visto come partner soggetti che vanno da Confindustria a Francesco Starace (l’ad di Enel, ndr), dalle realtà religiose a quelle dei coltivatori, fino alle tante persone di buona volontà che hanno deciso di aderire – abbiamo sottolineato come l’Italia abbia bisogno di recuperare due cose: fiducia e speranza. Ma non solo: se non si procede sulla strada dello sfoltimento della burocrazia, il paese ne pagherà conseguenze amarissime.
Il coronavirus ha avuto effetti devastanti per l’economia. I dati Istat di oggi ci dicono che la crisi sanitaria ha inasprito le diseguaglianze sociali. Cosa ne pensa?
Il divario profondo che si sta creando tra le persone ci preoccupa molto, pur senza scoraggiarci. Siamo di fronte a una povertà crescente, che riguarda le famiglie e che va combattuta. Anche per questo stiamo conducendo, e lo faremo fino al 15 luglio, una maratona di solidarietà , “Con il cuore, nel nome di Francesco”. Abbiamo sempre in mente una frase di San Giuseppe Moscati. Da medico, lavorava nei quartieri poveri di Napoli, aveva sempre un berretto sulla scrivania, con accanto un cartello e la scritta: “Chi ha metta, chi non ha prenda”. Questo è il messaggio che vogliamo lanciare: le persone che hanno disponibilità sono chiamate a donare, quelle che hanno bisogno non devono avere paura di chiedere.
Voi ricevete richieste di aiuto?
Ci arrivano migliaia e migliaia di lettere e messaggi, al punto che abbiamo dovuto creare una squadra che se ne occupi. Ho appena letto l’ultimo: è di una signora che ci ha mandato le bollette della luce e del gas. Non ha soldi per pagarle.
Cosa altro vi chiedono le persone?
L’altro giorno ho ricevuto una lettera di una mamma disperata: non riusciva più a pagare il mutuo perchè i suoi figli non lavoravano più e le stavano pignorando la casa. In questi casi, laddove non possiamo intervenire direttamente noi, cerchiamo di suggerire le istituzioni a cui rivolgersi. E sono contento di aver parlato, non molti giorni fa, con il presidente della Federazione Autonoma Bancari Italiani. Ci ha detto di segnalargli i casi di persone in difficoltà con il mutuo, in modo che loro possano vedere nel giro di pochi giorni se riescono a intervenire per aiutarli.
Il mutuo, le bollette, spese che forse questi nuclei familiari prima del coronavirus riuscivano ad affrontare senza particolari difficoltà . Sono loro i nuovi poveri?
Si tratta di persone che prima, sostanzialmente, stavano bene. Alcune fette del mondo degli autonomi, per esempio. Loro stanno pagando un pezzo altissimo. Sempre per fare riferimento alle lettere che ricevo, l’altro giorno una mamma mi raccontava di aver dovuto dire al figlio alle spese superflue. Il piccolo le ha detto ‘mamma, ma siamo diventati poveri? Ma almeno un gelato possiamo permettercelo?’. Lei non ha pianto solo perchè era davanti al bambino. Ho ricevuto poi un messaggio di due ragazzi, che avevano programmato di sposarsi a ottobre, perchè essendo entrambi lavoratori stagionali contavano sui guadagni estivi. Ma questi ultimi sono saltati. O, ancora, una signora mi raccontava dell’inquietudine per la cassa integrazione che ancora non le arrivava: “Non mi spaventa la povertà , mi spaventa la precarietà ”, mi ha detto. Insomma, come vede, a scriverci è la carne viva del Paese.
Voi distribuite anche cibo a chi ne ha bisogno. Sono aumentati gli accessi alle mense francescane?
In maniera vertiginosa, del 90%. Ci sono persone che arrivano a testa bassa, per non farsi riconoscere. Entrano e prendono il pacco spesa, che riusciamo a fornire anche grazie ad alcune aziende che ci stanno aiutando.
Il rischio è che, in assenza di liquidità , le persone si rivolgano alla criminalità , agli usurai.
