GASPARRI E LA POLIZZA DA 600.000 EURO A SUA INSAPUTA: “NON SAPEVO CHE FOSSE A FAVORE DEI MIEI FIGLI”
IL CAPOGRUPPO PDL: “MI ERA STATO CONSIGLIATA DALLA BNL, NELL’INTERESSE DEL PARTITO”
Una polizza vita i cui beneficiari sarebbero stati i suoi figli pagata, e non poco, con i soldi del gruppo al Senato.
Per questo l’ex presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, rischia ora il processo con l’accusa di peculato.
I pubblici ministeri della capitale gli contestano di «essersi appropriato di 600mila euro utilizzandoli in data 22 marzo 2012 per l’acquisto — con il versamento del relativo “premio unico spot” — di una polizza Bnl intestata personalmente a lui, avente durata la sua intera vita e i cui beneficiari, in caso di morte dell’assicurato, erano i suoi eredi legittimi».
Insomma, nulla a che fare nè con la sua attività politica nè con quella del Pdl.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone, dagli aggiunti Francesco Caporale e Nello Rossi e dai pm Giorgio Orano e Alberto Pioletti e delegata ai finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria, nasce a seguito di alcune segnalazioni di operazioni sospette della filiale Bnl di palazzo Madama.
La banca ha notato diversi movimenti sul conto del partito di Berlusconi, spesso fatti in contanti.
I soldi venivano prelevati, si legge nel decreto, dalle impiegate Giovanna Cati e Laura Giacomini anche attraverso assegni e poi conservati nella cassaforte della coordinatrice amministrativa, Daniela Lucentini.
Era lei che elargiva e ha elargito ai circa 150 senatori del partito, il denaro in contante per la loro attività politica. Due milioni e ottocento mila euro in due anni senza che vi fosse una sola giustificazione.
I militari guidati dal generale Giuseppe Bottillo non hanno trovato una sola pezza d’appoggio.
Gestione che incastra solo Gasparri ma che viene stigmatizzata dai magistrati che spiegano che i contributi ai gruppi «vengono assegnati per la “esplicazione delle loro funzioni”, così precludendo ogni forma di impiego delle somme rispondente ad interessi privati».
E se è vero che non ci sono ulteriori indicazioni sulla destinazione dei contributi in ordine alle spese ritenute utili all’esercizio delle attività e che non vi era alcun obbligo di rendicontazione, è «singolare» — scrivono i pm che nell’utilizzo di soldi pubblici «sia stata adottata per anni una tale modalità di gestione, scarsamente rispondente ad esigenze di controllo e di trasparenza».
Restrizioni solo in un secondo momento introdotte dalla legge e quindi non punibili.
È un fatto, però, che nessuno sappia come e perchè siano stati spesi dal gruppo Pdl al Senato quasi tre milioni di euro di denaro pubblico in due anni.
I finanzieri hanno analizzato anche la posizione di Gaetano Quagliariello, all’epoca vicepresidente Pdl al senato, anche lui inizialmente iscritto nel registro degli indagati. Gli accertamenti evidenziavano che l’attuale ministro per le Riforme costituzionali aveva disposto 18 bonifici dal conto Pdl al suo personale per un totale di oltre 400 mila euro.
Da lì, poi, il delegato di Magna Carta, la fondazione della quale è presidente, ha fatto 68 prelievi in contanti.
Giro di denaro che ha fatto ritenere ai pm che quei soldi siano stati utilizzati a fini politici: per il ministro è stata chiesta l’archiviazione.
Diversa la questione per Gasparri ai magistrati che lo hanno interrogato ha spiegato di avere fatto quell’investimento convinto dal funzionario della banca e convinto, soprattutto, che fosse nel bene del partito che in quel momento aveva contenziosi aperti con alcuni dipendenti.
Quando gli è stato chiesto per quale motivo allora i beneficiari fossero i suoi eredi, il senatore ha detto non esserne al corrente.
È vero che il primo febbraio scorso, Gasparri ha riscattato la polizza (liquidata in 610.697,28 euro) e restituito 600mila euro al gruppo. Ma è vero anche questo è avvenuto dopo che la direzione amministrativa del gruppo gli aveva fatto specifiche richieste.
E, in ogni caso, per il codice penale il peculato è istantaneo: non importa se i soldi sono stati restituiti in un secondo momento, il reato è stato comunque consumato.
Il senatore si è difeso anche ieri: «Ritenevo di aver chiarito agli organi competenti in maniera puntuale la vicenda relativa alla gestione dei fondi del gruppo parlamentare del Pdl al Senato. L’operazione in questione mi era stata proposta dalla banca che da sempre ha i suoi uffici in Senato e tutto è stato fatto con grande trasparenza e nell’interesse del gruppo».
Maria Elena Vincenzi
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