CONTE NON OTTIENE NULLA DALL’EUROPA, TRAGICA DEBACLE DEL GOVERNO SUI PROFUGHI
L’ITALIA CEDE SU TUTTA LA LINEA: NON OTTIENE LA DISTRIBUZIONE OBBLIGATORIA DEI PROFUGHI MA SOLO QUELLA VOLONTARIA, SARA’ COSTRETTA AD APRIRE NUOVI CAMPI E ACCETTA I RITORNI DA GERMANIA E AUSTRIA… E L’ITALIA VOTA PER LE SANZIONI ALLA RUSSIA
Doveva essere accordo, e accordo è stato. Sul tavolo «restano le divisioni», afferma Angela Merkel. 
«L’Europa ha adottato le posizioni di Visegrad», brinda il premier polacco Mateusz Morawiecki facendo il controcanto a Giuseppe Conte, per il quale «ora l’Italia non è più sola».
Sono le 4.41 del mattino quando il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, finalmente annuncia l’intesa a ventotto sui migranti. Sono passate 13 estenuanti ore dall’avvio dei negoziati: in mezzo il veto italiano, litigi tra leader, alleanze rotte e ricomposte, battute per stemperare la tensione e un’incessante propaganda — non senza qualche gaffe – da parte della nostra delegazione a Bruxelles, impegnata a mascherare la “scatola vuota», un accordo che tradisce gli annunci del primo mese di vita del governo gialloverde ma che per sfuggire alla ruspa di Matteo Salvini deve essere venduto come una grande vittoria del premier Conte.
Eppure l’Italia cede su tutta la linea: non ottiene la distribuzione obbligatoria di tutti i migranti, ma solo quella volontaria dei rifugiati, sarà costretta ad aprire nuovi campi e accetta i ritorni nel nostro Paese delle persone scappate in Germania e Austria.
Già , perchè l’Italia incassa solo promesse ma cede su tutti i punti sul tavolo, abbandona al loro destino le promesse e le richieste rumorosamente avanzate nelle ultime settimane.
Concede ad Angela Merkel la negoziazione degli accordi sui movimenti secondari, l’obbligo di riprendere i migranti registrati sul nostro territorio ma lasciati fuggire in Germania.
Passaggio che permette alla Cancelliera di tornare a Berlino ed evitare la crisi di governo targata Horst Seehofer, il ministro dell’interno della bavarese Csu.
Conte in cambio ottiene il vago principio che parla di «un nuovo approccio sui salvataggi basati su azioni condivise dei partner Ue». Tanto basta al premier per lanciarsi a dire di avere ottenuto «la condivisione dei salvataggi in mare».
Ma è il resto delle conclusioni a segnare la Caporetto del governo italiano.
I leader danno mandato alla Commissione europea di esplorare la possibilità di creare «piattaforme» Onu in Africa dove sbarcare i migranti, come chiesto da Austria, paesi di Visegrad e Italia, anche se non si parla di Libia, come chiesto da Roma, e non si indica in quali paesi saranno installate, aprendo a un negoziato ancora tutto da costruire.
C’è anche l’impegno a rinforzare la Guardia costiera libica. C’è uno «sforzo condiviso» tra nazioni europee a prendersi carico dei migranti, che però verranno trasferiti in «centri controllati» negli stati che volontariamente si offriranno di costruirli.
Conte afferma «non siamo obbligati ad aprirli, valuteremo», ma è un bluff.
L’Italia è costretta ad allestirli venendo meno al “no” solenne che aveva avanzato negli scorsi giorni.
Il perchè è presto detto: avrà accesso alla redistribuzione tra partner dei richiedenti asilo solo chi ospiterà nel proprio paese questi nuovi mega hotspot. E ancora, l’Italia dovrà continuare a identificare i migranti e potrà inviare i rifugiati solo ai partner che lo accetteranno «su base volontaria». Gli altri, come oggi, dovranno essere ospitati fino al rimpatrio.
Dunque non cambia nulla rispetto alla situazione odierna, l’Italia chiedeva l’apertura di tutti i porti europei ai barconi, la distribuzione obbligatoria di tutti i migranti, richiedenti asilo ed economici (illegali) e invece si accontenta che un gruppo di volenterosi conceda di prenderne a carico un numero di rifugiati deciso volontariamente.
Il tutto fino alla riforma di Dublino, che introdurrebbe quote obbligatorie, sulla quale i leader si impegnano solo genericamente a negoziarla «quanto prima», un rinvio alle calende greche vista l’irremovibile opposizione degli alleati di Salvini: i Visegrad e l’Austria di Sebastian Kurz.
Magra consolazione: Conte incassa «l’impegno» dei governi a versare i 500 milioni per riempire il Trust Fund Africa, necessario a proseguire i progetti Ue nel Corno, Sahel e Maghreb.
Talmente poco che Salvini in mattinata minaccia: «Non mi fido delle parole, aspetto i fatti, vediamo che succede», risponde a chi a Roma chiede un commento sull’esito del summit.
E intanto Conte dà il via libera anche al rinnovo delle sanzioni alla Russia (troppe le pressioni, anche Usa, per non farlo) senza condizioni.
(da agenzie)
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