Già , e proprio per questo noi stiamo chiedendo – quasi gridando – alle persone di non andare dagli usurai. Di avere il coraggio di bussare alle nostre porte e a quelle delle istituzioni. E gli usurai sappiano che chi approfitta della fragilità delle persone, dovrà poi fare i conti con la legge e con la propria coscienza. Anche Papa Francesco ha lanciato loro un appello, ad aprile, per invitarli alla conversione.
La fase più difficile dell’epidemia sembra essere passata, ma adesso c’è una società da ricostruire. Da dove partire?
Io credo che ci sia una frase che debba guidarci in questa strada: “Nessuno si salva da solo”. La crisi deve essere poi un momento per ripensarci e per ripensare un’economia che non uccida l’uomo. Un’economia che non vada verso il pauperismo, ma verso la solidarietà . Stiamo imparando, credo, ad andare verso l’essenziale, a non essere affogati nelle cose superflue. Quanto agli altri elementi, mi vengono in mente le parole che Papa Francesco ha pronunciato in piazza San Pietro, nel pieno della pandemia: “Pensavamo di essere sani in un mondo malato”. Ecco, ci pensavamo onnipotenti e ci siamo scoperti fragili. Non sani, ma feriti. E un po’ ammalati. Penso, quindi, che per ripartire bisogna denunciare le ingiustizie sociali, riscoprire il rispetto del creato. Della bellezza, della fraternità , della solidarietà .
Concetti, questi, che in qualche modo dovrebbero essere tradotti in provvedimenti delle istituzioni?
Certo. Io credo che il legislatore e il governante dovrebbero fare riferimento proprio a quella prospettiva cui facevamo riferimento prima. Perchè, altrimenti, il rischio è di fare tante cose, ma senza una visione del mondo.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 1st, 2020 Riccardo Fucile
INCREMENTATO ANCHE L’ACQUISTO DI FARMACI
Durante l’emergenza Covid Caritas ha assistito quasi 450.000 persone, di cui il 61,6% italiane. Di queste il 34% sono “nuovi poveri”, cioè persone che per la prima volta si sono rivolte alla Caritas.
È questo quanto emerge dal rapporto pubblicato dall’organismo Cei riguardo i mesi più difficili della pandemia. In questo periodo 92.000 famiglie in difficoltà hanno avuto accesso a fondi diocesani, oltre 3.000 famiglie hanno usufruito di attività di supporto per la didattica a distanza e lo smart working, 537 piccole imprese hanno ricevuto un sostegno.
Dalle rilevazioni effettuate proprio da Caritas, condotte dal 3 al 23 giugno, si sono rivolti ai centri diocesani per lo più disoccupati in cerca di nuova occupazione, persone con impiego irregolare fermo a causa della pandemia, lavoratori precari e saltuari che non godono di ammortizzatori sociali.
Non solo: hanno chiesto aiuto lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o cassa integrazione in deroga, lavoratori autonomi o stagionali in attesa del bonus.
Tra i nuovi poveri anche pensionati, inoccupati in cerca di prima occupazione, persone con impiego irregolare, casalinghe. I dati raccolti si riferiscono a 169 Caritas diocesane, pari al 77,5% del totale.
Non solo povertà
Un’emergenza sanitaria, quella da Covid, che ha fatto emergere disagi e problematiche latenti e che ha reso problemi già esistenti ancora più marcati. Dai problemi burocratici e amministrativi, alle difficoltà delle persone in situazione di disabilità o handicap. La Caritas ha evidenziato mancanza di alloggi in particolare per i senza dimora, diffusione dell’usura e dell’indebitamento, violenza maltrattamenti in famiglia, difficoltà a visitare o mantenere un contatto con parenti e congiunti in carcere. Inoltre, ha preso il largo la diffusione del gioco d’azzardo e le scommesse.
Il ruolo della Caritas
«Piccoli segnali positivi arrivano dal 28,4% delle Caritas che, dopo il forte incremento dello scorso monitoraggio, con la fine del lockdown hanno registrato un calo delle domande di aiuto», racconta Caritas Italiana.
