Aprile 24th, 2019 Riccardo Fucile
OGGI SALVINI FA DEMAGOGIA PER INGRAZIARSI QUALCHE PIRLA DEL NORD CHE NEANCHE HA CAPITO COSA SIA IL “SALVA-ROMA”
Nel 2010 la Lega Nord ha avallato la scelta dell’allora governo Berlusconi di concedere
aiuti economici statali per risanare il debito di Roma.
Dal 2011 il Ministero dell’Economia e delle Finanze versa 300 milioni i euro l’anno per ripianare i debiti giganteschi della Capitale.
Il Campidoglio, grazie a parte dei soldi dell’addizionale Irpef pagata dai contribuenti romani, versa 200 milioni l’anno per risanare il debito.
In queste ore Matteo Salvini sta protestando contro il cosiddetto ‘Salva Roma’, la norma inserita nel ‘dl crescita’
L’obiettivo, come ha spiegato la sindaca Raggi con le note ‘molliche di pane’, è consentire di rinegoziare i tassi di interesse dei mutui e permettere così un risparmio di denaro per le casse pubbliche e per i cittadini.
Oggi i 5 Stelle, ma anche il deputato del Partito democratico, Luigi Marattin, hanno attaccato il ministro degli Interni su un punto: nel 2010 è stato lui, o meglio il suo partito, la Lega, a votare affinchè il debito della ‘Città Eterna’ venisse pagato anche con i soldi dello Stato.
“Nel 2008, il governo Berlusconi ha varato il cosiddetto ‘Salva-Roma’. Cioè ha avviato una gestione commissariale che prevede, ogni anno, la spesa di 500 milioni di euro l’anno di soldi pubblici. Per intenderci: ogni anno gli italiani pagano un pezzo del debito di Roma grazie alla legge fatta dal governo di centrodestra. L’unico vero ‘Salva-Roma’ lo ha fatto nel 2008 il governo Lega-Berlusconi, con Alemanno sindaco. L’allora giovane deputato Matteo Salvini votò a favore”, si legge sul blog delle Stelle.
D’accordo il deputato dem Luigi Marattin: “Dice che non vuole che i debiti di Roma finiscano sulle spalle dello Stato? Forse non si e’ accorto che questo fu fatto nel 2010, con la Lega al governo e il suo collega sovranista Alemanno in Campidoglio. Noi rifiutiamo la logica del travisare i fatti per mera convenienza politica. Non lo meritano i cittadini romani e non lo meritano tutti gli italiani”.
La storia del debito di Roma comincia il 28 aprile del 2008: Gianni Alemanno batte Francesco Rutelli al ballottaggio e diventa il nuovo sindaco di Roma.
Si accorge che le casse del Comune sono vuote e anzi a pesare sui bilanci della Capitale è un debito gigantesco di diversi miliardi di euro.
Nei mesi successivi ottiene dal governo ‘amico’ guidato da Silvio Berlusconi un decreto legge, il 112 del 2018, che la nomina di Alemanno a Commissario Straordinario “per la ricognizione della situazione economico-finanziaria dello stesso Comune e delle società da esso partecipate e per la predisposizione ed attuazione di un piano di rientro dall’indebitamento pregresso”.
La gestione commissariale, con tutti i debiti accumulati prima del 28 aprile 2008, avrà un bilancio separato rispetto alla gestione ordinaria del Comune di Roma. Una ‘bad company’ dove scaricare il debito di Roma. E ad amministrarla, per due anni, è lo stesso sindaco Alemanno.
I soldi dello Stato arrivano nel 2010, con il decreto numero 78 del 31 maggio su “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”.
Viene costituito un fondo con apposito capitolo di bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze con una dotazione di 300 milioni di euro l’anno a decorrere dal 2011. In più ci sono 200 milioni che vengono presi dai tributi di Roma Capitale, in pratica grazie a un amento dello 0,4 per cento (massimo. L’addizionale è dello 0,9 per mille, con lo 0,4 che serve a ripagare il debito) sull’addizionale Irpef e 1 euro a passeggero per chi parte con l’aereo dagli scali della Capitale.
Il debito di Roma Capitale certificato nel luglio del 2010 ammontava a 22,4 miliardi di euro.
Nel 2014, per stessa ammissione del nuovo commissario al debito, Massimo Varazzani, era sceso a 14,9 miliardi di euro interessi compresi.
Per smaltirlo al ritmo attuale si arriverà al 2039. Pochi mesi dopo l’allora commissario del governo ed ex assessore al Bilancio della giunta Marino, Silvia Scozzese, quantificò il debito in una cifra pari a 13,6 miliardi di euro. Consisteva e consiste tuttora in mutui stipulati prima del 2008 e in penali sulle espropriazioni.
