COSA SUCCEDE SE IL GOVERNO FA RIENTRARE IL PONTE SULLO STRETTO NELLE SPESE MILITARI E PERCHE’ E’ UNA FURBATA, CERCANDO DI FAR CONTEGGIARE LA SPESA NEL 5% DELL’ACCORDO NATO
IL PROGETTO DOVREBBE ESSERE COMPLETAMENTE RIFATTO
Lo scorso 4 luglio, per la prima volta il governo ha confermato il progetto di far rientrare le spese per il Ponte sullo Stretto di Messina, almeno 13,5 miliardi di euro, tra quelle previste all’interno dell’accordo firmato alla fine di giugno dai Paesi NATO, con l’obiettivo di aumentare la spesa militare al 5% del Pil nei prossimi dieci anni
In realtà, di questo 5%, il 3,5% riguarda le spese militari
effettive, mentre nell’1,5% dovrebbero rientrare le spese per la “sicurezza”, come cybersicurezza, infrastrutture critiche e mobilità militare. Secondo il deputato e leader di Avs Angelo Bonelli, che ha presentato un’interpellanza al governo, a cui ha risposto il sottosegretario per l’Interno Emanuele Prisco, se il Ponte sullo Stretto rientrasse tra le spese Nato per la difesa, e fosse inserito tra le opere militari, il progetto potrebbe dover essere rifatto da zero. Questo perché i criteri previsti dalla Nato per questo tipo di progettazioni sono più stringenti rispetto a quelli richiesti per le opere civili.
Abbiamo chiesto un parere al professor Domenico Marino, docente di Politica economica ed Economia dell’innovazione all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, co-autore del dossier di Kyoto Club, Lipu e WWF ‘Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte’.
Facciamo un passo indietro. A novembre 2024 sul Ponte sullo Stretto di Messina il governo ha avuto dalla commissione Via-Vas una Valutazione d’Incidenza Ambientale (VINCA) negativa su alcune aree vincolate. “Per aggirare questo problema, il governo ha proposto delle opere di mitigazione, sulla base delle quali la commissione Via-Vas ha dato, a maggio 2025, un parere positivo. In presenza di una VINCA negativa, secondo le normative, serve però un ulteriore ok sul parere della commissione Via-Vas da parte dell’Unione europea. Per evitare una bocciatura da parte della Commissione Ue, il governo ha tirato fuori la relazione IROPI (acronimo di “Motivi Imperativi
di Interesse Pubblico Prevalente”, ndr), approvata il 9 aprile scorso dal Consiglio dei ministri, che non è altro che un tentativo di giustificare davanti all’Ue la deroga ambientale, nonostante la negativa Valutazione di Incidenza Ambientale. Sarebbe possibile procedere in deroga infatti solo per opere che servono per la salute pubblica e per aspetti di natura militare”, ha spiegato Marino a Fanpage.it.
Sostanzialmente il governo con la relazione IROPI ha voluto sancire i motivi di imperativo interesse pubblico del progetto del Ponte sullo Stretto, per approvarlo, forzando la procedura, in deroga ad alcune norme ambientali, dichiarando le finalità militari dell’infrastruttura e richiamando esplicitamente anche il piano dell’Unione europea Military Mobility, che ha l’obiettivo di migliorare la “resilienza” delle infrastrutture europee e favorire una mobilità sicura e rapida di truppe e mezzi militari in caso di necessità, in raccordo con le esigenze NATO. È stato il sottosegretario Prisco, in risposta a Bonelli, a citare proprio il corridoio Scandinavo-Mediterraneo, una rete di infrastrutture (soprattutto ferrovie) di quasi 12mila chilometri, che attraversa diversi Paesi (Italia: Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Germania e Austria), che includerebbe anche il collegamento ferroviario e stradale tra Reggio Calabria e Palermo.
