COSA HA SCATENATO I PM CHE INDAGANO SULL’URBANISTICA A MILANO, VISTO CHE LE CARTE SONO FORMALMENTE A POSTO, TUTTE LE VARIANTI HANNO RICEVUTO IL LORO BEL TIMBRO E I PROGETTI, LE AUTORIZZAZIONI NECESSARIE?
PER LA PROCURA, C’E’ UNA SPROPORZIONE TRA L’INTERESSE PUBBLICO E IL VANTAGGIO ECONOMICO RICONOSCIUTO AL PRIVATO DA ACCORDI CON IL COMUNE… IN BUONA SOSTANZA, I CITTADINI SONO STATI DANNEGGIATI DAL “CONSUMO” DI SUOLO, ARIA E LUCE
Ma il contrasto con la legge dove sta, visto che le carte sono formalmente sempre a posto, tutte le varianti hanno il loro bel timbro, e i progetti ricevono autorizzazioni e pergamene necessarie? Sta — per i pm alla luce anche del Rapporto del governo Monti sulla corruzione del 2013, delle indicazioni dell’Anac, e delle sentenze del Consiglio di Stato — nella sproporzione tra l’interesse pubblico, che pure può ammantare la variante, e il vantaggio economico riconosciuto al privato da accordi con il Comune «spesso non dichiarati» su «varianti, densificazioni, premi di cubatura, compensazioni, diritti edificatori, accordi di programma, demolizioni virtuali», «costruzioni nuove» contrabbandate per «ristrutturazioni», «deroghe alle norme morfologiche», «cortili» ridefiniti «spazi interni residuali», o nozioni di «viale» mutate in quella di «piazza attraversante» in nome del «riscatto urbano».
Dagli atti allegati infatti alla richiesta di arresto presentata il 26 giugno al gip Mattia Fiorentini per 6 indagati tra i quali il dimissionario assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi e lo sviluppatore immobiliare Manfredi Catella, ora emerge che dopo un paio di settimane, il 14 luglio, la Procura di Milano aveva poi trasmesso al gip una «memoria integrativa»: che, curiosamente, sembrava rispondere in anticipo alle critiche che hanno preso a tacciare di gassosità giuridica la richiesta di arresti da quando è divenuta pubblica il 17 luglio, con la notifica ai 6 indagati della loro convocazione domani per l’«interrogatorio preventivo» introdotto l’anno scorso dalla legge Nordio.
A proposito ad esempio dell’Accordo di programma sugli scali ferroviari stipulato nel 2017 e i privati, i pm ricordano «quanto segnalato dalla relazione del governo Monti» sullo «scambio tra conseguimento di rendite finanziarie derivanti dall’utilizzazione del territorio e realizzazione (a carico dei privati) delle opere pubbliche»: e, in questa chiave, indicano che «come opera pubblica la controparte» privata, «in cambio delle volumetrie e del titolo edilizio che consentiva lo sfruttamento del territorio, si impegnava» con il Comune «a realizzare un’opera di risanamento e potenziamento del servizio ferroviario urbano».
Obiettivo più che meritevole, e quindi è perfettamente normale che l’opera pubblica, alla quale i privati si impegnano, sia «essa stessa produttiva di rilevanti incrementi di rendita fondiaria privata»: ma questa «dovrebbe essere bilanciata da altrettanto vantaggio per la comunità, anche in termini di salubrità dell’ambiente che passa attraverso il risparmio di suolo e la “rigenerazione urbana” correttamente intesa come risanamento dell’abitato e rigenerazione sociale riferita agli abitanti delle zone».
(da Corriere della Sera)
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