Secondo la sindaca Raggi il debito attualmente ammonta a 12,8 miliardi di euro.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2019 Riccardo Fucile
SONO RIMASTI IN PIEDI SOLO GLI ARTICOLI 1 E 7
Il Consiglio dei ministri è finito a mezzanotte e ha trovato uno pseudo-accordo sul Salva-Roma.
Sono rimasti in piedi soltanto gli articoli 1 e 7, mentre gli altri sono stati stralciati dal Decreto Crescita. Questo comporta che rispetto agli annunci di Castelli e Raggi il contenuto del provvedimento che dovrebbe risolvere il problema del debito di Roma cambia e di molto.
Spiega oggi Il Messaggero che con le nuove norme tutto il vecchio debito di Roma, 12 miliardi di euro di passivo antecedente al 2008, sarà trasferito al Campidoglio. La gestione commissariale che oggi si occupa di gestire il pesante fardello sarà chiusa. Il Comune si occuperà direttamente di pagare le rate dei mutui.
Per farlo potrà contare sui 200 milioni annui che arrivano dall’addizionale Irpef del 4 per mille sui redditi dei romani, e sul versamento da parte dello stato di un contributo annuo di 300 milioni di euro. Esattamente quello che già oggi il Tesoro versa al commissario straordinario. Un compromesso che permette a Matteo Salvini di dire che lo Stato non si è accollato i debiti di Roma, ma che rende anche più difficile il progetto di ridurre l’addizionale Irpef a carico dei romani.
Il ministero dell’Economia si doveva accollare il cosiddetto “Colosseum bond”, il buono comunale da 1,4 miliardi di euro emesso a partire dal 2003 dal Comune di Roma. Si tratta di un prestito a tasso fisso che paga una cedola annuale a tasso fisso molto alta, il 5,345%, circa 75 milioni di euro ogni dodici mesi. Il capitale invece, doveva essere restituito in un’unica soluzione nel 2048
Lo Stato, sempre tramite il Tesoro, si sarebbe accollato anche un altro debito, quello acceso con la Cassa Depositi Prestiti e con alcuni istituti bancari all’inizio della gestione commissariale. Si tratta di 4,5 miliardi circa per i quali oggi il commissario paga una rata di circa 180 milioni di euro l’anno.
Il Tesoro, insomma, avrebbe dovuto far fronte a 250 milioni di euro annui di rate del vecchio debito di Roma e il saldo finale del “Colosseum Bond”, ma in cambio non avrebbe dovuto più versare allo stesso commissario straordinario i 300 milioni di euro di contributo annuale.
Non è tutto. Salvini vuole che la norma venga estesa in un provvedimento ad hoc che includa gli altri Comuni in difficoltà : Catania, Alessandria, Torino, Genova, Napoli, Reggio Calabria. Secondo il Fatto la viceministra Laura Castelli sta lavorando a queste possibilità :
Una di queste, la possibilità per i Comuni che hanno già varato piani di riequilibrio prima del 2019 di spalmare in 20 anni i costi del debito sarebbe dovuta finire nel testo (riguarda una trentina di comuni, tra cui spicca Reggio Calabria). Per le altre misure (possibilità di rinegoziare i mutui con Cassa Depositi e Prestiti, sospensione per due anni delle rate etc.) sarebbe rientrata in un pacchetto in fase di conversione del decreto perchè servono coperture e l’accordo di banche e Cdp. La linea di Salvini, invece, è che tutto deve finire in un provvedimento unico.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile
LO STAFF DELLA COMUNICAZIONE DELLA SINDACA PUBBLICA UNA FOTO SENZA IL PERMESSO DELL’AUTORE
Doveva essere un semplice post per celebrare il Natale di Roma.
Il 21 aprile la Città Eterna ha festeggiato 2772 anni, secondo la leggenda è stata fondata il 21 aprile 753 avanti Cristo.
Ma Virginia Raggi ha l’innata dote di sbagliare anche le cose più facili. Il post su Facebook (e su Instagram) con una bella foto dall’alto della Capitale, dove si riconoscono il Palazzaccio (la sede della Corte suprema di cassazione) e Castel Sant’Angelo, ha un problema.
Lo staff della comunicazione della sindaca infatti avrebbe preso la foto (da Internet) senza chiedere il permesso all’autore.
A farlo notare è stato Daniele Cinà che si è accorto che nei commenti al post sul profilo Instagram della sindaca un utente segnalava di essere il fotografo che ha scattato la foto usata dal post celebrativo della Raggi chiedendo di aggiungere i credit o rimuovere il post.
