“HO RACCOLTO ALAN COME FOSSE UN FIGLIO, POI HO SOLO PIANTO”
IL RACCONTO DELL’AGENTE DELLA GENDARMERIA TURCA
«Quando abbiamo visto questi bambini, inerti, sul bagnasciuga, abbiamo pensato ai nostri figli. Li abbiamo presi dalla sabbia con molta tenerezza, come se stessimo tenendo i nostri piccoli. Per ognuno di questi casi sperimentiamo lo stesso dolore. Ma non possiamo fare niente»
Con grande pietà , facendo il proprio dovere.
Parlano, per la prima volta, i poliziotti della Gendarmeria turca che hanno raccolto i corpi di Alan Kurdi e del fratello Galip su una spiaggia poco distante da Bodrum. L’agente che ha preso nelle sue braccia Alan, come si vede nelle immagini della fotografa Nilufer Demir che hanno fatto il giro del mondo e forse impresso una svolta nell’approccio al problema dei profughi, è anch’egli un padre, come ha raccontato a Hurriyet .
Il quotidiano turco conosce il suo nome e cognome, ma non lo divulga, e lo ha chiamato con un nome di comodo, “Mehmet”.
È un membro delle Forze armate turche, ha il grado di “sergente tecnico” e lavora per la squadra della Gendarmeria forense di Bodrum.
È lui che per primo, all’alba del 2 settembre scorso, ha visto la scena con i corpi di Alan e, poco distante, sullo stesso lembo di sabbia, suo fratello Galip
«Ho fatto il più delicatamente possibile». Mehmet racconta di aver svolto il suo lavoro con il cuore che batteva, poi è tornato in caserma, e insieme al gruppo di agenti con cui aveva condiviso questa tragedia, non ha potuto trattenere le lacrime che aveva frenato prima a stento.
Anche il segretario di Stato Usa, John Kerry, in un’intervista all’ Huffington Post ha raccontato «quando ho visto la foto di Alan ho pensato a mio nipote».
Scrive la giornalista Banu Sen: «Su quella spiaggia hanno portato il peso dell’umanità ».
Racconta ancora uno dei componenti della squadra di militari, quando succede un caso del genere, e purtroppo non è l’unico vista ora anche la ressa di giornalisti sulle spiagge turche: «Ci sentiamo impotenti. Il problema è che molti altri profughi stanno aspettando di attraversare il mare. Si prendono un rischio, sfidano la morte. Cerchiamo di fare il nostro meglio, ma non siamo abbastanza.”
Marco Ansaldo
(da “La Repubblica”)
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