DONNE SFRUTTATE, TROPPA MISERIA E MALATTIE
DOPO 25 ANNI I RISULTATI DEI PROGETTO FISSATI DAL MILLENNIUM DEVELOPMENT GOALS SONO NEGATIVI
Anche solo guardando i numeri che riguardano la popolazione femminile a livello mondiale, dall’accesso all’istruzione, alle cure mediche, al lavoro, è chiaro che abbiamo fallito.
Una persona su due in Africa Subsahariana vive ancora oggi in una slum e un lavoratore su due al mondo opera in condizioni cosiddette “vulnerabili”, senza la certezza di un salario o di diritti.
Un bambino su 4 soffre la fame e dal 2000 a oggi gli “orfani di AIDS” sono molti di più rispetto a 15 anni fa.
E ancora, 57 milioni di bambini sono oggi esclusi da un programma di formazione primario, la metà rispetto a 10 anni fa, ma pur sempre un numero enorme, pari come ordine di grandezza all’intera popolazione italiana.
Va detto: molto è stato fatto dal 1990 a oggi riguardo ai famosi Millennium Development Goals, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, ma globalmente e soprattutto localmente, pare abbiamo poco da esultare.
I dati li racconta un report pubblicato in questi giorni dalle Nazioni Unite, che fa il punto sugli 8 macro obiettivi, proprio nell’anno della resa dei conti, quello che nel 1990 era stato fissato come un momento di svolta per il mondo.
Mancano ancora troppi dati
Abbiamo fallito non solo perchè nella maggior parte dei casi non abbiamo raggiunto i target che ci eravamo prefissati 15 anni fa, ma soprattutto perchè per molti paesi, per molte persone, non abbiamo ancora dati.
Se ci sconcertano le cifre riportate nel report infatti, dovrebbero lasciarci ancora più allibiti quelle che mancano: in molti casi per esempio i dati sono raccolti per famiglia, e non a livello individuale, il che rende difficoltoso avere il polso reale della popolazione femminile.
Secondo quanto riportato nel report, in Oceania, Africa, Sudest asiatico e in Centro America oltre il 50 per cento dei paesi non avrebbero dati sulle cause di morte delle donne durante il parto.
Le donne sono ancora al centro delle disuguaglianze sociali
Anche accontentandoci dei dati che abbiamo, è evidente che più di tutti sono le donne a portare sulle spalle il peso delle disuguaglianze sociali.
Una mancata parità di diritti di fatto che si traduce in tassi di scolarizzazione ancora inferiori a quelli degli uomini e a livelli di occupazione molto bassi.
Il terzo degli Obiettivi del Millennio era proprio ridurre le disparità fra i sessi per quanto riguarda la formazione primaria e secondaria.
Se globalmente il gender gap si è notevolmente ridotto negli ultimi 25 anni, rimangono forti differenze geografiche.
Il Gender Parity Index, scelto come indicatore per misurare i progressi fatti, parla da sè: soprattutto in Africa e nel Sudest Asiatico dal 1990 a oggi l’accesso allo studio, anche per l’istruzione primaria, rimane bassissimo.
Nelle medesime zone poi, solo una piccola percentuale di donne ha accesso a un lavoro pagato (escluso l’ambito agricolo): il 19 per cento in nord Africa, la stessa percentuale di 25 anni fa, il 21 per cento nel Sudest asiatico e il 34 per cento in Africa Subsahariana.
Troppi non hanno accesso alle cure
Le disuguaglianze sociali si traducono inevitabilmente anche in disparità di accesso alle cure sanitarie.
Il quarto degli Obiettivi del Millennio aveva stabilito di ridurre la mortalità dei bambini sotto i 5 anni del 75 per cento.
Sebbene la situazione sia andata sensibilmente migliorando, non si è arrivati al 50 per cento, con il risultato che da 90 si è passati a 43 morti per 1000 nati vivi, cioè 4 su 100. Con picchi di 86 per 1000 in Africa Subsahariana.
Anche 510 morti su 100 mila puerpere in Africa Subsahariana sono ancora moltissime: 1 su 200. Forse perchè ancora oggi solo 7 donne su 10 in media partoriscono assistite da personale sanitario.
HIV, TB, malaria e vaccini
Nonostante le molte sconfitte però, vanno sottolineati anche i casi in cui gli obiettivi sono stati raggiunti.
Stiamo parlando della lotta contro malattie come l’Aids, la Tb o la malaria, che 25 anni fa ci eravamo prefissati di bloccare e nella migliore delle ipotesi di invertirne la rotta. Sebbene anche qui sussistano disparità per quanto riguarda l’accesso alle cure, e nonostante la consapevolezza del problema sia ancora scarsa fra i giovani nei paesi in via di sviluppo, nel 2014 13,6 milioni di malati di Aids hanno ricevuto la terapia antiretrovirale.
Erano 800 mila nel 2003.
Un ultimo punto riguarda i vaccini. Il report lo rileva in maniera chiara: i vaccini continuano a salvare la vita a milioni di bambini.
Si stima infatti che il vaccino contro il morbillo abbia aiutato a prevenire la morte di 15,6 milioni di bambini dal 2000 al 2013, anche se ancora oggi 15 persone su 100 non ne possono usufruire.
Ancora 836 milioni di persone in estrema povertà
La povertà è un concetto dunque estremamente complesso e difficile da quantificare. Il primo del Millennium Development Goals riguardava le situazioni di estrema povertà , stabilendo di dimezzare, tra il 1990 e il 2015, la percentuale di persone con un reddito inferiore a 1,25 dollari al giorno.
Guardando i dati, pare che l’obiettivo, tranne in Africa Subsahariana, sia stato raggiunto, ma se queste cifre rappresentino un successo o un fallimento è una questione delicata.
Nel 1990 erano 1.926 milioni le persone che vivevano con meno di 1,25 dollari al giorno, mentre oggi il numero è “sceso” a 836 milioni.
Più degli abitanti dell’intera Europa.
Cristina Da Rold
(da “L’Espresso“)
Leave a Reply