Il fotografo autore dello scatto è il cinese Samuel Chan ma ad oggi il post non è stato rimosso nè è stata aggiunta una didascalia per segnalare la paternità della foto.
Magari negli uffici della sindaca sono impegnati in faccende ben più importanti, ma visto che lo staff della comunicazione è pagato dai cittadini romani ci si potrebbe attendere meno pressapochismo. La foto usata per il post è a tutti gli effetti quella di Chan, basta scorrere il suo feed su Instagram per trovarla pubblicata (assieme ad altre vedute di città italiane) il 4 gennaio 2019.
Forse alla sindaca pentasellata gli 85 collaboratori assunti nello staff della giunta non bastano.
Eppure ai romani lo staff della Raggi costa la bella cifra di 3,8 milioni di euro, ben più di quel “meno di un milione” che il MoVimento 5 Stelle aveva promesso di spendere all’indomani della vittoria del 2016.
Più di qualche romano si chiede cosa vengono pagati a fare quei collaboratori. Perchè non solo la città versa nelle condizioni che tutti sappiamo (e che non sfuggono nemmeno alla sindaca) ma non si riesce nemmeno a pubblicare una foto attribuendola al legittimo proprietario (anche se qualcuno che difende la sindaca c’è: come quello che ipotizza che la foto sia stata scattata senza i dovuti permessi e autorizzazioni per il drone).
E se per i tanti guai e mali della Capitale si può dare la colpa alle tanto vituperate amministrazioni precedenti come giustificare questa piccola figuraccia internazionale?
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 22nd, 2019 Riccardo Fucile
RIGUARDA IL DEBITO STORICO DEL COMUNE DI ROMA, SI VORREBBE CHIUDERE NEL 2021 LA GESTIONE COMMISSARIALE DIPENDENTE DA PALAZZO CHIGI…DEBITI A QUOTA 12 MILIARDI
La Lega lo chiama Salva Roma, il Movimento 5 Stelle Salva Italia.
Una differenza che dice molto su come i due alleati di governo intendano la norma che taglia il debito della capitale d’Italia.
Ma cosa prevede di preciso la legge? Annunciato il 4 aprile scorso dalla sindaca Virginia Raggi e dal viceministro dell’Economia Laura Castelli, il provvedimento riguarda il debito storico di Roma: nella fattispecie, si tratta dell’intenzione di chiudere nel 2021 la struttura commissariale (definita dalla sindaca Virginia Raggi “una sorta di bad company”) dipendente da Palazzo Chigi che gestisce da anni tutti i debiti accumulati dalla Capitale fino al 2008, debiti arrivati al momento a quota 12 miliardi. Secondo il M5S questa azione non comporterebbe oneri maggiori per lo Stato e per gli italiani, anzi produrrebbe dei risparmi e risorse in più a disposizione, tanto che la Raggi lo ha ribattezzato il Salva Italia.
Tuttavia la Lega dall’inizio ha mostrato forti dubbi sulla misura, arrivando a chiederne lo stralcio. Addirittura la Lega in Campidoglio ne ha chiesto lo stop e Salvini ha rilanciato con un “o tutti o nessuno”, riferendosi anche agli altri comuni a rischio dissesto.
La norma è stata inserita nel decreto crescita e sulla sua permanenza è in atto uno scontro tra gli alleati di Governo.
“Lo Stato si accolla una parte del debito finanziario e riduce i costi che dà alla gestione commissariale. È un’operazione win-win. I cittadini italiani non pagheranno l’operazione — le parole della Castelli durante l’annuncio — In caso contrario ci saremmo trovati nel 2022 con una crisi di liquidità fortissima che avrebbe soffocato la città ”.
Al momento per ripagare i debiti di Roma nella gestione commissariale già confluiscono fondi statali (pari a 300 milioni ogni anno) insieme a fondi comunali (pari a 200 milioni).
Chiudendola, la gestione di questi debiti passerebbe al Comune.
I risparmi — stimati secondo gli ideatori di questa manovra in 2 miliardi e mezzo — deriverebbero dalla rinegoziazione dei mutui con le banche da parte dello Stato e da una ricognizione del piano di rientro del debito. Tali fondi nelle intenzioni della Raggi potrebbero essere utilizzati anche per ridurre l’Irpef, attualmente tra le più alte a Roma.
La norma è stata messa a punto da tecnici del Governo con la collaborazione del Campidoglio. Obiettivo: individuare “una strategia finanziaria il cui primo scopo è la messa in sicurezza del piano di rientro fino al 2048. Si dà piena copertura ai 12 miliardi di debiti e quindi si garantiscono pagamenti certi a cittadini, imprese e istituti di credito”.
