I LEGHISTI SI SPUTTANANO CON DOSSIER TRA DI LORO: LA STORIA DEL CAPOGRUPPO IN REGIONE CON UN PASSATO DI AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI
E’ QUANTO EMERGE DALL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI BRESCIA DOPO L’ESPOSTO DI DUE GIORNALISTI: AL CENTRO DELLA VICENDA L’ASSESSORE REGIONALE LOMBARDA DELLA LEGA MONICA RIZZI… TRA LE VITTIME DEI SUOI DOSSIER CI SAREBBE ANCHE IL SUO CAPOGRUPPO STEFANO GALLI, “AFFIDATO” ANNI PRIMA AI SERVIZI SOCIALI PER UNA SERIE DI REATI CHE ADESSO VENGONO USATI PER UN REGOLAMENTO DI CONTI INTERNO
C’è anche Stefano Galli, capogruppo del Carroccio al Consiglio regionale della Lombardia, tra i dossierati della Lega Nord.
La vicenda è quella della guerra sotterranea interna al partito di Umberto Bossi. Una storia brutta e scivolosa portata alla luce dagli esposti di due giornalisti, Leonardo Piccini e Marco Marsili, che hanno denunciato alla Procura di Brescia di essere stati vittime di una illegittima raccolta di informazioni: c’è una piccola macchina del fango verde Padania — giurano i due — che è stata messa in moto per regolare conti interni al Carroccio.
Per mettere in difficoltà non solo loro, ma anche (anzi, soprattutto) alcuni esponenti leghisti sgraditi a un gruppo di potere interno, pronto a utilizzare anche metodi illegali per fermare le carriere degli avversari.
Questo almeno è ciò che raccontano i due giornalisti, che hanno indicato anche i presunti manovratori della macchinetta del fango padano: l’assessore regionale lombarda Monica Rizzi e la sua maga, la medium Adriana Sossi, titolare dell’agenzia investigativa Cagliostro.
Braccio operativo: un sottufficiale della Guardia di finanza in forza al Comando provinciale di Brescia, il maresciallo Francesco Cerniglia.
Accuse pesanti. Tutte da dimostrare. I due dicono la verità o stanno calunniando persone innocenti?
L’unica cosa certa, per ora, è che il procuratore aggiunto della Procura di Brescia, Fabio Salamone, ha aperto un’inchiesta “contro ignoti”.
Sono stati interrogati i due giornalisti che hanno presentato gli esposti e alcuni dei presunti dossierati.
Ma ora emerge che tra questi (benchè non ancora interrogato) ci sarebbe anche Stefano Galli.
Ai danni del capogruppo leghista lombardo sarebbe stata estratta dalle banche dati del ministero dell’Interno la scheda con la sua storia giudiziaria.
Tra il 2005 e il 2007 è stato affidato in prova ai servizi sociali, come misura alternativa al carcere.
Galli fu denunciato per vilipendio della bandiera, perchè nel 1997, durante un comizio, disse: “Io il Tricolore l’ho appeso nel cesso e da quel momento non ho più avuto problemi di stitichezza”.
Ma gli insulti all’italianità sono reati d’opinione e per di più considerati titoli d’onore dentro la Lega.
Più duro digerire ciò che la fedina penale racconta sui primi passi del giovane Galli.
Nel 1984 si prese una condanna a 3 anni e 8 mesi per un pestaggio con sparatoria avvenuto in Valtellina. Lesioni personali, articolo 582 del codice penale.
Più tardi, entrato nella Lega, fu denunciato da una compagna di partito alla quale avrebbe dato un ceffone durante una discussione politica.
Seguirono condanne e, in alternativa al carcere, un primo affidamento in prova ai servizi sociali, nel 1986.
Storie vecchie. Riportate alla luce dai misteriosi manovratori della macchina del fango padana. Perchè?
Per escludere Galli dalle decisioni sui manager sanitari lombardi, ipotizzano i due giornalisti.
Tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 si consuma, infatti, l’ultima lottizzazione delle poltrone di Asl e ospedali, con la Lega in corsa per riempire molte caselle. Tagliato fuori Galli, è Monica Rizzi a trattare con il presidente Roberto Formigoni nomi, cariche e sedi.
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