DUE PARTITI IN UNO, L’ETEROGENESI DI SALVINI: SI SALVA GRAZIE A ZAIA
LA GHIRBA GLIEL’HA SALVATA ZAIA
Passerà alla cronaca (non scomodiamo la storia) come un caso di scuola di eterogenesi
dei fini applicato a Salvini. L’eterogenesi dei Salvini. Perché, c’è poco da fare, la ghirba gliel’ha salvata Luca Zaia, il grande interprete di una Lega opposta rispetto a quella incarnata dal leader leghista.
Da un lato autonomia e pragmatismo, Draghi e gestione oculata del Covid, Europa e imprese. Dall’altro Ponte sullo Stretto e Le Pen, no vax e dazi, Putin e condoni per Napoli.
Ecco, dicevamo, opposta. E anche mal tollerata senza neanche troppa dissimulazione. Ricordate quando Salvini, in piena campagna elettorale, dichiarò che avrebbe spedito l’ex governatore a Roma, dopo avergli impedito di formare una lista
e dopo non averlo difeso sul terzo mandato?
Invece, proprio lui, Zaia, da capolista, evita col suo consenso quella che sarebbe stata una debacle per tutti. Ovvero, il sorpasso da parte di Fratelli d’Italia come era accaduto alle Europee dello scorso anno. Allora, il partito di Giorgia Meloni raggiunse il 38 per cento, tre volte la Lega. Risultato prevedibile del film che sarebbe iniziato: crisi di nervi, possibile processo interno, fine delle speranze di mantenere, quando sarà, un proprio candidato in Lombardia.
Certo, rispetto alla volta scorsa, non c’è paragone. Nel 2022, la lista Zaia prese il 44 e la Lega il 16. Sommate, il 60 per cento, più o meno quanto ha raccolto Alberto Stefani con tutta la coalizione.
Però il 35 per cento del listone leghista, guidato dall’ex governatore e dai suoi uomini, consente di dire che la “ditta” non è fallita.
Insomma, facciamola breve. Il voto è la grande rivincita della “Lega nord” sulla Lega sovranista e vannacciana che, dopo la figuraccia in Toscana, conferma una sua flessione, rispetto alla volta scorsa, anche in Puglia e Campania.
Politicamente parlando, la ditta si salva quando tutela il suo core business e quel principio identitario, su cui la Lega si affermò trent’anni fa. La contraddizione è politicamente enorme, perché della leadership investe linea, parole d’ordine e classe dirigente. Ora il tema è squadernato.§
E non è questione di amarcord. Riguarda anche il ruolo da agire nel governo, di qui alle politiche: la sfida ideologica da destra a Meloni non funziona, il “sindacato di territorio” o, se volete, il “partito del Pil” consente invece di avere uno spazio sia di azione politica sia di rappresentanza di interessi
Quanto e come potranno coesistere due partiti in un corpo solo? Il quesito nasce spontaneo guardando i numeri e le conferenze stampa separate di Zaia e Stefani (con Salvini). Probabilmente rimarranno in un corpo solo e la leadership, almeno fino al voto, non sarà in discussione.
Però non ci vuole Cassandra per prevedere che il partito del Nord costringerà Salvini, nell’immediato, ad essere meno arrendevole sui tavoli delle candidature.
Sul resto è lecito avere dubbi. Gli uni non sono mai stati molto inclini alla pugna e al “chiarimento”, l’altro finora si è sempre dimostrato incapace di cambiare schema.
Alessandro De Angelis
per “La Stampa
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