Per scongiurare la crisi di liquidità della gestione commissariale prevista a partire dal 2022, con possibili ripercussioni sul bilancio di Roma Capitale, lo Stato si farebbe carico di una parte dei debiti finanziari compensandoli “con una riduzione minima del contributo statale destinato ogni anno al ‘commissariò”. Nei prossimi tre anni, entro il 2021, verrebbe fissato in via definitiva il debito residuo.
Poi si procederebbe alla chiusura della gestione commissariale.
(da agenzie)
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Aprile 18th, 2019 Riccardo Fucile
“PRESSIONI SU DI ME PER RIDURRE L’ATTIVO NEL BILANCIO DELL’AZIENDA CON LO SCOPO DI PORTARLO IN ROSSO”… LA SINDACA COMUNQUE NON RISULTA INDAGATA
L’articolo dell’Espresso rivela che l’ex presidente e ad dell’Ama Lorenzo Bagnacani, licenziato in
tronco dalla Raggi a febbraio, qualche giorno fa ha spedito ai pm un nuovo esposto, dove accusa la sindaca in persona.
La Raggi, scrive Bagnacani ai pm, avrebbe infatti esercitato “pressioni” indebite su di lui e sull’intero cda dell’azienda, “finalizzate a determinare la chiusura del bilancio dell’Ama in passivo, mediante lo storno dei crediti per i servizi cimiteriali”.
In sintesi, la sindaca avrebbe spinto il manager a togliere dall’attivo dell’azienda (il bilancio era in utile per oltre mezzo milione di euro, un dato di poco inferiore rispetto a quello dell’anno precedente) “crediti che invece erano certi, liquidi ed esigibili”, con l’unico obiettivo – sostiene Bagnacani – di portare i conti di Ama in rosso.
Un’accusa grave e molto simile a quella che l’ex direttrice del dipartimento Rosalba Matassa ha lanciato contro Giampaoletti, attuale braccio destro della sindaca ora indagato per tentata concussione.
Nell’indagine sui conti di Ama risulta indagato il dg del Campidoglio, Franco Giampaoletti, per il reato di tentata concussione. La vicenda riguarda i 18 milioni di credito per i servizi cimiteriali vantati da Ama, e proprio su questi crediti Bagnacani nel suo esposto sostiene di avere ricevuto pressioni per non inserirli nel bilancio della municipalizzata. Le altre persone finite nel registro degli indagati sono l’ex ragioniere del Comune, Luigi Botteghi e il capo ad interim della Governance, monitoraggio e controllo organismi partecipati Giuseppe Labarile. Nel corso dell’attività istruttoria i pm di piazzale Clodio hanno sentito già l’ex ad di Ama, Lorenzo Bagnacani e per due volte l’ex assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, dimessasi proprio per la vicenda dei conti Ama.
“Devi modificare il bilancio come chiede il socio. Tu lo devi cambiare comunque, anche se ti dicono che la Luna è piatta”. Lo afferma Raggi nella registrazione di un colloquio avuto il 30 ottobre scorso con Bagnacani. L’audio è allegato all’esposto presentato alla Procura di Roma dallo stesso Bagnacani nel quale denuncia presunte pressioni ricevute per modificare il bilancio della municipalizzata dei rifiuti.
Nella registrazione, anticipata dall’Espresso on line, quando Bagnacani chiede chiarimenti sulla vicenda e su come valutare la qualità del credito, il sindaco taglia corto: “Non devi valutare, se il socio ti chiede di fare una modifica la devi fare: tu lo devi cambiare comunque, anche se ti dicono che la Luna è piatta”.
Lo scorso febbraio, scrive ancora L’Espresso, il manager e i membri del cda sono stati licenziati per “giusta causa”.
In pole position per prendere il posto di Bagnacani ora c’è l’avvocato Pieremilo Sammarco, che ha mandato il suo curriculum per diventare presidente di Ama. La Raggi ha lavorato nel suo studio prima di diventare sindaca. “Pieremilio? È il mio dominus”, ha detto in passato.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2019 Riccardo Fucile
“SIAMO STUFI DELLE SUE CHIACCHIERE SULLA PELLE DEI ROMANI”
Le stoccate ormai non si contano più. Per Virginia Raggi c’è una spina nel fianco che si chiama Matteo
Salvini, che twitta o dichiara a raffica contro la sua amministrazione a Roma.
“Io non ci sto. Non si può giocare la campagna elettorale sulla pelle dei romani. Basta” dice al Messaggero la prima cittadina della Capitale, una 5 stelle che non conosce nel suo territorio l’alleanza con la Lega. “Al di là delle appartenenze politiche, devo e voglio difendere la mia città . Siamo stanchi delle sue chiacchiere”.
