FALSE TESSERE DEL PDL E SOLDI: LA TRUFFA DEL DIRIGENTE POSTALE
VICEDIRETTORE LICENZIATO: AVREBBE GONFIATO LE ISCRIZIONI AL PARTITO CON NOMINATIVI DEI CORRENTISTI E POI TENTATO DI SOTTRARRE 72 MILIONI DAI LORO CONTI POSTALI
C’è l’inchiesta sulle tessere false presentate al congresso del Pdl barese da un lato e c’è l’indagine su un presunto tentativo di truffa da 72 milioni di euro ai danni delle Poste dall’altro.
Si tratta di due fascicoli apparentemente slegati tra loro tant’è che il primo è affidato al procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno e il secondo alla pm Isabella Ginefra. Eppure tra le due inchieste c’è sicuramente almeno un elemento in comune: il nome dell’indagato.
In entrambi i casi compare il nome dell’ex vice direttore dell’ufficio postale interno all’Ipercoop Mongolfiera di Bari Japigia, Dario Papa.
Ex perchè è stato prima sospeso e poi licenziato.
Ma per capire questa storia bisogna tornare indietro di qualche mese.
A febbraio scorso all’interno del Popolo delle libertà di Bari scoppia lo scandalo delle tessere false: ci sono 139 iscritti al partito a loro insaputa.
Aderenti che in realtà non avevano mai sottoscritto la tessera: risultano stranamente tutti residenti in via Colaianni, 10.
La Digos acquisisce i nominativi e interroga i finti tesserati che confermano: mai aderito al Pdl.
Partono allora le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Bruno, che arrivano in poche settimane ad un nominativo, quello di Dario Papa.
Sarebbe stato lui, secondo gli investigatori, a fornire dati personali e fotocopie delle carte d’identità dei 139 iscritti che in comune avevano solo una cosa: essere correntisti delle Poste.
I dipendenti dell’ufficio postale vengono convocati in questura e interrogati; la Digos vuole capire esattamente cosa sia accaduto e per conto di chi abbia agito Papa. L’ipotesi di reato è di violazione della privacy.
Esattamente nel periodo dello scandalo delle tessere succede un’altra cosa strana: qualcuno, munito di password, prova a spostare grosse somme di denaro custodite dalle Poste a conti correnti nell’Est Europa.
Il sistema di “alert antiriciclaggio” riesce a sventare in tempo la truffa.
Partono le indagini della polizia postale, coordinate dalla pm Ginefra, che portano ancora una volta al nome di Papa.
Il vicedirettore dell’ufficio postale avrebbe, secondo gli inquirenti, utilizzato le password in possesso del direttore e della specialista di sala consulenza che per questo, pochi giorni fa, si sono visti recapitare la lettera di licenziamento per omessa vigilanza.
“Abbiamo presentato ricorso al tribunale del lavoro – spiega Vito Battista, segretario provinciale della Slc-Cgil settore Poste che insieme con la Cisl sta seguendo la vicenda dei due – non vogliamo indicare colpevoli ora, ma l’azienda avrebbe dovuto sospendere i due lavoratori in attesa di accertare le responsabilità ; prima di licenziare in tronco, bisogna appurare i fatti”.
Tra le due inchieste l’unico collegamento sembrerebbe essere il presunto responsabile, ma, secondo la procura di Bari, ci sarebbe qualcosa di più.
Un sospetto alimentato dalla contestualità delle due operazioni.
Le indagini dunque continuano per capire se ci sia un collegamento tra le due vicende e quale, ma soprattutto per capire per conto di chi abbia agito Papa.
L’indagato non è stato ancora sentito dai magistrati che vogliono andare fino in fondo per trovare conferma a quelli che sono, per ora, solo sospetti.
Francesca Russi
(da “La Repubblica”)
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