FIDANZA, LAVARINI E QUEGLI STRANI LEGAMI CON LA CHIESA ORTODOSSA E L’ARISTOCRAZIA RUSSA
JONGHI LAVARINI E’ L’UFFICIALE DI COLLEGAMENTO CON LA RUSSIA, TRA SEDICENTI CAVALIERI E NOBILDONNE
|Il cosiddetto ‘Barone nero’ Roberto Jonghi Lavarini non era l’ufficiale di collegamento tra il solo e complesso mondo del neofascismo italiano e la destra istituzionale, ma anche con quello religioso e russofono.
Contatti fatti di (reale o presunto) sangue blu e Chiesa Ortodossa, con di sfondo una certa simpatia per la destra radicale, con la quale delle chiare affinità c’erano e ci sono tutte: in primis il richiamo alla tradizione, all’idea di patria, meglio se forte, nazionale, guerriera e con ambizioni imperiali.
Negli anni a Milano si è ripetuta più volte la ‘cerimonia cavalleresca ortodossa della Santa croce’ alla chiesa georgiana di Santa Regina Tamara, l’ultima volta fu lo scorso febbraio: in prima fila l’ex leghista Roberto Bernardelli ora tra i capi di Grande Nord, che alle comunali sostiene Gianluigi Paragone; mentre l’europarlamentare Carlo Fidanza di Fratelli d’Italia aveva inviato i suoi cari saluti.
E poi cavalieri e nobildonne, i cui nomi sembrano tirati fuori da un manuale di araldica: il marchese Giuseppe Parodi Domenichi di Parodi, commendatore; principe Piero Caputo Tomassini Paternò Leopardi, duca Costantino Agelasto Sevastopolo, conte Cesare Vernarecci di Fossombrone d’Anjou della Verna, contessa Mandilosani Lali Panchulidze Aznauri (“la mia è una famiglia di antichi guerrieri georgiani poi esiliata a Parigi dopo la caduta degli zar”, precisa) eccetera eccetera.
Il network che li mette insieme, in questo ritorno al passato che ha del folcloristico ma allo stesso tempo punta a legittimare una propria e rinnovata sfera d’influenza, si chiama ‘Aristocrazia europea’ e Lavarini ne è l’animatore principale: “Riteniamo che la più genuina nobiltà sia quella del pensiero e dell’azione, al servizio della propria comunità e del proprio territorio: esempio, oltre che di cultura, buon gusto e buone maniere, soprattutto di assoluta lealtà, profondo senso di giustizia, del dovere e del sacrificio; di coraggio e patriottismo, di fedeltà alla religione, alla Corona ed alla parola data”, si descrivono così online.
L’officiante della cerimonia, padre Ambrogio Pirotti, ieromonaco dell’arcidiocesi metropolitana d’Italia del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, qualche mese fa raccontava: “Siamo conservatori per antonomasia, nulla può essere modificato nella liturgia e nei valori. Questi sono tempi in cui si sente sete di infinito e di Dio, in molti si avvicinano al rito ortodosso perché stanchi delle eccessive aperture della Chiesa cattolica e di un credo in cui ognuno prende e toglie ciò che preferisce”.
Non occorre ribattezzarsi ma si fa un cammino di due anni per poi giungere alla ‘confermazione’. Essendo un culto forte, più radicale insomma, ha una maggiore capacità di presa nelle famiglie miste: iI 90 per cento dei mariti e dei figli di donne ortodosse diventano a loro volta ortodossi.
Senonché questo inno spassionato alla conservazione, o per meglio dire alla restaurazione, è un programma politico in sé.
I nobili ad esempio rimpiangono la real casa dei Romanov, spazzata via dalla rivoluzione russa – chiedere per maggiori lumi al barone Antonio Imperatore, presidente della associazione culturale “Amici della Russia Imperiale” – e dai suoi aneliti di uguaglianza o più semplicemente di pane e diritti per tutti.
Va da sé che il socialismo da queste parti non è una parolaccia ma poco ci manca. Jonghi Lavarini, il cui soprannome rubato a Julius Evola è non a caso “barone nero” (e il riferimento al nero è ovviamente a quello della fede politica), è un abile navigatore dell’estrema destra milanese.
Fiamma Tricolore, una certa amicizia con Matteo Salvini (che non casualmente ha preso a condividere sui social immagini sacre legate al mondo ortodosso) e negli ultimi anni fiancheggiatore di Fratelli d’Italia, si era fatto due calcoli: “In Italia ci sono due milioni di ortodossi, un milione e mezzo sono stranieri ma di questi un terzo è comunitario. Secondo lei per chi votano? Glielo dico io: di sicuro non a sinistra…”. Per dire: negli Usa la comunità ortodossa ha stra-votato per Donald Trump anche al secondo giro, con percentuali bulgare per l’appunto, al 90 per cento.
Nel fronte sovranista saltano fuori sempre le stesse parole: il mito dell’Eurasia, il fattore dell’identità da contrapporre al ‘globalismo’, le origini cristiane come scudo contro il secolarismo e adesso il corso progressista di papa Francesco. In questo senso l’ortodossia, in campo cattolico-cristiano, è un ottimo ombrello sotto il quale confrontarsi e creare legami.
Per cui ad esempio Pierluigi Romeo di Colloredo Mels, presidente di Aristocrazia Europea, è nel gruppo di Nordestra impegnato nella cosiddetta operazione “ritorno di fiamma”, ovvero il riavvicinamento di varie formazioni di ultradestra al partito di Giorgia Meloni; oppure, giornalisti della testata filo-putiniana Sputnik firmano appelli per il ritorno della monarchia dei Romanov in Russia.
“Si tratta di convergenze assolutamente naturali e spontanee che adesso si stanno organizzando per creare sinergie a 360 gradi”, assicurava Jonghi Lavarini. Fatte di affari internazionali, alleanze geopolitiche e, ovviamente, voti.
(da La Repubblica)
Leave a Reply