DI CHI E’ IL SIMBOLO DEL M5S? LE DUE VERITA’ DI GRILLO E CONTE E IL RISCHIO DI FINIRE IN TRIBUNALE
C’E’ UNA SENTENZA CHE LO COLLEGA AL FONDATORE, MA PER CONTE E’ DELL’ASSOCIAZIONE M5S
Anche i matrimoni d’interesse, in questo caso politico ed economico, rischiano di finire in tribunale. È uno scenario possibile anche per il Movimento 5 Stelle. Il motivo? È tutto di potere (e di sopravvivenza). Perché, dopo essere finita sotto al 10% alle Europee di giugno, la creatura di Beppe Grillo è stata posta davanti a una svolta storica dal leader Giuseppe Conte: via immediato alle assemblee con la partecipazione della base, per provare a rilanciare il partito attraverso l’ascolto dei militanti. Il che potrebbe portare allo sblocco del terzo mandato elettivo e, addirittura, al cambio di nome.
A pochi giorni dal via delle assemblee che potrebbero sancire una rivoluzione, il comico sceso in politica ha dato il segnale che da tempo si attendeva cercando di bloccare il cammino di Conte (pur senza citarlo) e appellandosi ai sostenitori del Movimento delle origini: «Vi chiedo di ascoltare la vostra coscienza. In questo momento cruciale non possiamo permetterci di smarrire la nostra rotta. Custodiamo e proteggiamo ciò che abbiamo costruito insieme». Grillo vuole che tutto rimanga così com’è. E continua a ribadire: «Il simbolo del M5S è mio e dell’associazione che ho fondato». Tesi però rigettata in blocco dall’ex premier, professore con una lunga esperienza da giurista.
E proprio questo potrebbe essere il punto di rottura. Con un eventuale braccio di ferro in tribunale. «Se Grillo tira la corda sarà un passaggio quasi certo», dicono ai piani alti dei 5 Stelle. La «macchina» del potere interna al Movimento — a differenza di tutti gli altri partiti — è regolata quasi esclusivamente sullo statuto (cavilli in primis) e poco su logiche politiche interne. Per questo è fondamentale ricostruire a livello burocratico come si è arrivati allo scontro finale. La prima Associazione MoVimento 5 Stelle fu fondata da Grillo nel 2009, assieme al visionario Gianroberto Casaleggio. Nel dicembre 2012, per questioni burocratiche legate alla presentazione delle liste per le Politiche 2013, sempre Grillo costituisce un’altra associazione con suo nipote Enrico e il commercialista Enrico Maria Nadasi. Fin qui tutto bene, con i consensi che si gonfiano in maniera sorprendente.
Nel 2017, dopo la morte di Casaleggio senior, suo figlio Davide e l’allora capo politico Luigi Di Maio fondano un’ulteriore associazione. Lo storico boom, che incoronerà i 5 Stelle come primo partito d’Italia alle Politiche 2018, è già nell’aria. Grillo lo sa bene e, annusando che «Luigi» e Casaleggio junior stanno catalizzando troppo potere, punta i piedi e minaccia di ritirare l’uso del simbolo. Il futuro vicepremier e il figlio di Casaleggio sono costretti ad andare da Grillo nella sua villa di Marina di Bibbona per trovare una mediazione: un film che si ripeterà più volte.
Toccata la vetta — e dopo aver governato sia con la Lega, sia con il Pd e aver appoggiato il governo Draghi — arrivano i tempi bui. Di Maio fa la scissione, Conte è eletto nuovo leader (e senza avversari interni). Qui si configura la questione giuridica chiave, che secondo Grillo gli dà una grande forza. Conte, in veste di leader del partito, presiede infatti l’associazione fondata da Di Maio e Casaleggio junior. E una sentenza della Corte d’Appello di Genova — a cui si è arrivati al termine di una causa avviata dall’avvocato Lorenzo Borrè a difesa di un gruppo di espulsi dal partito — afferma che il nome M5S è associato al simbolo registrato da Grillo. «No, appartiene all’Associazione Movimento 5 Stelle», ha ribadito di recente Conte in un’intervista al Corriere. Ma Nadasi insiste: «Quel contrassegno ha avuto una sua evoluzione, ma come accade con le auto, possono cambiare i modelli: la fabbrica rimane la stessa. Il Dna è di Grillo».
Interpretazioni giuridiche a parte, fonti vicine all’ex premier osservano che lo statuto definisce «graniticamente» che «l’assemblea è l’organo sovrano».
Non a caso Conte ha lanciato il voto dell’assemblea medesima. E nelle prime 24 ore della piattaforma online che deve raccogliere le idee per «il M5S del futuro» sono già più di un migliaio le proposte arrivate. La maggior parte di quelle sul doppio mandato punta a una revisione del meccanismo cardine del Movimento: sottoporre il terzo incarico a una votazione della base o prestare servizio a titolo gratuito. Anche sul simbolo, poi, la base si fa sentire. C’è chi contesta l’immobilismo del garante — suggerendo di inserire la scritta «Conte presidente» o di eliminare il riferimento al 2050 (la data entro cui la Ue si impegna a conseguire la neutralità climatica) — e chi invece non vuole alcuna modifica. I risultati della consultazione sono previsti per metà ottobre. E se la base dicesse «sì» a Conte, a Grillo non rimarrebbe che rivolgersi al tribunale.
(da Repubblica)
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