ELEZIONI REGIONALI IN PIEMONTE: FALSE LE FIRME DI GIOVINE A SOSTEGNO DI COTA, CHIESTO UN RISARCIMENTO DI 600.000 EURO
“GRAVE CHE UN AMMINISTRATORE AGGIRI LE REGOLE”…CHIESTI TRE ANNI E SEI MESI DI CARCERE E LA SOSPENSIONE DAI PUBBLICI UFFICI PER 5 ANNI PER IL PRESENTATORE DELLA LISTA TAROCCO “PENSIONATI PER COTA”
Tre anni e sei mesi, e sospensione dai pubblici uffici per 5 anni: il pm Patrizia Caputo concentra in un’ora esatta una requisitoria durissima contro il consigliere regionale Michele Giovine e la chiude con queste richieste di pena, altrettanto severe.
Per il padre Carlo, concorrente nella medesima accusa di aver autenticato firme false dei candidati della lista «Pensionati per Cota» alle ultime Regionali, l’accusa vorrebbe una condanna di 2 anni e mezzo.
«Il fatto è estremamente grave, rappresenta lo sfregio più totale di ogni forma di legalità . – chiosa il magistrato – Si sono costruite falsità a ripetizione mentre, per presentare la lisita in modo corretto, sarebbe bastato, con una modica spesa, mandare i candidati a firmare davanti a uno o più notai».
Il pm ce l’ha in particolare con Michele Giovine, scampato con la prescrizione del reato ad una prima condanna «per questi stessi fatti» e diventato per quella via «un amministratore pubblico che, anzichè rispettare la legge, ha continuato a dimostrare spregio verso le regole e ha pure indottrinato i vari testimoni nell’immediatezza delle loro convocazioni in procura o dai carabinieri perchè dicessero il falso».
Secondo il pm, con le pene accessorie richieste Giovine non dovrebbe essere rieletto nemmeno consigliere comunale a Gurro, dove, in un certo senso, sono cominciati suoi guai.
L’essere un consigliere regionale uscente gli ha risparmiato, l’anno scorso, di raccogliere le firme di un certo numero di cittadini per presentare la sua lista collegata al centrodestra e di evitare i guai di Rabellino.
Doveva soltanto, evitando i notai, autenticare le firme dei suoi candidati insieme al padre. Tutti e due erano e sono consiglieri comunali – l’uno a Gurro (al confine con la Svizzera), l’altro a Miasino (in punta al lago d’Orta) – e perciò pubblici ufficiali.
Così hanno dichiarato di aver fatto, trasferendosi nei due paesi con 18 parenti e amici, i candidati dei Pensionati per Cota, di cui Michele Giovine è stato il capolista e l’unico eletto.
Su e giù per i laghi, a piccoli gruppi, in un solo giorno, il 25 febbraio 2010.
Il pm ritiene sulla base dei tabulati telefonici degli uni e degli altri che in quella data nessuno di loro si è avvicinato alle due località : «Michele Giovine non si è mosso da Torino, il padre si è recato nell’Astigiano e poi in provincia di Alessandria. Idem per i candidati torinesi e a maggior ragione quelli più lontani».
Quindi: «Sono false le autentiche delle firme e pure false sono gran parte delle firme dei candidati. Cinque candidati sono venuti in aula a disconoscere le “loro” sui moduli per le elezioni, per le altre vale la consulenza grafologica del dottor La Sala».
Lo stimato ex superpoliziotto delle investigazioni scientifiche.
L’accusa conclude chiedendo al giudice Alessandro Santangelo di «dichiarare la falsità dell’accettazione delle candidature».
Argomento ripreso da tutti i difensori di parte civile perchè utile in sede amministrativa, qualora la Corte Costituzionale demandasse al Tar Piemonte l’onere di dover decidere sulla regolarità delle elezioni.
L’avvocato Gian Paolo Zancan, per la lista «Insieme per Bresso», è stato sferzante: «Vicenda elementare e squallida. Sono stati sfruttati trascorsi amori e rapporti con anziani parenti per avere un aiuto nella falsità . Accusa rispetto alla quale non vi è stata alcuna difesa nel merito: 5 candidati hanno dichiarato in aula di non aver mai firmato la candidatura, da parte di tutti gli altri c’è stato un assordante silenzio al processo, ultima ed estesa prova di falsità che pesa sull’esito elettorale».
Tema, «non ci nascondiamo dietro un dito», rilanciato dagli avvocati Paolo Davico Bonino e Alberto Ventrini, secondo cui «la legalità , anche formale in materia elettorale, va rispettata da tutti».
Forse avevano presagito un argomento del collega Giovanni Nigra, difensore dei Giovine: «Conta la sostanza, in tanti avevano intenzione di candidarsi».
Se non han firmato, nè a Gurro nè altrove, sarebbe un dettaglio?
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