FAME, GUERRA, ANNESSIONE: ISRAELE CANCELLA LA PALESTINA
AFFAMARE PER SOTTOMETTERE
Non c’era bisogno di conferme, eppure quando queste arrivano aiutano sempre a unire i pezzi di un puzzle complesso e articolato che si muove tra presente e passato, tra la Palestina e le stanze dei bottoni dove si firmano accordi sulla pelle di quelli che possono vivere il presente, guardare al passato ma non possono vedere un futuro perché gli viene negato
Le recenti mosse del governo israeliano dipingono un quadro inquietante che evoca i fantasmi delle più dolorose catastrofi della storia palestinese: la Nakba del 1948 e la Naksa del 1967, i due momenti in cui i palestinesi divennero profughi e sfollati. L’attuale operato di Israele a Gaza, unito ai passi verso l’annessione in Cisgiordania, non può essere letto che come un disegno volto non solo alla sconfitta e ad una capitolazione politica del nemico, ma al mutamento irreversibile del panorama demografico e territoriale, un processo che per sua natura arriva all’accusa di genocidio e pulizia etnica.
Affamare per Sottomettere
La situazione a Gaza è un dramma umanitario che si aggrava di giorno in giorno. Come abbiamo raccontato nella puntata speciale di sabato 18 ottore, oltre ai bombardamenti, il blocco degli aiuti essenziali sta trasformando l’intera Striscia in una zona di carestia indotta, un’arma di guerra che colpisce indistintamente civili, donne e bambini. In questo contesto, l’ostruzionismo di Israele contro l’UNRWA – l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi – è particolarmente grave.
Come è emerso ieri della Corte Internazionale di Giustizia (CIG), Israele non è riuscito a fornire prove a sostegno delle accuse di terrorismo contro una “parte significativa” dei dipendenti dell’UNRWA. Nonostante ciò, il divieto imposto all’agenzia permane. Questo rifiuto di accettare e facilitare i programmi di aiuto dell’ONU, come stabilito dalla CIG, solleva
una domanda cruciale: è la sicurezza il vero scopo, o piuttosto l’isolamento e la denutrizione della popolazione civile, al fine di renderla più docile o costringerla alla fuga? Quando si impedisce l’arrivo del cibo in una zona di conflitto, si crea un precedente che la storia ha sempre condannato come parte integrante degli atti di genocidio.
L’Annessione Come Nuova Nakba
Parallelamente alla crisi umanitaria a Gaza, la Knesset sta muovendo passi concreti per l’annessione della Cisgiordania. L’approvazione in votazione preliminare della proposta di legge per estendere la sovranità israeliana al territorio palestinese occupato e anche particolare all’insediamento di Gerusalemme Est di Ma’ale Adumim non è un semplice atto politico: insieme alla costruzione della nuova grande colonia che taglierà in due la Cisgiordania, è l’accelerazione di un piano per cementare l’occupazione, infrangendo il diritto internazionale e minando in modo definitivo qualsiasi prospettiva di soluzione a due Stati.
Questa volontà annessionistica rievoca la dinamica della Naksa del 1967, l’occupazione che trasformò la vita dei palestinesi. Che l’obiettivo primario di Israele fosse l’annessione della Cisgiordania era chiaro anche nei momenti più duri dell’offensiva a Gaza: quella che loro chiamano Giudea e Samaria è più ricca e ha più valore storico e religioso. Ma in un contesto di guerra e debolezza internazionale, l’annessione odierna rischia di configurarsi come una nuova Nakba, una
catastrofe irreversibile che non lascia spazio al ritorno, cancellando i diritti territoriali e di auto-determinazione dei palestinesi.
Il Doversi della Comunità Internazionale
La combinazione di queste politiche – la distruzione e l’induzione della fame a Gaza e l’annessione progressiva in Cisgiordania – punta a uno stesso esito: la massimizzazione del controllo territoriale e la minimizzazione della popolazione palestinese autoctona. Che sia tramite la forza bruta, la denutrizione o lo sfollamento forzato, la traiettoria è inaccettabile.
La comunità internazionale ha l’obbligo morale e legale di agire. Non bastano le “preoccupazioni”. Di fronte al chiaro disinteresse per gli ordini e i precetti della CIG e ai continui passi unilaterali che violano le risoluzioni ONU, è necessario che si eserciti una pressione autentica e sanzionatoria. Consentire che un genocidio si consumi attraverso le bombe e la fame a Gaza, mentre si consolida l’espropriazione territoriale in Cisgiordania, significa permettere che l’ombra della catastrofe non sia più solo un ricordo storico, ma la drammatica realtà del presente.
È ora di fermare la spirale perché la storia ce ne chiederà conto.
(da Fanpage)
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