È TUTTO DA RIFARE MA CONTE TENTENNA
URGONO STRETTE VERE MA IL PREMIER PRENDE ANCORA TEMPO, VENERDI’ IL REDDE RATIONEM
C’è una vera e propria battaglia nel governo e riguarda una nuova stretta a livello nazionale per arginare l’ondata di contagi.
L’ala dei rigoristi, guidata da Dario Franceschini, Roberto Speranza e dal commissario straordinario Domenico Arcuri, spinge affinchè venerdì, dopo il consueto report dell’Istituto superiore di sanità , si tiri una riga e, in coordinamento con il Comitato tecnico scientifico e le Regioni, si prepari un nuovo pacchetto di misure già a partire dal prossimo fine settimana.
Dall’altro lato quasi tutta l’intera pattuglia del Movimento 5 stelle che invita alla prudenza, che evidenzia come la tenuta sociale ed economica del paese sia a rischio, come un nuovo giro di vite potrebbe trascinare intere fasce di popolazione nel baratro. E Giuseppe Conte in mezzo.
La linea dei ministri della Cultura e della Sanità è riassumibile in questi termini: le misure prese nell’ultimo dpcm non stanno nè in cielo nè in terra, non fanno i conti con la realtà , se non ci acconciamo adesso a un periodo di restrizioni e sacrifici nel giro di qualche settimana saremo costretti a un lockdown, e allora sì che saranno lacrime e sangue.
Walter Ricciardi, che di Speranza è consulente, lo ha detto chiaro e tondo, aprendo uno squarcio su quel che sono le spinte che provengono dal ministero: “Milano, Napoli e forse Roma sono fuori controllo. Quando non riesci a contenere devi mitigare, ovvero devi bloccare la mobilità ”.
Da Palazzo Chigi al momento si smentisce categoricamente che un nuovo dpcm sia previsto per il weekend. “Eppure vedrai che lo faranno”, ammette un ministro M5s.
Il capo del Governo sta monitorando con il suo entourage l’andamento della curva. E’ restio a accelerare su provvedimenti più drastici, ma è ben conscio che la situazione è fluida, e che nel giro di poche ore il quadro potrebbe cambiare drasticamente. L’alto numero di contagi di oggi, sopra i 15 mila, è stato letto con preoccupazione, e dal suo entourage fanno sapere che il governo è “pronto a intervenire” in qualunque momento. “Il punto è che al momento non vuole mettersi contro gli industriali, con i quali ha pochi rapporti”, è il punto di vista di una fonte pentastellata nell’esecutivo.
Conte confida di poter evitare un nuovo dpcm anche in funzione della nuova strategia nella quale inizialmente si è trovato stretto e che poi ha deciso di sposare.
Raccontano che sia stato l’intervento di Franceschini a essere dirimente, nelle ore successive alla serrata delle scuole disposta da Vincenzo De Luca: “Giuseppe, non possiamo fare la guerra alle Regioni impugnando le ordinanze. Dobbiamo sostenere le istituzioni locali e coordinare gli interventi, o rischiamo di andare allo scontro perenne”.
Dopo qualche ora di riflessione, il presidente ha dato il proprio via libera. A Speranza e a Francesco Boccia il compito di istituire il coordinamento delle operazioni. Il ministro degli Affari regionali ha istituito una sorta di cabina di regia permanente, sentendo quotidianamente quasi tutti i governatori valutando e validando le proposte.
Di concerto con il ministro della Salute, che sta controfirmando le ordinanze dei presidenti: prima la Campania, quindi il Piemonte, poi la Lombardia. E’ lo stesso governo a sollecitare le Regioni laddove la curva dei contagi appare più preoccupante, come in Veneto, Liguria e Valle d’Aosta. Conte stesso si è intestato l’operazione intervenendo al Senato: “In specifiche regioni siamo pronti a intervenire con misure più restrittive”.
E’ significativo il caso del Lazio. Nicola Zingaretti è tra coloro i quali fin dalla scorsa settimana ha insistito per misure più stringenti. In un primo momento, quando la strategia dei “lockdown” dal basso non era ancora maturata e all’orizzonte sembrava profilarsi una nuova stagione di scontro tra Roma e autonomie locali, aveva fatto sapere di non voler prendere decisioni in autonomia, conscio anche del significato politico che avrebbero assunto per il doppio ruolo di leader di uno dei principali partiti di governo. Il segretario del Pd si è mosso solo quando il quadro è diventato chiaro, procedendo come i colleghi a disporre coprifuoco e incremento della didattica a distanza.
Per i rigoristi, secondo i quali questa tecnica a macchia di leopardo comunque non basta, è un modo per rientrare dalla finestra, per Conte e il governo tutto è una via d’uscita per scaricare almeno una parte dell’impopolarità dei provvedimenti sulle Regioni.
Qualcuno nei 5 stelle maligna: “E’ scottato dall’indagine sulla mancata zona rossa nella bergamasca, è ovvio che da questo punto di vista non vuole avere storie”.
Quanto si potrà andare avanti in questa sorta di ordine sparso organizzato non si sa. Nessuno vuole il lockdown, ma i rigoristi continuano a spingere con forza per un nuovo dpcm, Palazzo Chigi prende tempo.
Venerdì, probabilmente, il redde rationem.
(da “Huffingtonpost”)
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