“A mio avviso si tratta di un tentativo disperato, per evitare un parere negativo dell’Unione europea, che comunque dovrà pronunciarsi”, ha detto il professore. “Il governo sostiene che trattandosi in questo caso di un’opera militare, basta una
semplice comunicazione alla Commissione europea, che ancora a quanto ci risulta non è stata fatta”. Mentre il governo attende quindi il via libera al progetto da parte del CIPESS il comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, la partita nelle prossime settimane si sposta quindi in Europa. Al momento, come ha fatto sapere lo scorso 2 luglio un portavoce della Commissione europea, non c’è stato nessun “disco verde” per la classificazione militare del Ponte sullo Stretto di Messina, da parte dell’esecutivo Ue: “Spetta alle autorità italiane valutare se lo scopo principale del ponte sia militare o civile”, ha specificato il portavoce.
“Se il Ponte diventa un’infrastruttura militare, il progetto va rifatto”
Il punto è che il Ponte sullo Stretto è progettato come infrastruttura civile. “Ma le infrastrutture militari possono essere realizzate solo da imprese che hanno particolari requisiti, e che si devono impegnare a un vincolo di segretezza. È evidente che dovrebbe esserci una progettazione completamente diversa, come sostiene l’onorevole Bonelli”, ha detto Marino a Fanpage.it. “E poi un’opera militare dovrebbe rispettare determinati parametri, anche in termini di sicurezza, che non sono evidentemente quelli del Ponte sullo Stretto di Messina. Il collegamento tra Sicilia e Calabria, se fosse un’infrastruttura civile, non verrebbe necessariamente presa di mira in un attacco. Un’infrastruttura militare invece sarebbe la prima a essere oggetto di bombardamenti nemici”. Quindi, sostiene il
professore, se il governo adesso vuole trasformare l’opera in infrastruttura militare “deve rifare il progetto: se sul ponte passano i treni è una cosa, se passano i carri armati è tutta un’altra storia”.
§”L’Ue per esempio potrebbe valutare che il Ponte ha un uso misto. Naturalmente qualunque infrastruttura civile può essere utilizzata per finalità militari, ma rimane comunque infrastruttura civile. Allo stesso modo, qualunque infrastruttura militare può essere utilizzata per scopi civili, ma rimane un’infrastruttura militare. Nei due casi il tipo di progettazione è differente”
A giorni, secondo i proclami di Salvini, come dicevamo è atteso anche l’ok del CIPESS al progetto definitivo, poi servirà il progetto esecutivo. Ma se fossimo in presenza di un’infrastruttura militare, potrebbe sorgere anche un problema di competenza: il CIPESS potrebbe anche dover acquisire prima di pronunciarsi altri pareri da parte del ministero della Difesa, da cui dipendono appunto questo tipo di infrastrutture. E così, come in un castello di carte, tutta l’impalcatura per la realizzazione dell’opera potrebbe crollare, tassello dopo tassello. Anche perché è improbabile che l’Unione europea possa accettare la semplice comunicazione da parte del governo, come sostiene Salvini. Secondo il ministro, dopo il via libera all’accordo di programma – firmato qualche giorno fa al Mit da governo, Regione Sicilia, Regione Calabria, Rfi e Anas, per definire preventivamente gli impegni e i ruoli di ciascuno
mancherebbero gli ultimi passaggi per avviare i cantieri: la comunicazione alla Commissione europea appunto, e l’approvazione al CIPESS. Per Marino, “l’Ue potrebbe esprimersi negativamente sul superamento dei vincoli ambientali. Non basta che il governo comunichi che si tratta di un’opera militare, bisogna anche dimostrarlo. Il concetto di ‘scopo principale’ o di ‘uso prevalente’ dell’opera è fondamentale”.
Tutto questo aprirebbe ancora una volta la strada a contenziosi e ricorsi da parte di Comuni e di associazioni ambientaliste presso il Tar o presso la Corte di Giustizia europea, visto che la procedura presenta forti elementi di illegittimità.
(da agenzie)
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