DA GENOVA A NAPOLI, COME DUE POLIZIOTTI HANNO TRASFORMATO UN INCUBO IN UNA FAVOLA DI NATALE
UN INTERVENTO RAPIDO, EFFICIENTE E LA TIPICA SOLIDARIETA’ E UMANITA DEL MERIDIONE
La strada che collega Genova e Napoli è un viaggio nel tempo in queste Feste del 2017. 
Due città di storia e cultura simbolo del nostro Paese sono a 700 chilometri di code e stress, perchè le alternative per “raggiungersi” sono poche.
Una sola compagnia aerea a collegarle e una tratta ferroviaria che obbliga al cambio a Roma.
E il viaggio in macchina, così, diventa una sorta di ritorno al passato, come se si avessero ancora carri e cavalli per attraversare l’Italia, come se questa Nazione fosse ancora ferma al palo della storia a cui attaccare i buoi all’arrivo in locande trasformate in autogrill e caselli dove si paga il pedaggio di infrastrutture ancora ferme agli anni in cui sono state create.
Il Tirreno lo vedi poco, ma sai che è lì sulla tua destra, lasciando la Superba alle spalle, guardando la sua meraviglia dallo specchietto retrovisore mentre ti allontani e ricordandola come un miraggio fino a Partenope.
Il mare lo tieni in mente e le sue onde sono quelle che vorresti navigare, senza incidenti come quello all’altezza di Firenze che fa bloccare il traffico per due ore e mentre si teme l’arrivo a Roma dove si sa che pure se si è partiti all’alba ci sarà l’inferno di tanti altri che agognano il Sud.
La barriera del casello autostradale della Capitale è un muro da scalare, fin quando il terzo rifornimento del viaggio diventa la sosta che rigenera ossa e muscoli da una postura ormai irrimediabilmente mutata.
Dopo che l’ultimo tratto Caserta-Napoli è una due ore di zig zag per lavori in corso, si arriva finalmente in tangenziale. Sono passate otto ore e mezza e il Vesuvio sembra prendersi gioco del groviglio di metallo e corpi che viaggiano su ruote stremate.
L’ennesimo sospiro di sollievo è la colonna sonora che ha preso il posto di tutte le playlist che si sono consumate.
Ma lì dove il viaggio sarebbe dovuto terminare, inizia l’avventura.
Il cammino finisce, effettivamente. Ma in maniera drammatica.
La macchina “genovese” si pianta. Il motore si spegne, in corsia di sorpasso, e non ne vuole più sapere di partire.
Il traffico, in questo caso, diventa però una “salvezza” e nel poco spazio disponibile, dopo aver piantato il triangolo sull’asfalto come se fosse un paletto nel cuore della strada vampira che sta togliendo anche l’ultimo anelito di speranza, si rimane nel vuoto, certi che un miracolo non possa accadere. Ma invece succede.
In nemmeno un quarto d’ora, il dramma si conclude in una inusuale favola di Natale con due re magi che arrivano a bordo di una pattuglia della stradale: il sovrintendente Procolo Scotti e il sovrintendente Rosario Perrotti.
Due parole, nella rapidità di un’azione da film americano: «Salite in macchina e mettete in folle». In testa si ha ancora l’immagine di un qualcosa che non succederà : perchè non c’è bisogno del carroattrezzi e in pochi attimi la coppia della stradale risolve quella che poi definiranno una «situazione da emergenza vita».
La macchina della polizia napoletana è, infatti, “speciale”: ha un cuscinetto sul paraurti e così il mezzo viene spinto fino all’area di servizio a meno di un chilometro di distanza.
Sono passate più di undici ore dalla partenza, Genova nello specchietto è un riflesso sbiadito ma nell’area di servizio della Esso, all’uscita di Capodimonte, il Natale da incubo si trasforma in una piccola festa di benvenuto a Napoli.
I due poliziotti offrono il caffè, i ragazzi del bar l’acqua per il cane, tutti un sorriso e un’umanità che risplende più delle luminarie delle Feste.
E il lungo viaggio da Nord e Sud, grazie a due uomini in servizio che vedranno il riposo solo alla fine di un lungo turno di notte, diventa improvvisamente una piccola, grande storia a lieto fine. Venti minuti di soccorso stradale che hanno modificato un’intera giornata in un momento sospeso nel tempo: un “incubo” finito in una calda realtà .
(da “il Secolo XIX”)
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