L’ennesimo scontro, dopo che pubblicamente Matteo Salvini ha parlato della gente che lo reclama come sindaco di Roma o che reclama la Lega per l’amministrazione della città .
“Matte’ magna tranquillo” fu la replica della sindaca e del Movimento 5 stelle, con tanto di hashtag dedicato. Poi le ultime accuse sui rifiuti in città .
“Per togliere la spazzatura non serve assolutamente uno scienziato, ma sono necessari duro lavoro e costanza. Che siamo sotto attacco, credo che sia innegabile, visti i continui incendi agli impianti, ai cassonetti, alle isole ecologiche, e che la Regione Lazio non abbia un numero di impianti adeguato ai rifiuti prodotti nella regione stessa è sotto gli occhi di tutto. Di certo, non bastano due tweet e qualche battuta a effetto”
Manca ancora da tempo l’assessore e per la sindaca verrà scelta “presto”. C’è poi il nodo del debito di Roma, su cui sta lavorando attivamente la vice ministra M5S all’Economia, Laura Castelli, ma che vede i leghisti piuttosto scettici. Salvini non ci sta a pagare per errori commessi da altri.
“Oggi il debito di 13 miliardi che il centrodestra nel 2008 ha addossato in parte a Roma e in parte all’Italia, aprendo la gestione commissariale, costa 500 milioni l’anno, suddiviso in due quote: 300 da parte dello Stato e 200 da parte di Roma. Domani il debito continuerà a costare allo Stato 300 milioni, anzi pure un po’ di meno. Perchè lo Stato dal 2021 rinegozierà il debito. Ci saranno risparmi da 2,5 miliardi e l’Irpef potrà scendere. Salvini è stato informato male”
Si profila una lunga interlocuzione polemica fra Lega e M5s fino alle elezioni in Campidoglio, si parla di vera e propria opa leghista sulla Capitale.
“Colpisce che tanti referenti locali della Lega siano stati in passato molto vicini al centrodestra che ha governato la città con esiti sotto gli occhi di tutti”…
“Sulla sicurezza c’è bisogno di maggiore presenza dello Stato, se non vogliamo lasciare spazio a formazioni estremiste come CasaPound. Salvini ci sostenga nella richiesta di assumere altri uomini della polizia urbana di Roma”… “Dal ministro mi aspetto un segnale di sostegno alla città che rinasce”
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 10th, 2019 Riccardo Fucile
IL SETTIMANALE TEDESCO CRITICA LA SINDACA: “E’ FELICE, TWITTA E SU FB PUBBLICA FOTO DI BUCHE RIEMPITE”
Tutto il mondo le guarda. Da una parte la Capitale che le classifiche di qualche giorno fa
incoronavano come città più visitata d’Italia. Dall’altra lei, la sindaca di Roma Virginia Raggi alla quale il settimanale tedesco Der Spiegel dedica un ampio articolo non proprio celebrativo.
«Raggi da speranza a incubo» sintetizzano i reporter d’Oltralpe. Moltiplicando come in un gioco di specchi le loro opinioni critiche nei confronti della prima cittadina a cinque stelle e della Città eterna che, in questi ultimi mesi, si è abituata a vedersi “sporca, brutta e cattiva” sulla stampa internazionale. Basti pensare al reportage del New York Times lo scorso Natale intitolato “Rome in ruins” in cui l’Urbe veniva vivisezionata nei suoi problemi di degrado quotidiano.
Stavolta però l’attacco è ancora più diretto e fa il nome e il cognome che riconduce allo scranno più alto del Campidoglio.
Nell’articolo intitolato “ Mà¼ll, Gier und Ratten” (rifiuti, avidità e ratti) si legge: «A Roma si assiste al clamore di una città che muore. Regnano spazzatura, avidità e topi. La Raggi da grande speranza è divenuta un un incubo, mentre i ratti e i gabbiani sono più aggressivi di un pterosauro. I romani devono già convivere con il fatto che tre stazioni centrali della metropolitana sono paralizzate a causa di scale mobili difettose; che gli autobus restanti sono affollati, perchè in media ogni settimana uno dei veicoli obsoleti va in fiamme e che in alcune strade della capitale italiana la spazzatura si ammucchiava come altrimenti solo a Mumbai o Dhaka».
Quindi l’affondo: «Eppure la Raggi è felice, twitta e rilancia su Facebook post di buche appena riempite o di pochi metri di piste ciclabili di nuova creazione. È orgogliosa del fatto che ora ci sono domeniche senza auto a Roma e non pensa che sia un male che per mesi nella sua immensa metropoli nessun consiglio comunale abbia trovato una soluzione per la spazzatura».