«Complessivamente, grazie al fiorire di iniziative di solidarietà e al contributo che la Conferenza Episcopale Italiana ha messo a disposizione dai fondi dell’otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, i servizi forniti — conclude Caritas — sono stati molteplici: dispositivi di protezione individuale e fornitura igienizzanti, pasti da asporto e consegne a domicilio».
Sono poi nati servizi di ascolto e accompagnamento telefonico, è stato incrementato l’acquisto di farmaci e prodotti sanitari. È nata un’attività di sostegno per nomadi, giostrai e circensi. E ancora: sportelli medici telefonici, aiuto per lo studio e il doposcuola, presenza in ospedale e nelle Rsa e servizi di accoglienza per infermieri e medici.
(da agenzie)
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Giugno 24th, 2020 Riccardo Fucile
285 EURO AL MESE NON POSSONO SODDISFARE I BISOGNI PRIMARI DI VITA
Meno di trecento euro al mese. 285.66 euro mensili, previsti dalla legge per le persone totalmente inabili al lavoro per effetto di gravi disabilità , non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita.
È perciò violato il diritto al mantenimento che la Costituzione (articolo 38) garantisce agli inabili. Lo ha stabilito la Corte costituzionale esaminando una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’appello di Torino.
Il caso che ha dato origine alla decisione – spiega l’Ufficio stampa della Consulta in attesa del deposito della pronuncia- riguarda una persona affetta da tetraplegia spastica neonatale, incapace di svolgere i più elementari atti quotidiani della vita e di comunicare con l’esterno.
La Corte ha ritenuto che un assegno mensile di soli 285,66 euro sia manifestamente inadeguato a garantire a persone totalmente inabili al lavoro i “mezzi necessari per vivere” e perciò violi il diritto riconosciuto dall’articolo 38 della Costituzione, secondo cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”.
È stato quindi affermato che il cosiddetto “incremento al milione” (pari a 516,46 euro) da tempo riconosciuto, per vari trattamenti pensionistici, dall’articolo 38 della legge n. 448 del 2011, debba essere assicurato agli invalidi civili totali, di cui parla l’articolo 12, primo comma, della legge 118 del 1971, senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età , attualmente previsto dalla legge.
Questo incremento dovrà d’ora in poi essere erogato a tutti gli invalidi civili totali che abbiano compiuto i 18 anni e che non godano, in particolare, di redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro.
La Corte ha stabilito che la propria pronuncia non avrà effetto retroattivo e dovrà applicarsi soltanto per il futuro, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale.Resta ferma la possibilità per il legislatore di rimodulare la disciplina delle misure assistenziali vigenti, purchè idonee a garantire agli invalidi civili totali l’effettività dei diritti loro riconosciuti dalla Costituzione.
(da agenzie)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
IL REDDITO DI CITTADINANZA HA AIUTATO UN MILIONE DI PERSONE, MA E’ INSUFFICIENTE: IN POVERTA’ ASSOLUTA CI SONO ANCORA 4,6 MILIONI DI ITALIANI
Per la prima volta in quattro anni, in Italia si è ridotto il numero di famiglie in povertà assoluta, anche se l’Istat sottolinea quando la quota di famiglie che non hanno accesso ai mezzi primari di sostentamento sia ancora molto superiore ai livelli precedenti alla crisi del 2008/2009.
Secondo l’ultimo report diffuso dall’Istat, nel 2019 le famiglie in povertà assoluta sono state 1,7 milioni, il 6,4%, mentre nel 2018 erano il 7%. Nel complesso si tratta di 4,6 milioni di persone, cioè il 7,7% degli italiani, contro l’8,4% dell’anno precedente.
Stabile invece il numero di famiglie in povertà relativa, cioè quei nuclei famigliari in difficoltà economica rispetto al livello di vita medio.
Nel 2019 sono state poco meno di 3 milioni, l’11,4%, pari a 8,8 milioni di individui, il 14,7% dell’intera popolazione.
