“CON L’ELMETTO CONTRO BERLUSCONI”
LA PROPOSTA DI ABOLIRE IL CANONE RAI E’ SOLO IL PRIMO ATTO DI UNA CAMPAGNA IN CUI RENZI PROVA A SCROLLARSI DI DOSSO IL NAZZARENO PERMANENTE
Conta il messaggio, più che la praticabilità della proposta, in quest’inizio di campagna elettorale già segnato da annunci degni di un gran finale, quando i partiti cercano il colpo ad effetto ai limiti dell’irrealtà .
E il messaggio è che Renzi tarerà la sua campagna contro Berlusconi: “È solo l’inizio — ha detto ai suoi — vedrete che ci metteremo l’elmetto contro il Cavaliere”.
Ecco cosa rappresenta la “mossa”, anticipata da Tommaso Ciriaco in un retroscena informato su Repubblica, di “abolire il canone Rai”: una “brutta tassa”, che pesa nelle tasche nei cittadini, dunque impopolare.
Mossa poi annunciata confermata in chiaro dal presidente del Pd, Matteo Orfini: “L’abolizione del canone è da sempre una proposta del Pd”. Abolirlo tout court è però soprattutto un cazzotto nello stomaco a Berlusconi, perchè è evidente che il suo corollario consiste nella modifica dei tetti pubblicitari che penalizzano viale Mazzini rispetto alle private, tra cui Mediaset. È cioè un’apertura al mercato che mette in discussione quell’assetto che ha consentito a Mediaset, un’azienda che non brilla certo per innovazione, di risuscitare in questi anni di Nazareno grazie alla scarsa competitività del servizio pubblico:
“Una televisione cotta come Mediaset — dicono fonti renziane vicine al dossier — è diventata leader, che vince con la Rai la domenica pomeriggio, la domenica sera, e per la prima volta ha perso anche i mondiali di calcio”.
Insomma, almeno a parole è il game over del Nazareno televisivo, cemento solido della non belligeranza di Berlusconi verso i governi di centrosinistra di questi anni, da Renzi a Gentiloni, in Parlamento e sulle reti del Biscione dove vanno tutt’ora in onda tg chiaramente filo-governativi.
E la riscoperta del nemico di sempre come bersaglio di una campagna elettorale nella quale il segretario del Pd tenta di coprirsi a “sinistra” e di risollevarsi dalla sua sconfitta del 2016 evocando il fallimento berlusconiano del 2011.
C’è un intero repertorio che Renzi sta mettendo a punto, tutto contro il centrodestra: il “tandem dello spread” che portò l’Italia nel baratro (inteso come Berlusconi e Salvini), le coperture inesistenti sulla flat tax, gli slogan eternamente uguali a se stessi che il Cavaliere propone da 25 anni.
È una scelta pensata, studiata, calibrata: attaccare più i protagonisti del “vecchio” che gli attori del “nuovo” (intesi come Cinque stelle), rispolverare un po’ di sano “anti-berlusconismo”, scrollarsi di dosso l’abito dell’inciucio all’insegna del “mai con Berlusconi”.
E poco importa se il canone non si abolirà . Come non si è abolito in passato, quando — era il 2015 — Renzi, allora a palazzo Chigi e forte di una solida maggioranza accarezzò l’idea fiutando il potenziale consenso, ma poi scelse una strada opposta, ovvero quella di inserirlo in bolletta per farlo pagare a tutti, una volta visti numeri e conti.
Ora, spiegano, “nella fase transitoria lo Stato dovrà supplire al canone trasferendo tra un miliardo e mezzo e due miliardi l’anno alla Rai”. Sulla vicenda si consuma l’ennesima tensione col ministro Calenda che parla di “presa in giro” (leggi qui il post di Calenda) e l’ex premier che rivendica i risultati ottenuti: “Prima di noi il canone aumentava, ora diminuisce”.
Sia come sia, il punto è squisitamente politico.
Principio di realtà suggerisce che è impossibile che il Pd possa andare al governo da solo per realizzare il suo programma ed è impensabile che in un eventuale governo di larghe intese con Berlusconi possa essere affrontato il dossier.
E non è un caso che, sulla proposta, si registri la cautela del governo uscente (e in “prorogatio”), che da sempre gode della non ostilità del Cavaliere in cambio della tutela dello status quo televisivo.
E allora questa storia racconta di un cambio di clima, tutto elettorale.
Dell’affannoso tentativo, dopo i sondaggi in caduta libera, di scrollarsi di dosso l’immagine di un Nazareno permanente, che dura da anni e proseguirà dopo il voto.
E della ricerca di qualche slogan ad effetto, in una campagna in cui l’asticella della credibilità è stata già superata.
Con Salvini che propone l’abolizione della Fornero, senza indicare le coperture, Berlusconi che promette anche di tutto, Di Maio il taglio delle pensioni d’oro, tranne poi tornare indietro.
Renzi, dopo l’estensione degli ottanta euro ora annuncia il canone. È siamo solo all’inizio. È il 5 gennaio. Mancano due mesi al voto.
(da “Huffingtonpost”)
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