Non mancano riferimenti alla cronaca giudiziaria recente e all’evento che ha visto il Pontefice in visita al Comune: «Tre stretti collaboratori del sindaco, popolarmente noti come “Raggis Rasputins”, sono finiti in galera per accuse di corruzione -viene ricordato-.
Secondo Papa Francesco, Roma deve essere trattata come un “organismo fragile”, con cui bisogna fare attenzione, “affinchè non si perda l’intero splendore della città . Ma la Raggi ha capito il suggerimento? Se la sua città sprofonda nel caos della neve come nel 2018, Raggi pubblica ancora le foto che la mostrano in bicicletta con la maglietta di partecipante alla conferenza Women4climate a Città del Messico».
Dalle stanze di palazzo Senatorio, almeno finora, non è arrivata nessuna risposta, nessuna “difesa d’ufficio”. Che non c’era stata in verità neanche quando fu pubblicato il pezzo sul Nyt.
Fra i cittadini invece non mancano i commenti all’ennesima stilettata a Roma. In piazza del Campidoglio i romani che si mescolano ai tanti turisti danno in parte ragione al giornale tedesco ma si dicono anche «stufi che si parli sempre e soltanto di cose negative».
A sostenerlo è un gruppo di giovani architetti che lavorano in zona e quasi ogni giorno in pausa pranzo sale la cordonata fino alla statua del Marc’Aurelio. Per poi andare ad affacciarsi dalla terrazza che dà sul Foro Romano. Hanno fra i 25 e i 30 anni e pur ammettendo la realtà dei problemi puntano il dito
verso loro stessi. «Non ci piace generalizzare -sostengono-, ma noi italiani in genere non sappiamo nè apprezzare nè valorizzare quel che abbiamo, lo diamo per scontato. Se ci tenessimo di più non ci limiteremmo a lamentarci per i rifiuti per le metro chiuse per i mezzi che non funzionano, senza poi far nulla di concreto. Dovremmo diventare noi stessi turisti e guardare le nostre città come se fosse sempre la prima volta. Allora forse non ci saranno più articoli come questo del giornale tedesco».
(da “La Stampa”)
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Marzo 21st, 2019 Riccardo Fucile
DE VITO ARRESTATO, FRONGIA INDAGATO, LA RAGGI VACILLA… POLVERE SOTTO IL TAPPETO PER CONTENERE I DANNI… MA IN CONSIGLIO AUMENTANO I “NO STADIO”
È sera, e Francesco Silvestri sta fumando una sigaretta nel cortile di Montecitorio: “Tre o quattro giorni prima dell’arresto ho incontrato Marcello. Stavamo sulla terrazza del Campidoglio e parlavamo proprio di come bisognasse tenere la schiena dritta in contesti complicati come quelli nei quali ci troviamo”.
Marcello è De Vito, il presidente dell’Assemblea capitolina finito in manette mercoledì. E Silvestri è uno dei deputati romani più influenti nel Movimento 5 stelle, organizzatore di Italia 5 stelle, un filo diretto con Luigi Di Maio.
Nel primo pomeriggio sulla scrivania del leader si è frantumata come fosse un pavesino l’ennesima tegola: Daniele Frongia, assessore allo Sport e già vicesindaco all’ombra della lupa, è indagato per corruzione. Certo, nulla a che vedere con lo shock dell’arresto del collega.
Ma pur sempre un’altra botta in un quadro, quello romano, che ormai da troppo tempo sono spine senza rose per il Movimento.
Parte una girandola di telefonate, la situazione si ingarbuglia. Il timore è che la macchia si allarghi con effetti imprevedibili.
Da molto in alto dai 5 stelle si prova a capire la situazione, anche sondando la Procura.
In breve si capisce che Frongia non è indagato nel filone “Congiuntura astrale”, quello che ha portato De Vito in carcere, ma per il primo filone di indagine che ha coinvolto lo stadio della Roma, “Rinascimento”.
“Chi tocca lo stadio muore”, commenta a caldo un influente senatore. “A questo punto soltanto la magistratura può dirci se siamo giunti al fondo oppure no” dice il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra all’Huffpost.
Filtra che sulla posizione dell’assessore la richiesta di archiviazione è imminente, a sera lo spiegano in chiaro i suoi legali.
Di Maio spedisce Massimo Bugani per il secondo giorno di fila sotto il Marco Aurelio, vuole avere da una persona fidata il polso della situazione.
Anche oggi, come ieri, il filo diretto con Virginia Raggi è costante. Un pressing che porta alla decisione serale di Daniele Frongia di autosospendersi, come esponente M5s e come assessore.
