GRILLO BLINDA CONTE
IL GARANTE NON CEDE SULLA REGOLA DEI DUE MANDATI
Il garante non vuole cedere sull’ultima regola rimasta, l’ultimo pilastro. E può essere la carta che spegne e risolve la guerra a 5Stelle. Quindi il migliore dei favori per il leader, Giuseppe Conte.
Perché il vincolo dei due mandati non si tocca, fa trapelare ieri pomeriggio Beppe Grillo. “È una regola identitaria” ribadisce a vari 5Stelle. E qualche ora dopo, arrivando alla Camera per l’assemblea congiunta con i parlamentari sui referendum, Conte sottoscrive e certifica: “Per Grillo la regola dei due mandati è fondativa, nessuna novità, lo ha detto più volte. Anche su questo ci confronteremo, la nostra è una comunità di teste pensanti. Ma ovviamente la posizione del garante avrà un grande rilievo”.
Peserà eccome, quella porta sprangata – ancora, da parte del fondatore – al terzo mandato dei parlamentari. A cui viene anche offerto un punto di caduta, perché i reduci da due legislature potranno correre per l’Europarlamento o per un posto in una Regione: cioè cercarsi i voti per garantirsi un futuro politico.
Così almeno filtra sull’AdnKronos, a ridosso dell’assemblea: la prima da quando un’ordinanza del tribunale civile di Napoli ha congelato lo Statuto del M5S e quindi il suo presidente, Conte. Ma a pesare sono quelle indiscrezioni.
“Una bomba” riassume un contiano, non certo scontento. Perché il primo a risentire delle schegge potrebbe essere Luigi Di Maio: l’avversario dell’avvocato, anche lui al secondo mandato, che da giorni auspica un incontro e quindi una tregua con Conte. Però con la stretta sui due mandati il pallino rimarrebbe nelle mani dell’ex premier. Libero di costruire le liste per le Politiche del 2023 senza dover tenere conto più di tanto di correnti, gruppi o maggiorenti.
A Otto e mezzo, la settimana scorsa, Conte aveva lasciato aperto uno spiraglio a “qualche deroga”, precisando: “Ne dovrò parlare con Grillo”. E anche se il fondatore alla fine concedesse qualcosa, sarebbero sempre lui e Conte a decidere.
E Di Maio avrebbe poco margine per salvare i suoi fedelissimi dopo il secondo giro. D’altronde un paio di contiani insistono: “Beppe quella regola non la vuole toccare, e poi così ci sarebbe anche una via d’uscita per i big”.
Compresi quelli vicini al leader: dalla vicepresidente vicaria del M5S, Paola Taverna, al presidente della Camera, Roberto Fico, per arrivare all’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede (in ottimi rapporti anche con Di Maio).
Mentre un senatore si chiede: “La possibilità di candidarsi in Europa o in Regione varrebbe senza limiti, anche dopo tre mandati?”. Domanda opportuna.
“Di certo la politica non può essere un mestiere” teorizza Conte, mentre il ministro degli Esteri Di Maio è altrove, a Kiev, a parlare dei rischi di una guerra vera. L’avvocato invece riunisce i suoi parlamentari per fissare una linea condivisa sui quesiti referendari, potenziali mine per il M5S che fatica a marciare unito.
Così Conte, dopo un lunedì in cui aveva tenuto una cabina di regia con ministri e capigruppo di varie commissioni, raduna gli eletti. Vuole mostrare che il M5S funziona, anche se bloccato sul piano formale dai giudici. E che lui sa condividere. “Sui referendum mi piacerebbe coinvolgere anche gli iscritti” butta lì.
Lo aveva già ventilato per il Quirinale, e non se n’era fatto nulla. “Certo, ci porterebbe via un po’ di tempo” ammette. E il deputato Vittorio Ferraresi avverte: “Potrebbe sembrare una fuga dalle responsabilità”. Ma l’obiettivo di Conte è ricompattare i suoi. Per questo scandisce: “Abbracciamo convintamente il quesito referendario sulla cannabis”.
Proprio lui, che nelle settimane scorse si era mostrato freddo sul tema, irritando molti eletti grillini. Mentre l’avvocato e tanti parlamentari sono sollevati per l’inammissibilità del quesito sull’eutanasia: “Era troppo dritto”, a detta dei 5Stelle. “Bisogna correre con una legge sull’argomento” sostiene Conte. “Noi ci siamo” conferma Stefano Buffagni.
Certo, poi ci sono i referendum sulla Giustizia. E su quelli la discussione è accesa. Ma l’ex premier ora non ha totem da difendere. “L’importante è che l’ordinanza di Napoli venga sospesa, perché se a forza di ricorsi si tornasse a una guida collegiale allora anche sui due mandati ci sarebbe scontro”, ricorda un veterano. Perché ogni giorno è un film diverso, per il M5S.
(da Il Fatto Quotidiano)
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