DALLE SEI ALLE VENTI, GIORNATA DI LAVORO NO STOP
C’ERA UNA VOLTA IL PAESE DEI FANNULLONI
Il lavoro può rendere “schiavi” non solo perchè sotto-pagato.
Salari e stipendi più bassi, spesso al limite della soglia di povertà , costringono infatti a lavorare più a lungo.
La tendenza in atto ad allungare gli orari di lavoro era chiara, in fondo, nel piano di Marchionne per Pomigliano, prima, e per tutta la Fiat, poi.
Riduzione delle pause da 40 a 30 minuti, riduzione della pausa mensa, portata a fine turno. Non è un caso, quindi, che qualche settimana fa un’altra azienda, l’Alcoa di Venezia, abbia ipotizzato di abolire la pausa mensa perchè l’intervallo per recarsi a pranzare era troppo lungo.
L’idea, dopo le proteste degli operai, è rientrata ma resta indicativa di una tentazione.
C’era una volta il paese dei fannulloni
Eppure l’Italia, secondo l’Ocse, è uno dei paesi dove si lavora di più, il secondo tra quelli dell’Europa occidentale dopo la Grecia paesi in cui si lavora per 2.034 ore medie annue a persona. In classifica scorrono i paesi dell’Europa dell’est, la Russia, la Turchia e gli Stati Uniti ma al tredicesimo posto troviamo l’Italia con 1.752 ore medie annue a persona (dati Ocse, 2012). In Francia sono 1.479, in Germania 1.393, in Spagna 1.666.
La media dell’area euro è di 1.557, molto al di sotto di quella italiana.
Quindi, a dispetto delle tradizionali battute sugli italiani “fannulloni”, il nostro paese è collocabile più nella fascia dei paesi emergenti che in quelli pienamente sviluppati dove pure figura.
Sul piano della produttività , ovviamente, il discorso cambia: per ogni ora lavorata, infatti, il prodotto interno lordo italiano, 46,7 dollari, è sotto la media dell’area euro pari a 52,9 dollari. La Germania produce in ogni ora 58,3 dollari, la Francia 59,5 mentre gli Stati Uniti arrivano a 64,5 dollari.
La produttività , però, dipende da numerosi fattori come lo stato delle infrastrutture, l’innovazione industriale, l’organizzazione del lavoro e, comunque, non elimina il fatto che nel nostro paese si lavori molto
E sempre più si lavorerà , come nel resto dell’occidente, in seguito allo sviluppo di organizzazioni del lavoro basate su internet. L’impatto delle nuove tecnologie sta modificando in profondità il rapporto con il lavoro e per capirne la portata occorre guardare a quanto avvenuto alla Bmw, la casa automobilistica tedesca. In seguito all’accordo raggiunto il mese scorso, infatti, l’orario di lavoro comprenderà anche le ore passate dai dipendenti fuori dall’azienda, in operazioni di lavoro, su computer, smartphone o anche solo ricevendo e trasmettendo mail.
Le ore passate su internet, per conto dell’azienda verranno conteggiate in un conto globale del dipendente e quindi detratte dal proprio orario
L’accordo tedesco mette in evidenza un aspetto apparentemente secondario degli orari di lavoro, e di vita, ma facilmente misurabile da chiunque sia abituato, o costretto, a “portarsi il lavoro a casa”.
In realtà , anche il ritorno a casa dal lavoro è cambiato. Da diversi anni, infatti, la prima serata tv è slittata dalle 20,45 – l’orario di inizio dei film o degli spettacoli di circa venti anni fa-alle attuali 21,30.
Le mail della Bmw cambiano l’orario settimanale
Un modo per adattare la tv allo slittamento degli orari anche se, a giudicare dalle molte proteste degli utenti, il ritardo serale impatta negativamente su famiglie che devono alzarsi molto presto per andare a lavoro.
Il problema degli orari e del “rientro a casa” e quindi della gestione delle famiglie, è stato preso molto seriamente qualche anno fa dall’Ufficio “per la pastorale della famiglia” e da quello “per i problemi sociali e del lavoro” della Conferenza episcopale italiana.
Quando, nel 2007, monsignor Nicolli e monsignor Tarchi hanno presentato il convegno “Un lavoro a misura di famiglia” hanno utilizzato la testimonianza di una giovane “lavoratrice madre “madre lavoratrice”: “Esco da casa alle 6,30 e rientro alle 19,30. Da quando mi sono sposata l’orario di lavoro è diventato insostenibile, soprattutto dopo la nascita del mio primo figlio che oggi ha due anni e mezzo. Nonostante il mio titolo di studio e il lavoro che svolgo, percepisco una retribuzione al netto tra i 1.100 e i 1.200 euro mensili”.
Il marito ha gli stessi orari e percepisce lo stesso reddito. “Rientrati a casa – continua la signora trentenne – nonostante la stanchezza della giornata lavorativa, ci occupiamo di tutte le faccende domestiche: cena da preparare, camere da riordinare eccetera. Oltre a queste attività io e mio marito cerchiamo di dedicare le attenzioni necessarie a nostro figlio che vuole giocare, vuole le coccole che alla sua età sono più che normali. Dopo cena, mentre mio marito lava i piatti e sistema la cucina, io mi occupo di preparare il bimbo per la notte e se tutto va bene per le 23:00 siamo tutti a letto”.
Il giorno dopo, ovviamente, si ricomincia.
Salvatore Cannavò
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