“FATE TARDI!”, IL PATETICO APPELLO DI CONTE ALL’EUROPA: “ATTIVATE L’INFRAZIONE IL PIU’ TARDI POSSIBILE”
INVECE CHE CAMBIARE LA MANOVRA PENSANO SOLO A STARE AL GOVERNO IL PIU’ A LUNGO POSSIBILE: SEMBRA DI ESSERE A “CASA VIANELLO” MA SENZA HUMOR
Fate tardi! Il governo del cambiamento prende un celeberrimo titolo, lo ribalta e lo issa a bussola di navigazione per i prossimi mesi.
Allora fu il Sole 24, il 10 novembre del 2011, per placare la tempesta dello spread. Oggi è l’esecutivo gialloverde, all’alba di una complicatissima trattativa sulla procedura d’infrazione per i conti sballati, per evitare la tempesta dello spread.
Lo fa per voce di Giuseppe Conte. Eloquio pacato, impeccabile cravatta malva, fazzoletto bianco al taschino, si presenta alla Camera per istituzionalizzare la risposta italiana.
Parla con tono piatto, senza pause che chiamino l’applauso. L’unico battimani arriva quando declina in maniera serafica quel che i suoi vicepremier vanno dicendo da giorni usando la spingarda. Che è quanto segue: “Non abbiamo accolto la richiesta di riduzione del saldo strutturale perchè non è in linea con il quadro congiunturale dell’economia e con la nostra politica economica”.
Gli occhi sono puntati a sabato sera. Quando Giuseppe Conte e Giovanni Tria siederanno a tavola con Jean Claude Juncker.
E gli porterà un fascicolo con il dettaglio millimetrico di tutto quello che l’Italia mette in campo per stimolare la crescita e ridurre il debito. Novecento milioni di euro per sbloccare da subito cantieri dal valore totale di due miliardi. Una nuova strategia integrata di investimenti pubblici che, a cascata, attireranno quelli privati. La cantierizzazione di una legge delega sul riordino dei contratti pubblici, che porti a una riforma di sistema del rapporto tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati. L’abbattimento del debito anche e soprattutto tramite un mastodontico piano di dismissioni pari a 18 miliardi (l’1% del Pil) nel solo 2019.
E assicurando un tagliando “infra-annuale” delle misure, per garantire che in caso di minor crescita il deficit non salga oltre il 2,4%.
Se l’opera di convincimento, come è del tutto probabile, fallirà , il premier chiederà tempo. “Chiederemo tempi di attuazione molto distesi — dice davanti al Parlamento – Questo tempo ci servirà per consentire alla manovra economica di produrre i suoi effetti sulla crescita e, grazie a questo, di ridurre il debito pubblico”.
Quella che suona un’ultima, disperata richiesta di aspettare almeno di vedere una controprova fattuale della spinta della manovra del cambiamento sulle ali della nostra economia.
Se non vi si riuscisse, le colombe della maggioranza ventilano un escamotage: ritardare, anche di un paio di mesi, l’attivazione della riforma delle pensioni e del reddito di cittadinanza, per risparmiare quel tanto che basta per far scendere il “numerino” (cit. Luigi Di Maio) di un paio di zerovirgola.
Ma anche tra di loro ogni giorno di più si diffonde la convinzione che il punto di non ritorno sia passato: “Non avrebbe senso — il ragionamento — perchè a prescindere non sarebbe una modifica strutturale dei saldi, ma un dire tranquilli, ci prendiamo i soldi ma non li spenderemo tutti”.
Oltre a Stefano Buffagni e Giancarlo Giorgetti, capofila delle mozioni della prudenza, anche Paolo Savona e Giovanni Tria spingono per l’apertura di una trattativa vera. Perchè è evidente che senza mettere mano alla sacca che contiene i denari per le due misure madri della legge di bilancio, tutto il resto sono elementi di contorno e nulla più.
Quella Casa Vianello priva di humor che è diventato il governo gialloverde ha visto oggi una giornata di calma dopo la tempesta. Il capo politico dei 5 stelle ha pubblicamente scagionato Giorgetti dai sospetti sulla fronda che ha fatto andare sotto il governo sull’anticorruzione. Il leader della Lega ne ha preso atto: “Caso chiuso”
Intercettato in Transatlantico, Tria allarga le braccia: “Novità ? Lo sapremo quando inizia la trattativa”.
Il punto è che senza toccare pensioni e reddito una vera trattativa non ci può essere. Può avvenire sì una “rimodulazione”, come la chiama il premier, di alcuni interventi e voci di spesa. Ma non basta.
E per evitare di far ripiombare l’Italia nel gorgo dello spread che la avvolse nel 2011 inviano Conti in Europa con un messaggio scritto a lettere cubitali: Fate tardi!
(da “Huffingtonpost“)
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