FRANCESCO GIUBILEI, BRACCIA STRAPPATE ALL’AGRI…CULTURA.”LE MONDE” TRACCIA UN RITRATTO DELL’INTELLO’ TASCABILE DELLA DESTRA NOSTRANA, EX CONSIGLIERE DI SANGIULIANO
LA PASSIONE DI GIUBILEI PER LA DESTRA AMERICANA CATTOLICA E FILO-TRUMP, DI CUI SI LIMITA A TRADURRE LA PROPAGANDA PER RIPETERLA A PAPPAGALLO
Dalla libreria in legno che si innalza dietro la sua scrivania, nei locali della casa editrice che ha sistemato nell’appartamento di una tranquilla residenza romana, una trinità apparentemente mal assortita veglia su Francesco Giubilei.
Cortese e disponibile, l’intellettuale trentatreenne, vicino alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e figura centrale del nazionalismo conservatore italiano, vi ha collocato tre oggetti che costituiscono un programma.
A destra c’è un’edizione inglese di un’opera di Roger Scruton, l’intellettuale britannico di riferimento dell’internazionale conservatrice, cantore dell’attaccamento alle radici, delle gerarchie naturali e, occasionalmente, lobbysta dell’industria del tabacco. Al centro si riconosce un ritratto di Benedetto XVI, il papa tedesco fustigatore del relativismo culturale e difensore della civiltà occidentale. A sinistra, infine, è stata appenacollocata un’antologia dei discorsi di Charlie Kirk, propagandista del nazionalismo cristiano evangelico bianco.
Il libriccino è stato pubblicato dalla fondazione Nazione Futura, che Francesco Giubilei dirige, sulla scia dell’assassinio, il 10 settembre, dell’influencer. Questa figura apertamente razzista e sessista è stata subito oggetto di copiosi omaggi all’interno dell’estrema destra europea, che vi ha trovato l’occasione per rendere omaggio a un potere trumpiano pronto a ricorrere alla coercizione contro i suoi «nemici interni».
«Non sono ostile al cambiamento, ma, da conservatore, rifiuto qualsiasi sconvolgimento contrario agli equilibri naturali delle società umane», afferma Francesco Giubilei, lui stesso nato il 1° gennaio 1992 in una famiglia conservatrice e colta, alla vigilia di una trasformazione radicale del sistema politico italiano. In quell’anno cardine, dopo uno scandalo di corruzione, i partiti tradizionali crollarono, aprendo la strada a Silvio Berlusconi, che formò ben presto una coalizione integrando gli eredi del neofascismo. È all’interno di quest’area, nelle periferie di Roma, che Giorgia Meloni, allora quindicenne, si apprestava, quello stesso anno, a iniziare la sua carriera militante.
Da un cataclisma all’altro, nel 2008, quando la crisi finanziaria prepara l’ascesa dei sovranisti, Francesco Giubilei, sedicenne, fonda la sua prima casa editrice. Con il sostegno finanziario di un produttore di aceto balsamico, trova rapidamente il suo posto, malgrado la giovane età, nell’ecosistema che gravita alla destra
della destra italiana, poi nell’orbita di Giorgia Meloni. «Il suo ruolo è mostrare che la sua famiglia politica può produrre idee, avere un’aura intellettuale e reti internazionali; deve occupare lo spazio mediatico», spiega Lorenzo Castellani, politologo alla Luiss e specialista di questo segmento dello spettro politico.
Al di là delle attività editoriali, Francesco Giubilei è a capo della Fondazione Giuseppe Tatarella, dove sono conservati gli archivi delle formazioni politiche derivanti dalla matrice neofascista del dopoguerra. Poco importa se gli “abitanti” della sua mensola, Kirk, Scruton e Benedetto XVI, non combaciano sistematicamente con gli eredi di Benito Mussolini. Le risonanze tra le idee loro attribuite bastano. Esse giustificano un racconto politico inegualitario, fondato sulla difesa di una «civiltà occidentale» e «giudaico-cristiana», contro le società pluralistiche.