La riduzione della povertà nel 2019 è più marcata nel Mezzogiorno, dove il dato è sceso dal 10% all’8,6%, mentre quella individuale è passata dall’11,4% al 10,1%.
L’andamento positivo, sottolinea l’Istat, arriva con l’introduzione del Reddito di cittadinanza, che nelle seconda parte dello scorso anno ha interessato oltre un milione di famiglie in difficoltà .
È al Sud comunque che persiste l’incidenza più grave di povertà assoluta, con l’8,5% nelle Regioni del Sud e 8,7% nelle isole, rispetto al Nord-ovest con il 5,8%, il Nord-est con il 6% e il Centro con il 4,5%. Considerando che al Nord vivono più famiglie che al Sud, sottolinea l’Istat, il numero di nuclei famigliari in condizioni di povertà tra le due aree è sostanzialmente uguale: 43,4% al Nord e 42,2% al Sud, mentre il restante 14,4% vive nel Centro Italia.
(da agenzie)
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Giugno 16th, 2020 Riccardo Fucile
MARCUS RASHFORD AVEVA CHIESTO AL GOVERNO DI ESTENDERE ALL’ESTATE I BUONI PASTO PER LE FAMIGLIE IN DIFFICOLTA’… LA SUA BATTAGLIA PERMETTERA’ A UN MILIONE DI BAMBINI POVERI INGLESI DI AVERE ALMENO UN PASTO CALDO IN MENSA
Marcus Rashford 1, Boris Johnson 0. E per il premier britannico si tratta di una sconfitta umiliante.
Già , perchè la star inglese del Manchester United, 22 anni, ha costretto Johnson a una clamorosa marcia indietro. E su un tema delicatissimo, come quello dei bambini poveri in Inghilterra, piaga gravissima e spesso invisibile oltremanica.
Tutto nasce due giorni fa. Quando il giovane attaccante dello United e della nazionale inglese inizia a postare una serie di tweet contro la povertà minorile, che in estate potrebbe aggravarsi a causa della chiusura ufficiale delle scuole – non quella per coronavirus, come è stato sinora – e, conseguentemente, l’impossibilità per 1,3 milioni di bambini di poter mangiare a mensa o di avere un buono pasto per far fare la spesa alle proprie madri. Sembra assurdo in un Paese civilissimo e ricco come il Regno Unito. Invece è proprio così.
Nella sua lettera, Rashford ha raccontato il dramma delle famiglie che hanno perso il lavoro durante il lockdown e non hanno più accesso ai beni di prima necessità . “La prossima volta che vi fate la doccia – ha scritto il calciatore – pensate a quelle persone che non riescono più a pagare la bolletta dell’acqua”.
Rashford è stato il frontman della campagna mediatica. Ha girato gli studi televisivi, scritto una lettera aperta ai parlamentari e pubblicato un editoriale sul Times, il giornale conservatore che ha sostenuto la sua battaglia. “I parlamentari devono mostrare la stessa saggezza di questo ragazzo di 22 anni – ha scritto il quotidiano – Devono abolire quella che ogni persona di buon senso considera una misura sbagliata ed iniqua”. Rashford ha preso a cuore questa causa (“vale più di ogni trofeo sportivo”) perchè lui stesso fino a pochi anni faceva affidamento sui sussidi statali. “So cosa significa avere fame – ha scritto il calciatore sul Times -. A volte i miei amici mi invitavano a cena a casa perchè i loro genitori volevano farmi mangiare quella sera”. Rashford è cresciuto nella periferia di Manchester assieme a quattro fratelli, e si è trasferito nell’accademia del Manchester a soli 11 anni per non gravare più sulla madre. “A volte lei non dormiva per giorni perchè non riusciva a fare quadrare i conti, e temeva che frequentassi la gente sbagliata”.
Per oltre un milione di bambini delle zone più disagiate oltremanica, il pasto caldo a mensa è fondamentale. Per molti di loro, l’unico vero pasto della giornata. Una tragica normalità che, nell’era del Covid19, potrebbe presto aggravarsi ancora di più.
