EVASIONE, MR BAYERN PIANGE: ALL’ESTERO SI VA IN GALERA, IN ITALIA I DETENUTI PER REATI FISCALI SONO SOLO 156 (0,4%), IN GERMANIA 8.600.
IN ITALIA I DETENUTI PER REATI FISCALI SONO SOLO 156 (0,4%), IN GERMANIA 8.600
Condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi di carcere per evasione fiscale, rinuncia a presentare appello, si dimette dal suo prestigioso incarico e va in carcere. Visto dall’Italia sembra una cronaca da Marte. Invece sono cose che accadono, nei paesi civili.
Questa volta è accaduto in Germania. Il protagonista è Uli Hoeness, 62 anni, ex calciatore e poi dirigente, fino a ieri presidente del Bayern Monaco. Si è dimesso e senza cercare sotterfugi nè scappatoie ha ammesso le sue colpe: “L’evasione fiscale è stato l’errore della mia vita. Accetto le conseguenze di questo errore”, ha detto in lacrime. Non si parla di noccioline, ma di un’evasione da 27,2 milioni di euro. “Dopo essermi consultato con la mia famiglia, ho deciso di accettare la sentenza della Corte di Monaco. Ho chiesto ai miei avvocati di non presentare appello, in linea con la mia idea di decenza, comportamento e responsabilità personale” ha dichiarato Hoeness all’agenzia tedesca Dpa.
“Decenza, comportamento e responsabilità personale”: queste tre parole andrebbero stampate a lettere cubitali e appese nelle aule di tutte le scuole di ogni ordine e grado d’Italia.
Non c’è bisogno di ricordare che da noi un condannato per evasione fiscale, non più di un mese fa, è stato ricevuto al Quirinale per trattare la formazione del nuovo governo. Ma questo sarebbe nulla, se non fosse che questi comportamenti “senza decenza” hanno contagiato tutta la vita politica (e privata) italica. Da noi la sequenza è: negare sempre, dimettersi mai, appellarsi sempre. E cercare di posticipare al massimo il momento del giudizio definitivo, possibilmente per agguantare una prescrizione. Sarà un caso se in Germania i detenuti per reati fiscali sono 8.601 (dati del 2013) e da noi sono solo 156?
È una prassi che si lega anche al concetto di condono. Che sia edilizio o fiscale, alla base c’è sempre la stessa idea: si premia il furbo e si punisce l’onesto. Il furbo la passa liscia.
Sembrano comportamenti e prassi ineluttabili, finchè non viene un Uli Hoeness a ricordarci che tutto il mondo è paese (si evade ovunque), ma altrove chi sbaglia paga e i reati finanziari e fiscali sono presi molto sul serio.
Secondo un recente studio dell’Università di Losanna, in Italia solo lo 0,4 % dei detenuti sono in carcere per reati connessi a questioni economiche e fiscali. La media europea è del 4,1 %. In Germania, i galeotti condannati per reati legati alla violenza (aggressioni, percosse e rapine) sono meno di quelli in carcere per reati fiscali.
Quindi sono i numeri a confermare quanto già sappiamo: da noi l’evasione è considerata un reato meno grave di un furto o di una rapina e non è di fatto perseguita. Sempre la stessa ricerca di Losanna dice che i “colletti bianchi” (evasori fiscali e condannati per reati economici, truffe e bancarotte) incarcerati in Italia sono un sesto degli olandesi, un decimo degli svedesi, dei norvegesi e degli inglesi, un quindicesimo degli spagnoli e addirittura un ventiduesimo dei turchi. In Italia è più facile finire dentro per aver rubato una mela che per evasione o bancarotta. I potenti e la casta si salvano, quasi sempre.
In Germania per il reato di evasione fiscale è prevista una pena fino a 5 anni, elevata fino a 10 per i casi molto gravi.
Negli States è previsto il carcere fino a 5 anni e pene fino a 3 anni per false dichiarazioni sui rimborsi.
Nelle metropolitane londinesi in questi giorni di dichiarazione dei redditi sono apparsi manifesti dal tono intimidatorio e inquietante, con un grande occhio e una lente d’ingrandimento: “Sappi che ti stiamo cercando”.
L’evasore è perseguito e, nonostante non esista la Guardia di finanza, non si scappa al Revenue & Customs di Sua Maestà , l’Ufficio delle Entrate.
Pena massima fino a 7 anni. L’anno scorso fece scalpore la misura choc di pubblicare sui giornali le foto degli evasori.
Pubblicarne uno per educarne cento. E hanno anche istituito una linea dove denunciare (in modo totalmente anonimo) il vicino di casa che non paga le tasse.
Intanto da noi, tra chi parlava di “stato di polizia tributaria” e chi dice che “evadere è una questione di sopravvivenza”, tutti hanno sempre strizzato l’occhio all’evasore fiscale.
Il solito paese che premia i furbi e sfotte gli onesti.
Caterina Soffici
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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