FONDI PUBBLICI AI PARTITI: TUTTI I TRUCCHI DELLA NUOVA LEGGE
I SOLDI USCITI DALLA PORTA RIENTRANO DALLA FINESTRA: SCONTI FISCALI AI DONATORI, SEDI E SPOT TV GRATIS… 2 PER MILLE FINO A 61 MILIONI L’ANNO
Abolizione del finanziamento pubblico? Mica tanto: con la riforma approvata ieri tra le fanfare in Consiglio dei ministri il sistema potrebbe arrivare a costare oltre 61 milioni di euro (contro i 91 attuali).
Nel ddl del governo, infatti, c’è il trucco, diciamo una nota creativa visto che — vuole la leggenda — il meccanismo (“una mostruosità giuridica” fu definito all’epoca) lo creò Giulio Tremonti per l’8 per mille alla Chiesa.
Prima di entrare nello specifico, vediamo come funziona la faccenda.
Niente più contributi diretti ai partiti, dice il governo, da adesso in poi si reggeranno sui soldi dei privati con qualche aiuto “non monetario” dello Stato.
Enrico Letta — che ha fortemente voluto questa legge così com’è — parla di “promessa mantenuta” e spera che il Parlamento la “approvi rapidamente perchè ne va della credibilità del sistema politico”.
Peccato che mantenere una quota di rimborsi elettorali sulle spese certificate (come al premier chiede gran parte del suo stesso partito) sarebbe costato meno essendo pure più trasparente del sistema scelto.
Ecco, per punti, di cosa stiamo parlando.
DETRAZIONI.
Dall’anno prossimo aumentano quelle per le erogazioni liberali ai partiti di persone e aziende: 52% fino a cinquemila euro, 26% — come le onlus — fino a ventimila. Cinquecento euro di sconto fiscale, al massimo, pure a chi si iscrive alle scuole di formazione politica.
Ovviamente questo comporta una quota di mancato gettito per lo Stato al momento non quantificato (al ddl manca la bollinatura della Ragioneria generale).
DUE PER MILLE.
Viene introdotta la possibilità — a partire dal 2015 — di destinarlo ai partiti al momento della dichiarazione dei redditi o di lasciarlo all’erario: i soldi cominceranno a uscire, però, solo dal 2017.
SOSTEGNI STATALI.
I partiti avranno a disposizione spazi gratuiti sulla Rai per la messa in onda di messaggi politici; l’Agenzia del Demanio dovrà concedergli “almeno in ogni capoluogo di provincia” una sezione.
TRASPARENZA.
Potranno accedere a queste facilitazioni solo quei partiti che hanno uno Statuto e regole di democrazia interna, fanno certificare i propri bilanci e rendono i dati accessibili ai cittadini.
Chi risponde a questi requisiti sarà iscritto a un apposito registro.
Fa notare Fabrizio Cicchitto del Pdl: “Quale sarà l’Autorità che valuterà se lo Statuto di un partito risponde a criteri di trasparenza e democraticità ? Quale che sia, avrà poteri decisivi sull’assetto democratico”.
IL TRUCCO.
Sta nell’articolo 4, quello che disciplina il 2 per mille: al comma 2 si legge, infatti, che “in caso di scelte non espresse, la quota di risorse disponibili… è destinata ai partiti ovvero all’erario in proporzione alle scelte espresse”.
Chi non firma per nessuno, contribuisce lo stesso, proprio come accade nell’8 per mille alle confessioni religiose: per dare un’idea, solo il 43% circa dei contribuenti mette la propria firma sotto ad una delle caselle (Stato compreso), ma nel calderone finiscono i soldi di tutti e la Chiesa cattolica con meno del 40% delle opzioni si porta a casa ben oltre l’80% del fondo.
Nel caso dei partiti, a differenza che nell’8×1000, è prevista una soglia massima alle uscite e la previsione che “un decreto del ministro dell’Economia stabilisce annualmente l’importo massimo da destinare” al 2 per mille per evitare di spendere troppo.
GRADUALITà€.
Queste misure entreranno in vigore in tre anni, cioè saranno a regime dal 2017. Quest’anno, dunque, il fondo per i rimborsi elettorali rimarrà di 91 milioni (al lordo dei soldi del M5S) per poi essere ridotto del 40, 50 e 60% nei tre anni successivi: in soldi significa che l’anno prossimo usciranno 54 milioni di euro, 45 quello dopo, trentasei nel 2016 e, infine, zero.
Quanti sono i soldi? Il governo ha chiarito che “il tetto massimo” di questo sistema è di 61 milioni di euro (senza tetto, infatti, varrebbe all’ingrosso 250 milioni).
Proviamo a simulare la ripartizione: se la metà delle scelte espresse saranno per lo Stato (si tenga conto che, nel caso dell’8 per mille, superano di poco il 5%), ai partiti andrebbero comunque 30,5 milioni di euro.
È bene ribadirlo: quei soldi li avranno comunque, anche se le scelte espresse ammontassero in tutto a un milione di euro.
Come si vede, solo con una certa capacità di astrazione si può definire “contribuzione volontaria” questo meccanismo.
“Al massimo ai partiti arriveranno 10-15 milioni”, minimizza però il ministro Orlando.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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