HARAKIRI M5S CHE DISERTA L’AULA DEL SENATO QUANDO PARLA CONTE
IL GRUPPO SI SPACCA: “SIAMO FANTOZZIANI” … CONTE FURIOSO STRAPAZZA IL CAPOGRUPPO, LA DIRETTIVA ERA DI DI MAIO, LO STRATEGA CHE HA FATTO DIMEZZARE I VOTI DEL M5S
La telefonata dall’alto arriva poco prima che Giuseppe Conte parli in aula: “Lasciate i banchi vuoti”.
È da Luigi Di Maio che arriva una decisione last minute che piomba sulla chat interna dei senatori 5 stelle ignari di tutto fino all’ultimo minuto.
Di Lì a poco, nell’emiciclo del Senato si verifica una scena surreale. C’è il premier designato dai 5 stelle che accende il microfono per spiegare la posizione del governo sul Russiagate, su Matteo Salvini e Gianluca Savoini, sulla collocazione internazionale del governo.
Con il principale interessato assente, e con i banchi del partito che lo dovrebbe sostenere vuoti per metà .
Mentre i deputati di quello stesso partito, un piano sopra, facevano la fila come bravi scolari, accorsi per andare a sentire il loro presidente. Paradossale.
C’è Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, che sfoggia una cravatta No-Tav. “Ma quindi è per questo che protestate?”. Inarca un sopracciglio, sorride: “Magari”.
Mezzo gruppo si ribella e entra dentro: “Ma vi pare possibile? — sbotta un senatore con i colleghi — La prenderanno tutti come una critica a Conte”.
Ed è proprio così, con una sequela di interventi degli altri partiti che stigmatizzano quei posti platealmente lasciati vuoti, con i computer e i faldoni in bella vista in attesa di rientrare per votare sulla legge per le opere lirico sinfoniche.
La comunicazione 5 stelle si affretta a spiegare che no, la mossa non è contro Conte, ma in polemica con Salvini, doveva esserci lui in aula.
È Stefano Patuanelli, il solitamente puntuale e pimpante capogruppo M5s, a provare a mettere ordine, un intervento evidentemente imbarazzato, che spiega come “forse il diretto interessato doveva essere qui a rispondere, noi sosteniamo il nostro presidente Conte”.
Il cui volto, man mano che gli interventi in aula continuavano e i 5 stelle non entravano, diventava sempre più livido. “Io vengo a metterci la faccia — lo sfogo — e voi mi lasciate solo?”.
Dopo tanto richiamare alla trasparenza e al rispetto delle istituzioni, fatto dall’uno e dagli altri, non se lo aspettava. Un ragionamento fatto a brutto muso anche allo stesso Patuanelli, che capita la situazione era andando ad accompagnarlo fuori dall’aula.
Il punto è che non c’è stato nessun coordinamento, che il capo del governo ha saputo della mossa solo quando si è trovato davanti agli occhi la parte centrale dell’emiciclo semi-vuota.
“È per questo che sono rimasto dentro”, spiega un senatore pentastellato quando gli si fa notare il cortocircuito comunicativo. Un altro, Criscuoli, spiega su Facebook: “Oggi, pochi istanti prima dell’intervento del Presidente del Consiglio in Senato, con un messaggio non firmato (ma che è stato riferito direttamente a Di Maio) ci è stato chiesto di abbandonare l’aula. Dissociandomi dall’iniziativa, che non mi appartiene nel metodo e nel contenuto, sono restato al mio posto insieme a molti miei colleghi”.
“Siamo fantozziani”, va giù duro un suo collega. Molti svicolano, altri, capendo quello che stava succedendo, entrano almeno quando parla il capogruppo, quando si affacciano Paola Taverna, Gianluigi Paragone, lo stesso Morra.
“Io ho massimo rispetto del presidente — la spiegazione di Patuanelli — ma per queste cose mi coordino con Di Maio”. Il capo politico prova a metterci una pezza: “Piena fiducia in Conte”.
Un cortocircuito totale. Con i banchi del governo vuoti. Ci sono solo Giulia Bongiorno e Riccardo Fraccaro, il sottosegretario Vincenzo Santangelo. Quasi in chiusura arriva Alberto Bonisoli.
Conte parla del già noto, riprende il comunicato di Palazzo Chigi in cui si spiegava dell’intervento di D’Amico, consigliere di Salvini, per favorire la presenza di Savoini alla cena con Putin, alle sue due missioni in Russia a seguito del vicepremier.
Assicura sulla collocazione internazionale dell’Italia, ma non trae nessuna conclusione politica su quanto è successo. Dice che questo è quanto può dire, perchè “non ho ricevuto informazioni a riguardo dal ministro competente”.
Il Pd rumoreggia, borbotta, urla, si dice insoddisfatto e annuncia una mozione di sfiducia individuale. Maurizio Romeo dai banchi della Lega contrattacca, si scatena una gazzarra, molto fumo poco arrosto. Poi cita Bibbiano e dai banchi Dem parte la protesta.
Un caos in cui passa sostanzialmente inosservato il passaggio più sibillino del premier, quello in cui, aprendo il suo intervento, ha assicurato che “da questo consesso ho ricevuto la fiducia per l’incarico da presidente del Consiglio e a questo consesso tornerò ove mai dovessero maturare le condizioni per una cessazione anticipata del mio incarico”.
Un annuncio della parlamentarizzazione di un’eventuale crisi che non ha lasciato indifferente Salvini, che in serata ha ammonito: “Le maggioranze non si raccolgono come funghetti”.
Schermaglie, almeno a guardare il sonnacchioso Palazzo. Nel Transatlantico di Palazzo Madama non si respira aria di crisi.
Alla buvette Patuanelli prende un caffè con Daniela Santanchè, a qualche centimetro Lucia Borgonzoni scherza con Lucia Ronzulli. Passa Gianluca Castaldi, ha una sigaretta in mano, sorride: “Che ci fate tutti qui, oggi non è mica una giornata importante, è scemata”.
Poco più in là un collaboratore parlamentare si domanda: “Perchè teniamo aperto il Senato anche la prima settimana di agosto? Non si potrebbe chiudere prima?”. Due senatori annuiscono.
(da “Huffingtonpost”)
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