ETRURIA, IL CRAC E’ DIVENTATO UN AFFARE PER LA BANCA DEI VIP
FONSPA HA ACQUISTATO I CREDITI A RISCHIO DELLA BANCA APPENA QUATTRO GIORNI PRIMA DEL DECRETO DEL GOVERNO… TRA GLI AZIONISTI IL PRESIDENTE DELLO IOR, BENETTON, BINI SMAGHI E IL FINANZIERE TARANTELLI
Quattro giorni prima del decreto del governo che di fatto l’ha messa in liquidazione, Banca Etruria ha venduto una parte dei propri crediti in sofferenza.
A comprare è stato Fonspa, un piccolo istituto di credito, guidato dal banchiere Panfilo Tarantelli, che assomiglia molto a una sala vip della finanza.
Il gruppo Fonspa, controllato dalla holding Tages, può contare su soci e amministratori come Lorenzo Bini Smaghi, nel comitato esecutivo della Bce fino al 2011, Alessandro Benetton, il commissario dell’Ilva, Piero Gnudi, il presidente dello Ior Jean Baptiste de Franssu, la famiglia De Agostini.
L’acquisto dei crediti di Banca Etruria, per un valore di 300 milioni, è stata concluso il 17 novembre, giusto in tempo per sfuggire alla tagliola del decreto varato dal consiglio dei ministri il 21 novembre.
Senza quell’affare dell’ultimo minuto, anche quei crediti in sofferenza comprati da Fonspa sarebbero finiti nel gran calderone della cosiddetta bad bank per poi essere ceduti con le nuove procedure messe a punto da Banca d’Italia e approvate dal governo, a sua volta marcato stretto dalla Commissione Europea.
Una scelta di tempo eccezionale, non c’è che dire.
Un caso? Sì, fino a prova contraria, perchè quando Fonspa ha concluso l’operazione, non erano ancora note le modalità di un eventuale intervento del governo.
D’altra parte è difficile pensare che le parti in causa non immaginassero che di lì poco le autorità di vigilanza avrebbero messo mano al caso dei quattro istituti in crisi (oltre all’Etruria anche Banca Marche, Carife e Cassa di Chieti).
Fatto sta che la vendita è andata in porto appena prima del fischio finale.
Con grandi vantaggi per Fonspa, che tra tutti i crediti in sofferenza messi in vendita dall’istituto di Arezzo (il portafoglio complessivo ammontava a quasi 2 miliardi di euro) con ogni probabilità è riuscito ad aggiudicarsi quelli meno difficili da incassare.
Vittorio Malagutti
(da “L’Espresso”)
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