DOPO LO STOP ALL’EXPORT DI ASTRAZENICA, L’ITALIA RISCHIA IL BOOMERANG
LONDRA PROTESTA, GERMANIA E OLANDA “FREDDE”, SOLO LA FRANCIA TIEPIDA…PREVALE IL TIMORE DI INNESCARE UNA PERICOLOSA GUERRA PROTEZIONISTICA MONDIALE… CI SONO STATE GIA’ 174 RICHIESTE ACCOLTE
La decisione di Mario Draghi di bloccare un export di 250mila dosi di vaccino Astrazeneca destinato all’Australia scuote gli altri Stati membri dell’Unione Europea.
E’ stata presa in virtù del regolamento europeo adottato dalla Commissione Ue a fine gennaio nel trambusto dei litigi con Astrazeneca, accusata di aver dirottato in Gran Bretagna lotti di fiale anti-covid destinate al continente. Il regolamento della Commissione sugli export dei vaccini parla chiaro. Prevede uno stretto monitoraggio da parte delle autorità nazionali ed europee, obbliga le aziende farmaceutiche a chiedere l’autorizzazione per esportare le fiale fuori dall’Ue, ad eccezione dei paesi poveri e di tre ‘paesi partner: Israele, Svizzera e Ucraina.
Il punto però è che a Bruxelles l’hanno pensato più come arma di pressione che come reale strumento per bloccare le esportazioni.
Tanto che da quando il regolamento è entrato in vigore, il 30 gennaio scorso, fino al primo marzo, l’Ue ha approvato 174 richieste di autorizzazione all’export di vaccini verso 30 paesi: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Bahrain, Canada, Cile, Cina, Colombia, Corea del Sud, Costa Rica, Ecuador, Emirati Arabi, Hong Kong, Filippine, Giappone, Kuwait, Macao, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Oman, Panama, Perù, Qatar, Regno Unito, Repubblica Dominicana, Singapore, Stati Uniti, Sud Africa e Uruguay.
L’Italia è il primo Stato europeo a prendere sul serio il regolamento approvato a gennaio. Oggi il ministro della Salute francese Olivier Vèran annuncia che anche la Francia “potrebbe” bloccare l’export di vaccini Astrazeneca, Germania e Olanda sono invece più fredde.
I governi di Berlino e de L’Aja non ripudiano il regolamento: del resto, lo ha approvato anche la stessa Angela Merkel, all’unanimità con gli altri leader europei all’ultima videoconferenza sulla pandemia il 25 febbraio scorso, ma continueranno a usarlo più come arma di pressione che come reale bando dell’export.
“Dobbiamo fare pressione affinchè le consegne promesse siano mantenute”, dice il ministro tedesco della Salute Jens Spahn. “La nostra principale preoccupazione è avere trasparenza e questa trasparenza è condivisa con la Commissione. Ad oggi – continua Spahn – non abbiamo ragioni per non autorizzare le consegne di vaccini in altre parti del mondo”. Va detto che il vaccino AstraZeneca non viene prodotto in Germania, ma alcune dosi sono infialate dalla azienda tedesca Idt Biologika.
A quanto apprende Huffpost da fonti diplomatiche, anche il governo olandese è su questa posizione: nulla da bloccare, solo ‘pressing’.
Il malumore emerge in chiaro dalle dichiarazioni di due eurodeputati della Spd tedesca. La mossa italiana è stata “estremamente miope”, dicono il presidente della Commissione per il commercio all’Europarlamento Bernd Lange e il portavoce per la politica sanitaria dell’Spd Tiemo Wà¶lken. Il blocco dell’export apre “il vaso di Pandora e potrebbe portare a una battaglia globale per i vaccini”, la pandemia richiede “cooperazione anzichè scontro”.
L’Australia chiede alla Commissione Ue di fare marcia indietro.
Ma ormai la temperatura sul tema è salita a livello mondiale. Il protezionismo sui vaccini sembra avanzare di pari passo con le varianti del virus.
L’India, per dire, protesta con gli Stati Uniti per la scelta di Washington di bloccare temporaneamente l’export di alcune materie prime necessarie per il prodotto finito.
Una mossa che “va rivista”, dice Adar Poonawalla, capo esecutivo del ‘Serum Institute of India’, gigante dei vaccini a livello mondiale che produce Astrazeneca e tra poco anche le dosi di Novavax. “Se si punta allo sviluppo della capacità produttiva in tutto il mondo, la condivisione di queste materie prime, che non possono essere sostituite nel giro di sei mesi o un anno, è necessaria e non può essere ostacolata”.
La Gran Bretagna, parte in causa di tutta questa storia fin dall’inizio, è a dir poco risentita per la scelta italiana. “La ripresa globale dal covid si basa sulla collaborazione internazionale. Dipendiamo tutti dalle catene di approvvigionamento globali: mettere in atto restrizioni mette in pericolo gli sforzi globali per combattere il virus”, dice il portavoce del primo ministro Boris Johnson, che ieri ha avuto un colloquio con Draghi.
Il portavoce di Johnson rivela poi un particolare molto utile a inquadrare questa storia. Quando “all’inizio di quest’anno il premier ha parlato con von der Leyen – dice – la presidente della Commissione lo aveva rassicurato sul fatto che il focus del loro meccanismo era sulla trasparenza e non intendeva limitare le esportazioni da parte delle aziende. Ci aspetteremmo che l’Ue continui a mantenere i suoi impegni”.
Insomma, pur prevedendo il bando degli export dei vaccini per le aziende che non rispettano gli impegni già presi con l’Ue, il regolamento europeo non voleva essere un bando vero. Solo uno strumento di pressione. In altre parole: una finta. Kafkiana, come capita spesso nelle cose europee.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply