EFFETTO VOTO: A RISCHIO I MINISTRI LUPI E LA GIANNINI
NCD E SC SONO USCITI RIDIMENSIONATI DALLE URNE… SEL PENSA DI ENTRARE IN MAGGIORANZA IN VISTA DI UN PARTITO UNICO
“Uno per uno non erano gli elettori da portare al seggio, ma i parlamentari che si muovono verso il Pd”. La battuta di un deputato renziano fotografa bene il terremoto politico che il 40,8% di Matteo Renzi sta provocando.
Prima ancora che di movimenti parlamentari, però, si parla di movimenti al governo.
“Seguirò la volontà degli elettori”, ha detto lunedì sera il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi a Porta a Porta.
Lasciando intendere che sarebbe pronto a lasciare il governo per fare il parlamentare europeo. Ieri non confermava e non smentiva: “Ho solo detto che di fronte a 50.000 voti raccolti, mi sembra giusto prendere atto della volontà di chi mi ha votato. La decisione non è ancora stata presa, la prenderò nei prossimi giorni insieme al partito”.
Dai vertici di Ncd fanno sapere che il ministro non ha ancora comunicato nulla, che si deciderà insieme.
La domanda sorge spontanea: chi, cosa dovrebbe spingere Lupi verso una scelta del genere? La realtà è che dopo l’inchiesta sull’Expo la sua posizione è piuttosto delicata.
“Renzi è uno che quando sente puzza di bruciato scarica”, commenta un parlamentare che il premier lo conosce bene.
E dunque, se si rendesse conto che è il caso, potrebbe anche provocarle le dimissioni.
Da Palazzo Chigi non negano che la questione dimissioni sia sul piatto: deve decidere lui, è la linea. Ma già si pensa a un possibile sostituto, che a questo punto sarebbe un democratico, visto il notevole ridimensionamento ottenuto dal partito di Alfano dalle urne.
Stando ai primi studi sui flussi elettorali, Renzi ha cannibalizzato soprattutto i voti degli alleati di governo, infatti.
E un altro ministro che pensa alle dimissioni è Stefania Giannini, vista la sonora bocciatura ricevuta alle europee.
Al suo posto, in pole position, c’è Andrea Romano, che ha un ottimo rapporto con il premier. Nessun rimpasto, però, chiariscono dal governo. Al limite qualche sostituzione.
Scelta Civica, ma anche i Popolari per l’Italia non esistono praticamente più come partito. Quel che ne resta sono i gruppi parlamentari, che potrebbero dar vita a una federazione. In appoggio al Pd ovviamente.
In Parlamento è tutto un movimento. Se è per Sel, Gennaro Migliore in un’intervista a Repubblica ha annunciato che “la sfida è costruire in Italia un soggetto unitario di sinistra”. Insieme al Pd. Che è pronto ad accoglierli, tanto è vero che al Nazareno erano già a conoscenza del fatto che il capogruppo avrebbe fatto questa uscita pubblica.
Così, una forza all’opposizione entrerebbe in maggioranza. Perchè inglobare, depotenziare è meglio che asfaltare.
Stessa logica per quel che riguarda il Movimento Cinque Stelle. Lo scouting è iniziato da giorni. E ieri alla Camera è arrivato il senatore renziano Andrea Marcucci che ha relazionato a lungo la situazione al vicesegretario dem, Lorenzo Guerini: molti dei Cinque Stelle sarebbero pronti a ingrossare il gruppo dei dissidenti.
Altra inclusione, altra forza per la maggioranza.
A proposito di inclusione Guerini e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti, stanno lavorando ai nuovi assetti del Pd: c’è da eleggere il nuovo Presidente e da fare la nuova segreteria (vacanti i posti della Boschi, le Riforme, dello stesso Lotti, l’Organizzazione e della Madia, il Lavoro).
E contemporaneamente riequilibrare i gruppi parlamentari. “Faremo un unico pacchetto all’Assemblea del partito il 14 giugno”, chiarisce Guerini. Entreranno le minoranze, ma alle condizioni del segretario. Si pensa anche a spacchettare alcuni dipartimenti, troppo ingolfati di lavoro .
Allo studio cambi alla Commissione di garanzia e modi per renderla più efficiente. Oggi intanto ci sarà una direzione per l’analisi del voto e dopo una riunione tra i vertici democratici e i neo parlamentari europei, per parlare dei gruppi di Strasburgo.
Renzi continua a lavorare sui dossier: prima di tutto le riforme.
Prossima tappa, la Pa, che andrà in Cdm il 13 giugno. E poi la delega fiscale, al cui interno ci dovrebbe essere la dichiarazione dei redditi pre-compilata.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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