I “COMPROMESSI SPOSI”: LA FRAGILE TREGUA TRA TREMONTI E BERLUSCONI
IL TESORO PREPARA MISURE PER 40 MILIARDI, IL PREMIER PARLA DI RIDUZIONE DELLE TASSE TRA DUE ANNI, OVVERO QUANDO NON CI SARA’ PIU’
“Io non devio di un centimetro dagli impegni presi con la Ue e con il Quirinale”.Quello siglato tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti sembra solo un compromesso dalle fondamenta piuttosto fragili.
Basato su una formula linguistica che ha un solo obiettivo: evitare la sconfitta ad entrambi.
Ma si tratta di un risultato di breve periodo.
Un modo che permette al premier di annunciare la riforma fiscale e cantare vittoria con i suoi fedelissimi con un battagliero «l’ho piegato».
E al ministro dell’Economia di ribadire: «Io non devio di un centimetro. Sarei stato piegato se avessi accettato di tagliare le tasse senza il pareggio di bilancio».
Eppure, nelle prossime settimane I’affaire rischia di riproporsi in tutta la sua forza.
Perchè uno dei pilastri della tregua riguarda il debito pubblico.
«Silvio–ha fatto notare il titolare del Tesoro ad alcuni ministri – ha detto ciò che solo qualche giorno fa non voleva dire: l’abbattimento del debito si farà . E nulla si farà in deficit».
Il saldo, insomma, sarà “zero”.
Questo, dicono al Tesoro, è il «presupposto» ineliminabile.
Un promessa questa che nella tregua armata trai duerappresenta un elemento portante. Anche perchè nel delicato colloquio che “Silvio e Giulio” hanno avuto ieri prima del consiglio dei ministri è stata concordata una «premessa» rispetto alla legge delega per il taglio delle tasse: il governo varerà preliminarmente un maxidecreto che fissa tutte le misure di rientro dal debito da qui fino al 2014.
Con un importo complessivo vicino ai 40 miliardi di euro.
Di cui circa tre miliardi da rintracciare subito («manutenzione dei conti», viene definita).
Altri cinque nel 2012. E tutti gli altri dovranno essere recuperati nel biennio 2013-2014.
«Misure specifiche–è stata la richiesta del ministro al capo del governo – di come correggeremo il bilancio da presentare alla Commissione europea, luogo di compensazione, e ai mercati, luogo di collocamento».
Ma – è l’avvertimento – queste cifre sono valide solo «in via prudenziale» e «se non si spende di più».
«Questo–ha ribadito all’inquilino di Palazzo Chigi – si aspettano i mercati e l’Europa».
Questo è il percorso per il quale l’Italia ha firmato le sue garanzie per tentare di avvistare la soglia del 60% nel rapporto debito/pil.
Anche l’ultimo faccia a faccia, dunque, non ha affatto diradato le nuvole che si sono addensate sul governo e sul rapporto tra i due contendenti.
«Almeno – si è sfogato il Cavaliere – cerchiamo di armonizzare il linguaggio». Certo, il premier ieri ha abbandonato i toni ultimativi. Nello stesso tempo continua a non fidarsi del suo interlocutore.
E’ convinto che il percorso parlamentare di questi provvedimenti sia costellato di trappole.
Sa che la riforma fiscale – seppure depositata entro l’estate – avrà un iter parlamentare lunghissimo. Almeno di un anno. Le leggi delega sono così.
E difficilmente andrà in vigore prima del 2013.
Ma è soprattutto l’importo della “sforbiciata” a rappresentare un gigantesco punto interrogativo: basti pensare che un punto di Irpef vale circa 7,5 miliardi.
«Si fa come dico io», aveva minacciato il capo del governo ieri mattina vedendo Gianni Letta. Con Tremonti poi il vocabolario utilizzato è stato leggermente diverso: «La responsabilità del governo è mia, non tua». Il rapporto è logoro. La sfiducia reciproca evidente.
Il presidente del consiglio non è più sicuro di aver trascinato dalla sua parte Umberto Bossi.
Il vertice nottumo di martedì notte, ad esempio, è stato il frutto di un caso.
Tremonti e il Senatur stavano per andare a cena in un ristorante di Ciampino (nei pressi dell’aeroporto militare) e il programma è saltato per la telefonata imprevista del premier: «Se state insieme – ha sollecitato con un certo allarme – venite a mangiare da me».
Tant’è che il chiarimento a tu per tu tra il ministro dell’Economia e il capo lumbard è slittato a mercoledì sera nel ristorante del Senato.
«Capisco le tue ragioni – ha ammesso Bossi – so bene che cosa possano fare i mercati e che non ci sono i soldi. Soprattutto so bene che non si può prendere per il culo la gente. E non del la Lega abbiamo pagato più per le immagini in tv dei barconi in arrivo dall’Africa che non per la situazione economica».
«Berlusconi invece–si lamentava Tremonti – mi dice vai avanti tu che a me vien da ridere». Insomma il sentiero per il centrodestra e per il governo si conferma strettissimo.
Al di là del pressing di Palazzo Chigi, una riforma fiscale adesso resta comunque un’ipotesi da verificare.
Lo stesso Tremonti, che conta sul sostegno del presidente della Repubblica, ha fatto notare al premier che nel nostro bilancio, la componente strutturale è assolutamente preponderante. E quindi più difficile da incidere.
Non a caso al Tesoro stanno puntando i riflettori su quattro “tavoli di lavoro” che studiano come “estrarre” le risorse necessarie.
Ma di questi, sono duei settori “sensibili”.
Quell osulle “Agevolazioni fiscali”, presieduto da un uomo della Banca d’Italia come Vieri Ceriani e quello sullo “Stato sociale il fisco” guidato da Mauro Marè.
Dal primo si evince che il montante delle agevolazioni fiscali supera i 150 miliardi l’anno.
E alcuni studi fanno capire che basterebbe un risparmio del 10% per “conquistare” 15 miliardi di euro.
L’altro è ancora più interessante per l’Economia. Ma colpirebbe il sistema del “mondo assistenziale”.
Come spesso ripete il capo di Via XX Settembre «oggi rischiamo di dare poco a chi ha bisogno e un bell’assegno alle signore bionde che girano con il suv».
Una soluzione del genere implica comunque sacrifici pesanti.
La terza ipotesi riguarda lo “scambio” Irpef-Iva, ridurre le aliquote sulle persone aumentando l’imposta sui consumi.
«Lo scrivevo già nel ’91», ha ricordato Tremonti proprio nel colloquio con il premier di ieri.
Ma tutti gli studi devono essere in grado di reggere l’impatto di una crisi economica che potenzialmente potrebbe presto assumere connotati dirompenti.
A Via XX Settembre il “caso Grecia” è un fantasma che aleggia costantemente.
«La Grecia– dice da tempo il ministro– obbliga tutti al rigore».
E nonostante l’angoscia che sta stringendo d’assedio Palazzo Grazioli, Tremonti ripete ossessivamente a tutti la stessa regola di comportamento: «Vedere cammello, dare soldi». Abbassare il debito, tagliare le tasse.
Tito Claudio
(da “La Repubblica“)
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