FU DI MAIO A GARANTIRE PER MARRA, A LUGLIO FU RICEVUTO DAL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA
IL MINIDIRETTORIO NON LO VOLLE INCONTRARE, LUI SI’: NESSUN PREGIUDIZIO”… DI MAIO RESPINGE LE ACCUSE E ANNUNCIA QUERELE
Luigi Di Maio dice di aver incontrato Raffaele Marra una volta sola, ai primi di luglio, e di avergli detto – “con cortesia” – che “se ne doveva andare” dal gabinetto della sindaca di Roma.
Il vicepresidente della Camera lo scrive in un post sul blog di Beppe Grillo: “Durante l’incontro, di cui anche Davide Casaleggio e Beppe Grillo erano al corrente, svolto nel mio ufficio con tanto di registrazione all’ingresso, gli riportai che il Movimento non aveva fiducia in lui. Ho aggiunto anche che essendo dirigente assunto per concorso non potevamo certo licenziarlo. Lui ci tenne a spiegarmi che le cose che si dicevano sul suo conto non erano vere. Ma il suo racconto non cambiò il mio e il nostro orientamento”.
L’esito di quell’incontro appare però molto diverso alla luce delle ricostruzioni, dei resoconti sulla stampa, mai smentiti, e delle dichiarazioni – pubbliche e non – rilasciate in quei giorni dallo stesso Di Maio.
Il primo luglio, dopo che il minidirettorio aveva provato – attraverso Roberta Lombardi – a porre un veto sulla nomina di Marra come vicecapo di gabinetto con potere di firma, a domanda diretta al festival di Spoleto Di Maio rispondeva: “Non abbiamo pregiudizi verso nessuno. Chi ha operato bene, anche in altre forze politiche, può e deve essere coinvolto”.
Un concetto ripetuto quella stessa sera, al festival del Lavoro all’Angelicum.
E che fa infuriare alcuni parlamentari, che lo ritengono una “copertura politica” di Raggi.
Sono i giorni in cui la sindaca sta costruendo la sua giunta. Quelli in cui litiga col minidirettorio e telefona ai vertici per lamentarsi delle ingerenze di Lombardi: “Parla male di Marra solo perchè vuole comandare lei!”.
Così, la sindaca chiede a Di Maio di incontrare il suo fedelissimo. E quell’incontro avviene – come racconta Marco Travaglio il 10 settembre sul Fatto quotidiano – il 6 luglio.
“L’ex finanziere gli porta il solito valigione di documenti con tutte le sue denunce – scrive Travaglio – e per un’ora e mezza gli illustra la sua esperienza nell’amministrazione regionale e capitolina.
“Se non l’avrò convinta ho qui pronta la lettera di dimissioni””. Marra non si dimette. Quella sera Di Maio va a festeggiare i suoi trent’anni su un barcone sul Tevere.
Il giorno dopo parte per il Medio Oriente e a Hebron – a domanda su Marra – ripete lo stesso concetto del primo luglio. Aggiungendo: “È il sindaco che deve scegliere di chi fidarsi”.
In quelle ore, Virginia Raggi sta inaugurando la sua giunta davanti al consiglio comunale di Roma. Marra non ha il potere di firma, ma rimane vicecapo di gabinetto con la promessa di un altro incarico.
Il 12 luglio arriva Grillo. Due giorni dopo, quel che avviene non è l’allontanamento di Marra. A essere messa fuori dal “minidirettorio” è proprio Lombardi.
Ad agosto, i giornali si riempiono delle ricostruzioni sul “raggio magico”. Di Maio si infuria, prova a smentire l’irritazione di Grillo, dice di Marra: “Stiamo parlando di un incensurato!”.
Poi inciampa sul caso Muraro, quando dichiara di non sapere dell’indagine a carico dell’assessora ai Rifiuti nonostante avesse ricevuto mail e sms dettagliati.
Chiarisce con Grillo, che lo perdona pubblicamente nella piazza di Nettuno. E smette di occuparsi di Roma. “Non ha mai difeso Marra – fa sapere la comunicazione dei 5 stelle – le sue dichiarazioni sono sempre state a sostegno dell’autonomia della sindaca, perchè era la linea decisa”.
Una parte del Movimento 5 stelle però continua a indicare in Di Maio il garante politico della scelta di Raggi di tenere Marra al suo fianco.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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