In Campidoglio partono i veleni, e subito c’è chi ricorda di come proprio l’ex vicesindaco avesse presentato Massimiliano Romeo alla sindaca, e di come fosse uno dei “4 amici al bar” della famosa chat con il sindaco e Raffaele Marra resa celebre dalle cronache giudiziarie.
Il punto è sempre uno: che cosa succede se questa grossa palla di neve che sta rotolando giù dalle scale del Colle diventa una slavina?
Più d’uno fa notare sibillinamente come d’altra parte De Vito abbia avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione e nelle liste romane all’epoca delle elezioni politiche.
“Il vero problema è quello — spiega Silvestri, che su Frongia si dice tranquillo — se il cedimento di Marcello è più largo. Se riguarda solo lui non mi preoccupa”.
È uno dei pochi ad esporsi. Perchè la tattica è quella di stendere un cordone sanitario intorno al reprobo De Vito, e sperare nella damnatio memoriae. E parlare il meno possibile del caso dell’assessore indagato, che si spera si risolva in poco tempo.
Ma la situazione è tesa. In giornata si sparge la notizia che la Raggi sarebbe pronta al passo indietro. “Una follia”, dicono dalla war room di Di Maio. “Smentiamo totalmente”, lasciano filtrare dall’ufficio del sindaco.
L’antica tecnica della polvere sotto il tappeto mira a mettere il silenziatore a una vicenda dura ma al momento circoscritta, confidando che sia avvenuta troppo lontano dalle europee per avere ripercussioni sulle urne.
“Non abbiamo motivo per togliere la fiducia politica a Virginia”, dice il ministro Riccardo Fraccaro a Otto e mezzo su La7. Perchè il grande tema è se prima o poi uno dei tentacoli della piovra che sembra essere diventato lo stadio afferrerà la giacca della pasionaria 5 stelle: “Ma se venisse indagata lei vorrebbe dire che noi non ci abbiamo capito nulla”, spiega chi conosce bene le dinamiche capitoline.
Rimane il problema politico dello stadio. Sul quale tutto il Governo ha dichiarato di voler andare avanti.
Primo fra tutti Luigi Di Maio, che lo ha ribadito anche alla Raggi. Ma la crepa aperta dall’affaire De Vito ancora non è chiaro quanto potrebbe allargarsi.
E una fonte di primo piano del Campidoglio spiega che sarebbe un numero contenuto tra i 5 e i 7 consiglieri quelli nei quali si sarebbe rinsaldata la contrarietà al progetto: “Con questi numeri balliamo”, spiegano le stessa fonte.
Silvestri, che nel pomeriggio ha salito lo scalone per andare a capire la situazione, spiega che “è questo il motivo per cui non abbiamo voluto le Olimpiadi”.
Ma sullo stadio è netto: “Se qualcuno vuole sfruttare la gravissima e dolorosa vicenda di Marcello per un uso politico, secondo me prende un grosso abbaglio. Se dalle carte non emerge nulla che dica il contrario, il progetto deve andare avanti”.
Un’altra grana all’orizzonte.
(da “Huffingtonmpost”)
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Febbraio 9th, 2019 Riccardo Fucile
LA MONTANARI E’ DIVENTATA IL CAPRO ESPIATORIO DELL’INEFFICIENZA DELLA GIUNTA GRILLINA
“I cittadini hanno ragione, voglio la città pulita”: con la faccia che soltanto Virginia Raggi
potrebbe avere, la sindaca si sarebbe rivolta così a Pinuccia Montanari durante la riunione di Giunta che ha bocciato il bilancio AMA e portato alle dimissioni l’assessora all’Ambiente che non ha mai visto un topo a Roma (l’ha detto!).
L’argomento della giornata e il motivo delle dimissioni non era certo la sporcizia della città : se la Raggi l’avesse a cuore davvero e avesse individuato il problema nel duo AMA & Montanari, avrebbe dovuto cacciare tutti almeno un anno fa.
Invece le parole che la sindaca fa filtrare ad arte sui giornali servono solo a individuare la storiella di propaganda da raccontare ad usum cretini: vi mando via perchè la città è sporca e ho bisogno di un capro espiatorio e di una versione potabile per i giornali.
Montanari invece ieri se n’è andata perchè la Giunta non ha voluto accettare la soluzione proposta da AMA per i diciotto milioni di crediti per i servizi cimiteriali che vanta con il Comune di Roma ma che il Campidoglio non vuole riconoscere perchè questo costringerebbe all’ennesima variazione di bilancio e a rinunciare a quei soldi nel frattempo impegnati altrove.