Dunque Rashford due giorni fa chiede al governo e al premier Boris Johnson, ufficialmente e pubblicamente, di estendere anche per l’estate il programma per i buoni pasto per i bambini più poveri, che rappresentano il 15% degli studenti nelle scuole di Stato, con punte del 25% in alcune zone di Londra, delle Midlands e del nord dell’Inghilterra.
Si tratta di buoni settimanali di 15 sterline (quasi 17 euro) a bambino, da poter spendere in un supermercato. Una misura dal costo complessivo di almeno 120 milioni di sterline (oltre 134 milioni di euro) per il governo, in piena crisi coronavirus e a pochi mesi dall’imminente – e sempre più temuta dal punto di vista economico – Brexit.
Johnson inizialmente dice di no, che non se ne parla, l’esecutivo ha già stanziato quasi 70 miliardi per le famiglie più in difficoltà durante la pandemia.
Ma la mobilitazione online lanciata dal talentuoso attaccante cresce. Così come i seguaci. A un certo punto, la pressione mediatica, su un tema così drammatico, diventa insostenibile: stamattina diversi deputati conservatori iniziano a chiedere apertamente al premier di cedere e di acconsentire all’estensione del programma dei buoni pasto. Diventano sempre di più. Il nuovo leader laburista Keir Starmer incalza severamente il governo.
E così, Johnson oggi annuncia la sua clamorosa retromarcia. Per la gioia di molti, soprattutto dello stesso Rashford su Twitter, visibilmente emozionato: “Non so cosa dire, davvero. Guardate che cosa possiamo fare quando siamo uniti. Questa è l’Inghilterra nell’anno 2020”.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
ERA ALLA RICERCA DI QUALCHE INDUMENTO PER SE’ E LA SUA FAMIGLIA
Stava probabilmente cercando qualche capo d’abbigliamento per sè e la sua famiglia e per questo si era arrampicato fino all’apertura del cassonetto giallo per la raccolta di vestiti usati della Caritas: si chiamava Karim Bamba, il bambino di 10 anni che è morto drammaticamente, schiacciato nello sportello che chiude il cassonetto stesso.
“Questo dolore scuote l’intera comunità di Boltiere – commenta il sindaco Osvaldo Palazzini, che si è subito recato sul luogo della tragedia -: il dolore per quanto avvenuto spezza il cuore a tutti. La famiglia di Karim è molto conosciuta, vive vicino al municipio”.
E aggiunge: “Mi sento di dover dire che è stato fatto quanto era possibile. Noi abbiamo dato la casa e tutte le agevolazioni e contributi di cui disponiamo”
Come riporta il Corriere della Sera, i vicini di casa raccontano però una situazione più complessa. La famiglia vive in un bilocale al pianterreno di un condominio alle spalle del municipio.
Una tragedia che ha scosso la comunità di Boltiere – poco più di seimila abitanti nella Bassa bergamasca – e che nasconderebbe una situazione di estrema povertà : la famiglia di Karim da anni è seguita dai Servizi sociali del Comune. Papà di origine ivoriana, mamma nativa di Palermo, la coppia ha altri cinque figli, di 11, 7, 4 e 2 anni.
Dalla ricostruzione dei fatti emerge che Karim ha raggiunto, scalzo, il cassonetto che si trova in via Monte Grappa, il tratto urbano dell’ex statale 525 Bergamo-Milano, una strada non certo periferica. Tuttavia nessuno ha assistito al dramma: soltanto una donna a un certo punto ha notato le gambe immobili del bambino. “Una scena orribile”, ha raccontato la donna, scossa, ai carabinieri. Immediato l’allarme al 112: a Boltiere sono arrivate un’ambulanza e un’automedica del 118 ma, per liberare il piccolo Karim dal cassonetto. Per estrarlo sono dovuti intervenire i vigili del fuoco. Il bambino è morto in serata, al Pronto soccorso pediatrico, nonostante il prodigarsi dei medici.
(da agenzie)
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