CORONAVIRUS, DUE VITTIME IN ITALIA, L’UOMO IN VENETO E UNA DONNA A CODOGNO
IN LOMBARDIA SI REGISTRANO ORA 27 CASI
Il coronavirus fa un’altra vittima in Italia, dopo l’uomo morto ieri sera in Veneto. Secondo fonti sanitarie citate dall’Ansa si tratta di una donna residente in Lombardia che potrebbe essere collegata ai casi di Codogno.
La donna era stata ricoverata a Codogno ed era in attesa del risultato del tampone, che sarebbe però arrivato dopo il suo decesso.
Intanto ci sono due nuovi casi nel Nord Italia, uno a Dolo, nel Veneto, e uno a Cremona in Lombardia.
In Veneto, dopo i due uomini, tra i quali uno deceduto ieri, c’è una persona risultata positiva al test a Dolo, nel veneziano, ed è ricoverata in terapia intensiva. Gli accertamenti sono stati fatti dal centro di riferimento regionale di Padova. Come da prassi il campione è stato inviato allo Spallanzani di Roma per la conferma.
Sono dunque 34 al momento i casi accertati di contagio da coronavirus in Italia. Oltre alle due vittime – una in Veneto e una in Lombardia – ci sono state 27 positività in Lombardia, tre nel Lazio (la coppia di turisti cinesi e il ricercatore italiano rientrato da Wuhan) e due in Veneto.
In Lombardia, il sindaco di Sesto Cremonese ha comunicato che c’è un contagiato nel comune, i casi secondo fonti sanitarie sono ora 27 nella Regione, dove dieci comuni del lodigiano sono isolati e sono in quarantena 250 persone che hanno avuto contatti con i contagiati. Scuole chiuse a Cremona e sospese le manifestazioni pubbliche, il sindaco ha invitato i residenti a restare in casa.
Fonti della Regione Veneto informano intanto che è in condizioni stazionarie l’uomo di 67 anni di Vò Euganeo che fino a ieri era il secondo caso di contagio da coronavirus in Veneto. L’amico con cui, per cause ancora ignote, aveva condiviso il contagio, Adriano Trevisan, 78 anni, è stato il primo deceduto in Italia. Entrambi erano ricoverati nell’ospedale di Schiavonia, in provincia di Padova,
Il presidente della Regione, Zaia, ha scritto sui social che “Nella notte la Protezione civile del Veneto ha montato a scopo precauzionale 12 tende per massimo 96 posti all’esterno dell’ospedale di Schiavonia (Padova), a disposizione degli operatori sanitari e del personale medico”. L’intervento rientra nelle operazioni di isolamento dell’area padovana dove si è sviluppato il contagio.
Intanto continuano le misure per contenere il contagio in Veneto e in Lombardia e si terrà in mattinata nella sede della Protezione Civile regionale, a Marghera, la riunione dell’unità di crisi del Veneto dedicata all’emergenza da coronavirus.
Alla riunione parteciperanno il governatore Luca Zaia, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà e, in collegamento da Roma, il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il commissario per l’emergenza sanitaria, Angelo Borrelli.
Al momento, dopo il decesso del 76enne di Vò Euganeo, sono venti le persone contagiate in Italia. Resta in prognosi riservata il 38enne a Codogno, infettata anche sua moglie incinta di 8 mesi, un compagno di sport, 5 operatori sanitari, 3 ricoverati e 3 frequentatori dello stesso bar.
Il personale medico e paramedico resta in prima linea in tutta Italia, visti anche i cinque casi di contagio di Codogno.
È toccante la testimonianza della figlia di una delle infermiere che lavorano proprio nella struttura del paese lombardo: “Mia mamma lavora nel pronto soccorso di Codogno. Non sapete quanto fa male sapere che lei e tutti i suoi colleghi dovranno stare in isolamento per 15 giorni – scrive sui social Elena, che aggiunge: “chi fa questo lavoro va ringraziato ogni giorno per ciò che fa”.
Sono numerosi i messaggi di solidarietà ottenuti dal post. “Grazie di cuore per tutto ciò che fate. C’è un’Italia che non urla, che non strepita, ma che ogni giorno suda e fatica per il prossimo. Grazie davvero”, è uno dei commenti. “Grazie di cuore a chi mette a rischio la propria salute”.
In una nota stampa i ricercatori del Consiglio nazionale osservano che “per evitare eccessivo allarmismo è bene ricordare innanzitutto che i casi registrati in Italia su una popolazione di 60 milioni di abitanti rendono comunque il rischio di infezione molto basso. Solo nelle zone attualmente interessate dalla circolazione il rischio è superiore e i cittadini devono seguire le indicazioni delle autorità sanitarie. Al di fuori di queste, la situazione rimane come nelle scorse settimane. L’infezione, dai dati epidemiologici oggi disponibili su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell’80-90% dei casi. Nel 10-15% può svilupparsi una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranza. Si calcola che solo il 4% dei pazienti richieda ricovero in terapia intensiva.
Il rischio di gravi complicanze aumenta con l’età , e le persone sopra 65 anni e/o con patologie preesistenti o immunodepresse sono ovviamente più a rischio, così come lo sarebbero per l’influenza. Il paziente deceduto rientrava quindi in una categoria a particolare rischio”.
“Il cittadino che ritenga di avere avuto contatti con persone attualmente poste sotto sorveglianza o che provenissero dalla Cina continua il Cnr – soprattutto se manifesta sintomi influenzali, dovrebbe segnalarlo al 112 o al 1500 per essere preso in carico dagli operatori specializzati. Non serve correre al pronto soccorso nè chiudersi in casa. Non c’è un’epidemia di SARS-CoV2 in Italia. Il quadro potrebbe cambiare ovviamente nei prossimi giorni, ma il nostro sistema sanitario è in stato di massima allerta e capace di gestire efficacemente anche la eventuale comparsa di altri piccoli focolai come quello attuale. Quindi, ribadiamo, al di fuori dell’area limitata in cui si sono verificati i casi, il cittadino può continuare a condurre una vita assolutamente normale. Seguendo le elementari norme di igiene, soprattutto levandosi le mani se ha frequentato luoghi affollati, ed evitando di portarsi alla bocca o agli occhi le mani non lavate”.
(da “La Repubblica”)
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