Di fatto, “Giorgia Meloni. La rivoluzione dei conservatori” (Giubilei Regnani, 2020), titolo di un’opera che Francesco Giubilei ha dedicato a Giorgia Meloni, attiene innanzitutto a una contro-rivoluzione. Le prime referenze intellettuali dell’editore si trovano tra coloro che ai loro tempi si levarono contro il 1789. «Devo molto all’inglese Edmund Burke e al francese Joseph de Maistre, che per me sono state letture fondamentali», afferma, citando i due grandi pensatori contro-rivoluzionari a cavallo del XIX secolo, desideroso di distinguersi da qualsiasi eredità intellettuale legata al fascismo. Quegli autori hanno tuttavia
aperto la strada agli autoritarismi di destra del XX secolo.
Tuttavia, la contro-rivoluzione non ha soltanto una storia. Ha anche una geografia in piena strutturazione, di cui la casa editrice di Francesco Giubilei è uno dei molteplici crocevia. In catalogo, tra numerosi autori stranieri, figurano l’israelo-americano Yoram Hazony, riferimento dei nazionalisti conservatori, Balazs Orban, braccio destro del primo ministro ungherese illiberale Viktor Orban, o ancora Patrick Deneen, teorico di un ordine «post-liberale», fondamentalmente autoritario, le cui idee hanno influenzato il vicepresidente americano J. D. Vance.
A Washington, questo cattolico convertito, che ha dichiarato guerra al modello democratico europeo, funge d’altronde da riferimento per Francesco Giubilei, molto più che lo stratega della prima campagna di Donald Trump, il populista Steve Bannon, anch’egli interessato alle destre europee. In J. D. Vance, il mondo transatlantico è percepito maggiormente come una comunità di «civiltà», in cui i valori tradizionali devono essere ripristinati di concerto. Francesco Giubilei assicura, peraltro, che essere italiano e avere sede a Roma, sede della Chiesa universale, gli valga un’attenzione del tutto particolare presso i suoi interlocutori d’oltreoceano.
Ma, nella vita dell’editore, c’è un’altra città: Budapest, la cui compagine governativa, guidata dal primo ministro illiberale Viktor Orban, ne ha fatto la capitale alternativa dell’Europa
reazionaria. Francesco Giubilei è in particolare legato al “Centre for Fundamental Rights” e al “Mathias Corvinus Collegium”, due strutture di ricerca e formazione che partecipano all’organizzazione dell’élite della destra radicale europea.
«La scena intellettuale conservatrice in Europa è composta da circa 200 persone, tra le più attive, che si conoscono da tempo, avendo organizzato insieme numerose conferenze e pubblicazioni. Ci fidiamo l’uno dell’altro, discutiamo, ci coordiniamo ed elaboriamo una visione comune del mondo.» Una visione i cui promotori sono sufficientemente potenti — o i cui avversari sono abbastanza deboli — perché essa abbia infiltrato i discorsi pubblici da un capo all’altro del continente.
Ma è davvero europea? Il baricentro finanziario e politico del campo conservatore si trova oltreoceano. Come ha ricordato l’episodio seguito all’assassinio di Charlie Kirk, è laggiù che tendono a essere forgiati i contenuti dei discorsi politici delle destre europee. L’Europa non è dunque soltanto un campo di battaglia accessorio della guerra culturale condotta dai sostenitori di Donald Trump: è anche un mercato d’esportazione per prodotti ideologici fabbricati negli Stati Uniti.
«Dobbiamo evitare di lasciare che in Europa si installino le stesse contrapposizioni in corso negli Stati Uniti, come abbiamo fatto con il “wokismo” in un periodo precedente», afferma Francesco Giubilei a proposito del clima di violenza che l’amministrazione Trump ha instaurato nei discorsi e, talvolta,
negli atti. Resta il fatto che la sua casa editrice pubblica e traduce alcuni degli autori che hanno contribuito a fornire un’ossatura intellettuale a tale deriva. Uno dei fiori all’occhiello del catalogo è, del resto, l’ultimo libro di Patrick Deneen, “Changement de régime” (Sentinel, 2023), presentato con queste parole:
«Gli sforzi populisti dal basso per distruggere completamente la classe dirigente sono inutili. Ciò che occorre è la formazione strategica di una nuova élite devota a un “conservatorismo pre-postmoderno”.» Una nuova élite contro-rivoluzionaria, in somma.
(da agenzie)
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