Invece Lorenzo Bagnacani non vuole perchè questo costringerebbe AMA a chiudere il bilancio in passivo, con tutte le conseguenze che ciò comporta, comprese quelle sugli emolumenti di dipendenti e management.
A dispetto degli slogan sbandierati dalla sindaca che promette di «fare pulizia sul bilancio e sulle strade», tutto questo comporterà un ennesimo ritardo sull’approvazione della relazione di fine anno facendo slittare la tanto attesa firma almeno di altri due mesi. Si apre così lo scenario che vede nella decisione della giunta una chiara strategia politica legata all’intenzione di rimandare la gestione dell’affaire Ama a dopo le elezioni europee del 26 maggio.
La sindaca ha avvertito l’improvvisa urgenza di fare pulizia dopo quasi un anno dalla prima approvazione in cda del bilancio (era il marzo 2018) e dopo che lo stesso cda aveva modificato il testo del consuntivo per andare incontro alle richieste dell’amministrazione. E neanche le denunce del collegio sindacale erano valse — almeno fino a ieri — a convincere la giunta 5Stelle a far saltare il tavolo delle trattative con il presidente di Ama Bagnacani.
L’assessora Montanari saluta lasciando la municipalizzata sul binario di un futuro incerto dove i bilanci non approvati diventano due (quello del 2017 e quello del 2018, che avrebbe dovuto essere discusso in questi giorni), aprendo così un fronte caldissimo con le banche. Nei giorni scorsi gli istituti di credito, esposti per diverse centinaia di milioni di euro nei confronti di Ama, hanno fatto sapere in via informale che, in caso di incertezza industriale, potrebbero chiudere le linee di credito già dal prossimo 28 febbraio, una decisione che per la società significherebbe ridurre quasi a zero la liquidità disponibile in cassa e quindi paralizzarne l’attività .
La Montanari al Messaggero ha cercato come sempre di scatenare una caccia alle streghe, gridando al complotto senza spiegare in alcun modo le vere ragioni della crisi in Campidoglio:
«Noi abbiamo avviato un grandissimo lavoro per raggiungere gli obiettivi necessari per mettere in sicurezza Roma nei prossimi anni. Avevo da tempo proposto una due diligence su Ama. Qualcuno non vuole che si faccia questo grande cambiamento. Anche per questo rassegno in modo irrevocabile le mie dimissioni da Assessore non essendo per me più possibile condividere le azioni politiche e amministrative di questa giunta».
Per Pinuccia, che ha già dato modo in molte occasioni d essere capace di manipolare la realtà come tutti i politici, e già accusata dalla Raggi di “delirare”, si tratta di nascondere dietro il dito di AMA il totale e completo fallimento del suo piano per la raccolta differenziata, che è stato venduto per anni ai cittadini come la soluzione per l’immondizia di Roma ma che finisce addirittura sospeso in alcune zone e bocciato da minisindaci e assessori grillini.
Virginia e Pinuccia erano una strana coppia che oggi scoppia.
Il loro matrimonio politico era fondato sull’enorme balla di poter garantire l’igiene e la pulizia quotidiana della città facendo piani futuribili di riciclo e riuso di materiale che oggi la Capitale non ha nemmeno gli impianti per trattare.
Nelle cronache di Roma dei quotidiani si parla anche di una relazione inviata alla Corte dei Conti sulla gestione di AMA e di rischi per il Comune in caso di approvazione del bilancio. Tutte balle.
Quello che è contato nell’addio di Montanari sono i cassonetti stracolmi, i topi, le condizioni igieniche e di pulizia generale di una città che erano tragiche negli anni precedenti ma sono riuscite nell’incredibile impresa di peggiorare con i grillini al potere.
A causa di una gestione specializzata in piani futuribili che immaginavano le magnifiche sorti e progressive del materiale post consumo ma non si occupavano del problema del cassonetto pieno oggi.
Nel frattempo la raccolta differenziata che nel 2018 sarebbe dovuta arrivare al 55% si è fermata al 45%. Inchiodata al fallimento di Montanari e all’inefficienza di AMA, inadeguatamente guidata da quel Bagnacani che i grillini hanno voluto a tutti i costi a Roma dopo aver fatto cambiare guida altre due volte all’azienda.
Strano, pare proprio che non si trovi un manager buono per una municipalizzata anche se viene pagato a peso d’oro rispetto ai magri risultati di trasporti e monnezza.
Oppure in troppi tra questi hanno capito che la strategia giusta è promettere ai grillini mari e monti senza un piano concreto — tanto loro credono ai miracoli — per farsi nominare e poi navigare a vista fino a quando non ti cacciano.
(da “NextQuotidiano“)
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