FONDI RUSSI, NEL GIORNO DELLA VERITA’ IL COLLASSO CINQUESTELLE
SU SAVOINI, TAV E DECRETO SICUREZZA PREVALE LA PAURA DI PERDERE LA POLTRONA… C’E’ UN CAPO E UNA PICCOLA CORTE, SOTTO IL NULLA: I SEDICENTI RIVOLUZIONARI HANNO SCOPERTO IL CONFORT DEL PALAZZO D’INVERNO
Davvero non si era mai visto un presidente del Consiglio parlare, in un’Aula del Parlamento, di fronte ai banchi vuoti del partito di maggioranza relativa che lo ha espresso.
E, con l’eccezione di Fraccaro che non poteva non esserci per ragioni regolamentari, parlare da solo tra i banchi del governo, senza altri ministri del Movimento.
Una protesta confusa, imbarazzata, mal gestita, verso Salvini – così è stato spiegato in modo balbettante – che si è trasformata in un clamoroso boomerang.
Rivelandosi per quel che è: la fotografia di un governo che non c’è più. E di una crisi politica di fatto che precipita, per la prima volta, in un’Aula del Parlamento.
Parliamoci chiaro: c’è un Capo, che di questo assetto possiede lo ius vitae ac necis, e sotto il nulla. Non un governo.
Con l’avvocato del popolo, senza più neanche la pochette non si capisce se per lutto o per rispetto verso la durezza della giornata, che affida a un discorso intriso di enfasi e retorica leguleia, il discorso della sopravvivenza che val bene una Caporetto morale del Movimento.
Dieci minuti di pomposo omaggio al Parlamento e al “confronto”, come se fosse una concessione e non un dovere di chi ha giurato sulla Costituzione, poi una ventina di minuti di indulgente equilibrismo, piena di affermazioni di principio, per sostenere che “la nostra linea è stata coerente e non condizionata da fattori perturbativi”.
Proprio nel giorno in cui la Procura di Milano fa trapelare che Savoini, al famoso incontro del Metropol di Mosca, era presente come “uomo della Lega”, incaricato dunque, Conte si limita a riassumere, nel suo intervento di fronte al Parlamento e al paese, notizie già uscite in queste settimane sui giornali. E di più non aggiunge “perchè non ho ricevuto notizie dal ministro competente”.
In queste parole c’è la candida ammissione di impotenza da parte di un presidente del Consiglio che non ha forza, autorevolezza e coraggio di chiedere al suo ministro, sprezzantemente assente dall’Aula, nemmeno un’informazione sul ruolo e sui rapporti con l’uomo chiave dell’inchiesta.
È il passaggio chiave, che rende pressochè superflue tutte le parole e le rassicurazioni sulla collocazione internazionale del paese, perchè la rinuncia alla “trasparenza” avvolge in un velo di omertà la questione di fondo.
E cioè quale sia il tasso effettivo di sovranità di palazzo Chigi di fronte alle scelte di collocazione geopolitica del paese, adesso che è acclarato che “trattativa” c’è stata ma che il presidente del Consiglio non è in grado di spiegare.
Immaginate, per comprendere questa Caporetto politica e morale, cosa sarebbe successo con un qualunque altro premier e i Cinque Stelle all’opposizione.
Le ombre russe sarebbero diventate oggetto di denuncia di opacità morale e di complicità politica, nei tempi in cui il semplice dubbio era l’anticamera della colpevolezza e la scelta di campo tra la procura e le trame di un partito sarebbe stata scontata.
È il giorno della verità , in cui la trama si sgrana non nelle dirette facebook o nel profluvio dichiaratorio del consueto teatrino quotidiano, ma negli atti politici concreti che certificano il collasso identitario dei Cinque stelle che, nell’arco di ventiquattr’ore, votano il decreto sicurezza, rinunciano alla trasparenza su un caso di corruzione internazionale e capitolano sull’alta velocità , i nome di una “ragion di governo” che è semplicemente paura di andare a casa.
Nella reazione — rassegnata e senza tanti psicodrammi — c’è il compimento di una “mutazione genetica”: un Movimento, che pure seppe suscitare grandi entusiasmi e calore, si affida alla freddezza della realpolitik, propria di chi è ossessionato dalla perdita del Potere, senza che nessuno apertamente dissenta o si senta in dovere di lasciare una poltrona.
È questo che è accaduto: i sedicenti rivoluzionari che scoprono il confort del palazzo d’Inverno e non rinunciano ad abitarne il salotto, chiuso come una scatola di tonno, con i suoi velluti e i suoi segreti: un presidente del Consiglio che sceglie di vivacchiare solitario y final, nonostante la sua sopravvivenza sia solo legata all’incertezza altrui sul da farsi, con buona pace dell’immagine affidata agli spin sulla sua “autorevolezza”, “responsabilità ”, garante di una tenuta della legislatura, attorno a cui si intensificano le voci di un “suo” partito (non smentite).
Un ministro delle Infrastrutture “no Tav”, di fatto sfiduciato dal premier sulla realizzazione dell’opera, che resta al suo posto.
L’annuncio di un’ennesima sceneggiata sull’Alta velocità , che si farà , come ha detto Conte, col suo partito che fa finta di criticarlo e presenterà una mozione in Parlamento, consapevole che non passerà , nel tentativo di “illudere” la base sulla propria non complicità .
Manovra cinica e disperata, benedetta anche da Beppe Grillo, il Fondatore e custode dei valori delle origini, trasformatosi di fronte al collasso e all’esigenza del primum vivere da autentico capo-popolo in consumato capo-partito che corre in soccorso ai suoi.
C’è un Capo, dicevamo e sotto il nulla.
Al Senato oggi, mentre parlava Conte, non c’era più maggioranza, anche perchè non era richiesto un voto. Però è comunque un fatto politico di prima grandezza.
È la prima volta che accade, il che certifica un salto di qualità , perchè questa crisi strisciante è entrata dentro le istituzioni. Per la prima volta è uscita dai blog.
(da “Huffingtonpost”)
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