FINO ALL’ULTIMA MANCETTA, LA MANOVRA È STATA IMBOTTITA DI PICCOLI O MEDI FINANZIAMENTI A PIOGGIA, NONOSTANTE LE RISORSE RIDOTTE ALL’OSSO
PREVISTI 30 MILIONI DI EURO PER L’AMERICA’S CUP 2027 A NAPOLI (CHE MELONI POTRA’ RIVENDICARE PRIMA DEL VOTO IN CAMPANIA) E 55 MILIONI PER UNA NUOVA CASERMA DEI CARABINIERI A PISA…C’È ANCHE MEZZO MILIONE PER IL THINK TANK GUIDATO DA GIORGIO VITTADINI, FONDATORE DELLA COMPAGNIA DELLE OPERE. LA STESSA CIFRA È DESTINATA AL COMITATO PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI SAN FRANCESCO
Ci sono i 30 milioni di euro all’America’s Cup di Napoli 2027, spalmati in due tranche di pari importo (15 milioni) per il prossimo biennio. Un finanziamento che arriva, per un fortuito intreccio di calendario, a poche settimane delle elezioni regionali in Campania. Resta che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, vuole sventolare a mo’ di propaganda (anche futura) la Coppa America in salsa partenopea.
Nella manovra economica, ora bollinata dalla ragioneria dello stato e trasmessa al Senato (dove inizierà la prima lettura),
vengono pure reperiti altri 55 milioni di euro per la caserma dei carabinieri di Pisa, molto cara al ministero della Difesa, Guido Crosetto. Calcolando i precedenti stanziamenti il plafond complessivo della struttura ammonta a 100 milioni di euro.
La legge di Bilancio ha tanti problemi in termini di risorse, come ripetuto in più occasioni dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Eppure, ben prima di iniziare l’iter parlamentare – solitamente foriero di piccole o grandi mance – individua delle priorità da finanziare.
Tra i rivoli di spesa vengono messi a disposizione 500mila euro (dal 2028) della Fondazione per la sussidiarietà, think tank presieduto da Giorgio Vittadini, fondatore della Compagnia delle opere e una delle anime del Meeting di Comunione e liberazione, ma spuntano pure i 18 milioni di euro – 6 all’anno – per la gestione degli oratori.
Nella tabella dei rifinanziamenti trovano posto 5,8 milioni di euro (spendibili nel 2027) per sostenere l’ospedale Gemelli e mezzo milione di euro per il comitato nazionale istituito per il centenario della nascita di San Francesco.
Per non tacere del – non meglio specificato – fondo di 350 milioni di euro per il riconoscimento di contributi, a soggetti privati, per interventi «volti alla riduzione dell’esposizione ai rischi calamitosi». «Nessun criterio, nessuna indicazione nella norma. Non si sa neppure di che rischi si parli», denuncia la deputata del Pd, Maria Cecilia Guerra. Senza criterio potrebbe diventare una mancia. Guerra parla apertamente di un «bel
marchettone».
Sulle banche le norme sono state sfumate. È sparita la riduzione del 4 per cento sulla deducibilità degli interessi passivi per un intervento transitorio, che si azzera negli anni.
Giorgetti ha assicurato, alla Camera, che nel 2026 dalle misure arriveranno nelle casse statali 4 miliardi di euro dagli istituti di credito e assicurazioni. La stima del gettito «è fatta da auspici e ipotesi», ribattono dai Cinque stelle contestando la “certezza” del gettito, che si basa per lo più su comportamenti volontari.
C’è poi il capitolo dei tagli. Il Mezzogiorno e la cultura sono alcuni bancomat usati dal governo per coprire parte la spesa della manovra. Per il governo Meloni il cinema viene prima di tutti, ma solo se si parla di tagli. Il passaggio dalla bozza della manovra al testo inviato al Senato, dove inizierà la prima lettura, non ha spostato le carte in tavola: l’audiovisivo italiano pagherà un conto salato alla prossima legge di Bilancio con una riduzione complessiva delle risorse di 550 milioni nel prossimo triennio.
I primi 150 milioni subito, nel 2026, il resto equamente diviso tra il 2027 e il 2028. «Il governo mette in pericolo un settore strategico con danni enormi in termini produttivi e occupazionali», ha commentato il deputato del Pd, Matteo Orfini.
Il ministero della Cultura, guidato da Alessandro Giuli, provvederà poi all’emissione della Carta valore, l’ex bonus per i 18enni già rivisto al ribasso dal governo Meloni (nell’èra Sangiuliano). Si tratta di un lifting e un cambio di
denominazione. La dotazione subisce una mini-limatura, sarà di 180 milioni di euro all’anno perdendo altri 500mila euro annui.
Per quanto riguarda il Sud, invece, i fondi di Coesione subiranno una riduzione di 100 milioni all’anno fino al 2028. A mettere mano al portafogli per pagare il conto alla manovra sono poi i ministeri. Soprattutto quello delle Infrastrutture affidato a Matteo Salvini: 500 milioni di euro in meno dal 2026, con la scure che si abbatte sulla «pianificazione strategica di settore e sistemi stradali e autostradali».
(da “Domani”)
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