GLI OSCURI RAPPORTI CON JEFFREY EPSTEIN, CON ANNESSI SOSPETTI DI ESSERE TRA I “CLIENTI” DEL GIRO DI MINORENNI DEL FINANZIERE MORTO SUICIDA IN CELLA, SONO LA PIU’ GRANDE ROGNA PER DONALD TRUMP DA QUANDO E’ PRESIDENTE
E’ TALMENTE IN DIFFICOLTA’ SUL CASO CHE E’ PARTITO ALL’ATTACCO INTENTANDO UNA CAUSA DA DIECI MILIARDI DI DOLLARI AL “WALL STREET JOURNAL”, MA NON E’ DETTO CHE BASTI A SILENZIARE LO SCANDALO, SOPRATTUTTO SE DAI DOCUMENTI ANCORA SEGRETI EMERGESSERO ALTRE SORPRESE IMBARAZZANTI
Trump cerca di riprendere il controllo del caso Epstein, tra la causa da dieci miliardi di dollari al Wall Street Journal, la promessa di pubblicare i documenti del Grand Jury, e la distrazione della direttrice dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard, che accusa Obama di aver fabbricato il “Russiagate” per abbatterlo. Sono sempreverdi che in genere funzionano con la base del movimento Maga, e infatti alcuni leader si sono già riallineati al presidente. Resta da vedere se basterà a silenziare lo scandalo, soprattutto nel caso in cui dai documenti ancora segreti emergessero altre sorprese imbarazzanti.
Il capo della Casa Bianca sostiene di non aver mai scritto la lettera oscena per festeggiare il cinquantesimo compleanno di Jeffrey, anche perché non sa disegnare. Questa difesa è stata già smentita dalla pubblicazione di molti schizzi che aveva fatto e venduto per beneficenza, dimostrando peraltro un buon talento. Il New York Times ha ricostruito il suo rapporto con Epstein. La sua ex fidanzata Stacey Williams, che ha denunciato molestie sessuali, ha testimoniato che «erano i migliori amici».
Trump ha quindi reagito con forza, a partire dalla causa contro il Wall Street Journal per averlo diffamato con la pubblicazione del contenuto della lettera: «Nonostante le evidenti carenze nell’etica giornalistica e negli standard di accuratezza del resoconto, gli imputati Dow Jones e News Corp. – su indicazione degli imputati Murdoch e Thomson – hanno pubblicato al mondo le dichiarazioni false, diffamatorie e offensive degli imputati Safdar e Palazzolo», si legge nel documento.
Dove Murdoch è l’editore, Thomson il manager, Safdar e Palazzolo i giornalisti autori dell’articolo. Quindi la causa prosegue: «Centinaia di milioni di persone hanno già visualizzato le dichiarazioni false e diffamatorie pubblicate dagli imputati. E data la tempistica dell’articolo degli imputati, che dimostra la loro intenzione malevola, gli enormi danni finanziari e reputazionali subiti dal presidente Trump continueranno a moltiplicarsi».
Totale: dieci miliardi di dollari, che chiuderebbero il Wall Street Journal. Non è facile che la causa abbia successo, perché tocca al querelante dimostrare l’intento di diffamarlo. Per farlo Donald sarebbe costretto a testimoniare in tribunale sulla sua relazione pericolosa con Epstein, mentre Murdoch potrebbe difendersi mostrando che la lettera esiste ed è vera.
La causa però è bastata a riallineare molti leader del movimento Maga come Laura Loomer, Charlie Kirk, Jack Posobiec e Steve Bannon, che aveva girato 16 ore di interviste con Jeffrey per un documentario mai uscito ed è stato accusato da Elon Musk di essere nella lista dei suoi “clienti”. Per questo gruppo andare contro i media tradizionali dell’establishment è più importante che conoscere la verità su Epstein e quindi si sono rischierati con Trump.
(da “la Repubblica”)
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