ECCO CHI HA VOTATO PER USCIRE DALLA UE: I DATI DEL NATIONAL OFFICE FOR STATISTICS
I RISULTATI DICONO CHE IL REMAIN E’ PIU’ FORTE DOVE CI SONO GIOVANI, ISTRUITI E STRANIERI INTEGRATI
Riprendiamo il controllo dei nostri confini. Era questo uno degli slogan utilizzato dai sostenitori della campagna per il leave nel referendum sulla Brexit.
Che, elemento paradossale, ha fatto maggiormente breccia in quelle zone del Regno Unito dove è più bassa la presenza degli immigrati.
I giovani contro i vecchi, le persone più istruite e benestanti contro quelle che hanno studiato meno e appartengono alla working class: l’analisi del voto sul referendum sulla permanenza nell’Unione europea consegna un’Inghilterra divisa in due.
C’è però un ulteriore elemento a dividere il Paese, ovvero la presenza di stranieri. Paradossalmente, dove è più alta la percentuale di immigrati, più bassa è stata la percentuale del leave.
Come a dire che chi vuole chiudere i confini vive in zone dove è più bassa la concentrazione di persone che questi confini li hanno attraversati.
Per ricostruire come sia andata, Wired ha messo a confronto i risultati del referendum con i dati sulla popolazione residente nata al di fuori dei confini britannici.
Si tratta di una stima effettuata dal National Office for Statistics, l’Istat del Regno Unito.
Precisato che per alcune contee dell’Irlanda del Nord non è stato possibile ricavare il dato sulla presenza degli stranieri, il risultato è questo: il leave ha trionfato solo in zone nelle quali la presenza di stranieri non va oltre il 22%.
E’ possibile che in questi risultati abbia influito anche il voto degli stranieri:, ma questo non toglie che tanto più la società è multietnica tanto meno è forte la tendenza all’isolazionismo che invece ha portato al trionfo del leave.
Di questo aspetto del voto sulla Brexit si è accorto il Guardian, che ha realizzato alcuni grafici per analizzare l’esito del referendum.
La scelta di rimanere nell’Unione europea ha poi fatto breccia tra i più giovani, ma anche tra le persone più benestanti e con un livello di educazione superiore.
Sono invece i più anziani, i più poveri e quelli che hanno studiato meno ad aver scelto di dire addio a Bruxelles.
Tendenze che del resto erano emerse anche prima del voto.
Nei giorni immediatamente precedenti all’apertura delle urne, YouGov aveva pubblicato un grafico che mostrava come la propensione al leave crescesse con l’età degli elettori.
Fatta eccezione per gli elettori dell’Ukip, tutti coerentemente schierati per il leave, si vede bene come tra gli under 30 la prevalenza fosse per il remain.
È solo tra i conservatori e, in parte, tra i sostenitori dello Scottish national party che l’aumento dell’età ha portato a scegliere di abbandonare l’Unione europea.
Altro aspetto censito da YouGov, l’opinione sulla Brexit in relazione al titolo di studio: anche in questo caso, l’Ukip fa eccezione.
Ma se si guarda agli elettori degli altri partiti, si vede bene come più è alto il titolo di studio, più è forte la tendenza verso il remain.
E mentre la Gran Bretagna è impegnata nell’analisi del voto, il Paese deve iniziare a confrontarsi con le prime conseguenze della vittoria del leave: la sterlina che crolla ai livelli più bassi da trent’anni a questa parte, Standard&Poor’s che annuncia che Londra perderà il rating Aaa, il premier David Cameron che annuncia le dimissioni. Ma anche una richiesta di ripetere il voto così forte tra gli elettori che il sito del governo sul quale è possibile pubblicare e sottoscrivere petizioni è andato in crash per il troppo traffico.
Quali saranno le conseguenze di questo referendum, che ha comunque un valore esclusivamente consultivo, è insomma una storia ancora tutta da scrivere.
(da “Wired”)
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