GEOGRAFIA DEL DISASTRO: COSI’ BOSSI E BERLUSCONI HANNO PERSO IL NORD
IL FLOP DI PDL E LEGA ATTRAVERSA TUTTO IL SETTENTRIONE…IL PRIMO CAPOLUOGO DI REGIONE NON GUIDATO DAL CENTROSINISTRA E’ ROMA… NEI COMUNI OLTRE I 15.000 ABITANTI IL PDL HA PERSO 121.194 VOTI, LA LEGA 57.346
Da Torino a Trieste: l’autostrada A4 taglia il Nord da parte a parte, è la spina dorsale della «Padania», il cuore del leghismo.
Si parte da Torino, si attraversa Chivasso, Novara, Rho, Milano, Padova, Rovigo, Venezia, Pordenone, Monfalcone fino ad arrivare a Trieste.
Tutte città che da lunedì sono governate (nel caso di Padova e di Venezia, ormai da alcuni anni) dal centrosinistra. Chi l’avrebbe detto.
Solo 120 dei 517 chilometri dell’autostrada non sono sotto giunta «rossa»: la porzione che va da Bergamo e Verona.
Un po’ poco per il cuore del Nord.
Da ieri il capoluogo di regione più a Nord governato dal centrodestra è Roma.
Il cappotto nazionale del centrosinistra sul centrodestra (che ha vinto in 85 Comuni contro 40) è plasticamente impietoso al Nord, la fortezza inespugnabile, si diceva, di Bossi e Berlusconi.
Il fortino dove il voto, almeno fino ai risultati di ieri, era poco volatile.
Il massimo della protesta nei confronti di un partito, per dire, era votare il movimento alleato. Come dei vasi comunicanti: un partito saliva, l’altro scendeva, ma il gioco era sempre (quasi) a somma zero.
Stavolta non è più così: in Piemonte, Lombardia, Emilia, Veneto e Friuli, il Popolo della Libertà perde nei capoluoghi sopra i 15 mila abitanti dove si è votato ben 121.194 voti rispetto a un anno fa.
La Lega in compenso non ride, visto che di voti assoluti ne ha persi 57.346, sempre con riferimento alle Regionali 2010.
Dall’altra parte invece il partito democratico guadagna in un anno 76.264 voti.
Con un calo nei Comuni non capoluogo e un boom nelle «capitali».
A Milano, per esempio, ne guadagna 35.436, a Torino 47.305, al netto delle liste civiche di sostegno ai due candidati presidenti di Regione.
Chi ieri mattina ha letto «il mattinale», una ragionata rassegna stampa per il premier preparata tutte le mattine dagli uomini del portavoce Bonaiuti, sostiene che la maggiore attenzione fosse concentrata sulla Lega che «ha perso anche nei “suoi” territori dal Piemonte al Friuli, e questo dice che non siamo di fronte soltanto ad un problema-partito del Pdl, ma ad un verdetto negativo da parte degli elettori su tutto il centrodestra. Il che ci riporta dunque all’azione di governo».
L’analisi è corretta: più di metà dei 57 mila voti andati in fumo, la Lega li ha persi in Lombardia. Spesso il Carroccio spiega che pur di ottenere le riforme cui tiene o le poltrone cui aspira, è disposto ad allearsi con il diavolo. Anche a costo di perdere voti.
Ma nemmeno questa attenuante, stavolta, funziona: i candidati sindaci leghisti hanno perso sia quando era alleata (Novara, Bologna) sia quando si è presentata da sola.
L’esempio più lampante è Gallarate dove non è nemmeno arrivata al ballottaggio.
In due città la Lega ha vinto pure, ma con il brivido finale: a Cordenons, in Friuli, Mario Ongaro ha vinto per soli 700 voti. A Varese, l’uscente Attilio Fontana è stato prima costretto al ballottaggio poi ha vinto prendendo 700 voti in meno del primo turno: la sfidante ne ha recuperati più di quattromila.
L’alleanza Pdl e Lega ha vinto in due Comuni sopra i 15 mila abitanti in Emilia, ne aveva uno solo. È l’unica nota lieta.
In Piemonte governava in sei dei dieci comuni al voto. Novara certamente, ma anche Trecate, Carmagnola, Chivasso, San Mauro Torinese e Domodossola. Non ne ha più nessuno.
In Lombardia non hanno perso solo la «capitale» Milano.
Hanno lasciato agli avversari anche Rho, Arcore, Desio, Limbiate, Gallarate e Malnate.
Il centrosinistra ha tenuto anche Pioltello, Viadana e Vimercate.
I flussi elettorali In questa tornata c’è stato il boom del ricorso ai ballottaggi: secondo i calcoli del Cise (Centro Studi Elettorali) «se infatti il precedente sindaco era stato eletto al primo turno in 79 comuni, pari al 59,4% dei casi, oggi in soli 46 (34,6%) un candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validi nel primo turno, mentre ben 87 città (65,4%) hanno dovuto ricorrere al secondo per scegliere il primo cittadino. Tale aumento è particolarmente marcato al nord, dove raddoppia il numero di comuni che sono andati al ballottaggio (dai 17 della precedente tornata ai 34 di oggi, pari all’85% del totale)».
Evidentemente il ruolo del terzo polo e dei grillini ha contribuito a rendere più difficile il raggiungimento del quorum.
Ma dove sono andati i voti di Grillini e Terzo Polo?
Tranne a Milano, dove l’affluenza è rimasta pressochè uguale a quella del primo turno, la grande parte degli sconfitti al primo turno non è tornata a votare: il calo dell’affluenza è stato pari al 7,4%.
Nel complesso delle 13 città maggiori andate al voto, i candidati di centro-sinistra hanno guadagnato quasi 130 mila voti (+16,8% rispetto al primo turno), mentre i candidati di centro-destra hanno perso oltre 21mila voti (—3,1%).
Ma secondo i calcoli dell’Istituto Cattaneo «Milano e Napoli hanno presentato due dinamiche diverse.
A Milano entrambi i candidati sono cresciuti rispetto al primo turno, ma Pisapia ha manifestato un’accelerazione più robusta: ha preso 49,8 mila voti in più (+15,8%) di quelli raccolti al primo turno; anche Moratti ha aumentato il suo numero di voti, ma in misura insufficiente (24 mila, +9,0%).
A Napoli, invece, i due candidati hanno manifestato andamenti divergenti: uno positivo per Luigi De Magistris, l’altro negativo per Gianni Lettieri.
De Magistris ha raccolto oltre 47 mila in voti in più, +21,7% (e ciò, va ribadito, al netto dell’assunto generoso secondo il quale tutti i voti per Morcone al primo turno siano confluiti su De Magistris); mentre Lettieri ne ha persi oltre 39 mila (—21,9%)».
Marco Castelnuovo
(da “La Stampa“)
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