“GIORGIA MELONI È DI ESTREMA DESTRA”: OLAF SCHOLZ, DOPO I SORRISI DI CIRCOSTANZA AL G7, SBATTE LA PORTA ALLA DUCETTA, CHE STA BRIGANDO PER ENTRARE NELLA MAGGIORANZA “URSULA”
UN’USCITA CONCORDATA CON EMMANUEL MACRON, CHE QUALCHE ORA PRIMA AVEVA RIMARCATO LE DIFFERENZE CON LA PREMIER… IL TEDESCO E IL FRANCESE SI SONO INCONTRATI CON URSULA VON DER LEYEN, SENZA INVITARE LA REGINA DI COLLE OPPIO. CHE ORA MEDITA IL PIANO B: STARE ALL’OPPOSIZIONE CON MARINE LE PEN (E NON CONTARE UN CAZZO)
A margine del G7 a Fasano si è tenuto un incontro tra il presidente francese Macron (liberale), il cancelliere tedesco Scholz (socialista) e la presidente uscente della Commissione von der Leyen (popolare), mancava la padrona di casa Meloni, che in Europa fa parte della famiglia politica dei conservatori dell’Ecr.
Del resto non avrebbe potuto essere altrimenti, perché da settimane socialisti e liberali dicono ai popolari che per sostenere von der Leyen non ci deve essere accordo con i conservatori dell’Ecr e con l’estrema destra di Identità e democrazia
«A noi Ursula va bene. Ma le nostre condizioni sono imprescindibili: allargare la maggioranza ai Verdi e tenere fuori i Conservatori dell’Ecr, compresa Giorgia Meloni». I due primi ministri socialisti, Olaf Scholz e Pedro Sanchez, che stanno negoziando per la definizione dei cosiddetti “top jobs” Ue, le massime cariche dell’Unione, sono stati chiari.
E in particolare il Cancelliere tedesco le ha ribadite anche nel corso del G7 concluso ieri a Bari. A margine del summit, infatti, i leader europei presenti hanno avuto più volte l’occasione di discutere di quel che potrà accadere al vertice dei capi di stato e di governo europei convocato ad hoc domani a Bruxelles. E i “paletti” piantati dai rappresentanti del Pse — i cui voti sono indispensabili — risultano piuttosto profondi. Al punto da mettere in bilico la possibilità di arrivare in breve tempo ad un’intesa.
Basti pensare che proprio Scholz in pubblico abbia sottolineato di considerare Meloni «di estrema destra». La frase del cancelliere tedesco rivela l’auspicio di chiudere la partita rapidamente sulla sua connazionale ma senza l’appoggio dell’«estrema destra».
L’altro ieri — in una forbice che difficilmente non è stata concordata — il presidente francese, capo dei liberali europei, ha rimarcato le «differenze» con la premier italiana. Un modo per fare pressione e per costringere il Ppe ad assumersi la responsabilità di far saltare il nome di Ursula come accadde 5 anni fa con Manfred Weber.
Il veto su FdI e Meloni è quindi chiaro. La premier dovrebbe allora accontentarsi di offire “gratis” i suoi voti, senza entrare in maggioranza. Non è un caso che la capa di FdI ieri abbia iniziato a prendere tempo. Vuole aspettare l’esito delle elezioni francesi nella speranza che una vittoria di Le Pen possa indebolire ulteriormente l’Eliseo e dare una chance in più a lei di aderire all’equipe di comando dell’Unione.
I ballottaggi francesi però si terranno il 7 luglio, ben dopo il Consiglio europeo formale del 28 giugno. Se così fosse tutto slitterebbe e Ursula rischierebbe di ritrovarsi sulla graticola. La partita inizia domani ma ancora non si sa quando potrà finire.
Giorgia Meloni vuole avere un piano B in tasca se l’ostilità di Francia, Germania (e altri) dovesse intorbidire le trattative: o puntare su un rinvio o strappare e posizionarsi all’opposizione, saldando un patto con Marine Le Pen, la leader del Rassemblement National, partito che fra meno di un mese potrebbe guidare il governo francese. Ma questa dentro FdI è considerata davvero l’extrema ratio.
Meloni è nella posizione meno semplice. È costretta a restare agganciata a Ursula e alla sua maggioranza (cosa che molto probabilmente spaccherà il gruppo europeo dei conservatori al momento del voto in Parlamento), ma non può alienarsi del tutto Le Pen.
(da agenzie)
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