CINA, DOPPIA SVALUTAZIONE DELLO YUAN IN 24 ORE, LE BORSE EUROPEE APRONO IN ROSSO
MISURE DELLA CINA PER RILANCIARE IL LORO EXPORT
Doppia svalutazione dello yuan in 24 ore: borse internazionali in rosso.
L’intervento a sorpresa di Pechino sulla moneta cinese ha come obiettivo quello di rilanciare l’economia, dopo che anche i dati sulla produzione industriale segnano una diminuzione della crescita (+6 per cento a luglio, in calo rispetto al mese precedente). Il primo intervento nelle scorse ore aveva fatto parlare di “guerra delle valute”, perchè arrivato nel momento in cui sono state deprezzate anche le monete di Australia, Corea del Sud e Singapore.
Il Fondo monetario internazionale ha accolto con favore la scelta che “permetterà al mercato di avere un ruolo maggiore”.
Le borse asiatiche registrano la seconda seduta in rosso e le preoccupazioni per gli effetti internazionali fanno partire in negativo quelle europee. Piazza Affari perde il 2,5 per cento.
La valuta cinese si è quindi ulteriormente indebolita dopo la svalutazione-record di martedì 11 agosto.
Si tratta dell’operazione più grossa dal 1994, anno in cui il Paese ha unificato i tassi. La banca centrale cinese a sorpresa ha “limato” ulteriormente il valore di riferimento dello yuan: il tasso di cambio è stato fissato a 6.3306 sul dollaro con un taglio ulteriore dell’1,62% rispetto a quello precedente che è stato dell’1,9%.
La People’s bank of China ha fatto sapere che alla luce della situazione dell’economia domestica e internazionale non ci sono ragioni economiche per una continua svalutazione dello yuan.
Secondo la Pboc la volatilità dello yuan potrebbe aumentare temporaneamente, in attesa che si trovi un equilibrio sul mercato dei cambi, ma dovrebbe diventare “ragionevolmente stabile” dopo un breve periodo di aggiustamento.
In rosso le borse asiatiche. Tokyo ha perso l’1,58%, Sydney l’1,66% e Seul lo 0,56%. Hong Kong cede il 2,12% mentre i listini di Shanghai (-0,19%) e Shenzhen (-0,51%), ‘protetti’ dalle misure governative, limitano i danni.
Lo yuan cede l’1,9% sul dollaro, ai minimi da quattro anni.
I deludenti dati macro cinesi alimentano nuovi timori di una frenata dell’economia.
Il Vecchio Continente segna, fin dalle prime battute, flessioni intorno al punto percentuale.
Ribassi che si ampliano con il passare dei minuti.
Alle 9.40 circa a Piazza Affari l’indice Ftse Mib lascia sul terreno il 2,35% a 23.144 punti — All Share -2,29% — con lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi sostanzialmente stabile a 115 punti base con un rendimento dell’1,76%.
Maglia nera per la Borsa di Parigi -2,43%, pesante anche Francoforte -2,40%. Si allineano ai ribassi i listini di Londra -1,71% Zurigo -1,15%, Madrid -1,40% e Lisbona -1,61%.
A Milano le vendite sul Ftse Mib risparmiano solo Wdf (+0,10% a 10,21 euro). Debole Pirelli (-0,07% a 15,03) all’indomani del closing dell’operazione ChemChina. In rosso il comparto bancario — l’indice settoriale cede il 2,32% -; male Exor (-2,35% a 44,42 euro) dopo l’annuncio dell’accordo che porta la famiglia Agnelli a essere il primo azionista de The Economist.
L’operazione da 405 milioni di euro consente alla società di investimento di incrementare la sua partecipazione dal 4,7% al 43,4 per cento.
Secondo i dati del National Bureau of Statistics diffusi oggi la crescita della produzione industriale cinese è aumentata meno del previsto a luglio: ha registrato infatti un +6 per cento anno su anno a luglio, più lentamente rispetto all’aumento del 6,8 per cento registrato a giugno e meno rispetto alle previsioni di una crescita del 6,6 per cento stimata dagli economisti.
Male anche il dato da inizio gennaio che segna un +6,3% contro un +6,4% atteso dal mercato.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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