I PRINCIPALI FUNZIONARI DELL’AMMINISTRAZIONE DELLA CASA BIANCA SONO STATI COLTI DI SORPRESA DALL’ANNUNCIO DEL CESSATE IL FUOCO TRA ISRAELE E IRAN: IL PRESIDENTE QUALCHE ORA PRIMA AVEVA AUSPICATO UN CAMBIO DI REGIME IN IRAN E MINACCIATO NUOVI BOMBARDAMENTI
PER ARRIVARE ALLA TREGUA È STATO DETERMINANTE IL RUOLO DELL’EMIRO DEL QATAR, AL THANI, CHE SI È PROPOSTO COME MEDIATORE E HA CONVINTO LA REPUBBLICA ISLAMICA. NON È CHIARO QUALI CONDIZIONI ABBIA ACCETTATO L’IRAN. FORSE NESSUNA
L’annuncio di Donald Trump di un cessate il fuoco tra Israele e Iran, che ha colto di sorpresa persino qualcuno fra i principali funzionari della sua Amministrazione, è arrivato dopo colloqui del presidente americano con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e con funzionari iraniani, con il contributo del Qatar come mediatore.
Lo scrive il New York Times, che cita un funzionario della Casa Bianca coperto da anonimato secondo il quale c’è stato un ruolo dell’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani.
Stando alla fonte, ad aiutare Trump nel pressing per una tregua
sono intervenuti il vice presidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e l’inviato del tycoon, Steve Witkoff.
I tre hanno lavorato tramite canali “diretti e indiretti” per ‘arrivare’ agli iraniani, ha riferito la fonte, secondo la quale gli israeliani hanno accettato il cessate il fuoco a patto che si fermino gli attacchi iraniani e i raid Usa contro tre siti del controverso programma nucleare della Repubblica Islamica hanno creato le condizioni per parlare di una tregua. Ma la fonte non ha chiarito quali condizioni avrebbe accettato l’Iran.
Missili e diplomazia si sono intrecciati sulle stesse traiettorie ieri sera trasformando una rappresaglia nell’occasione per tentare di fermare la guerra scatenata da Israele contro l’Iran, prima che rischi di trascinare tutto il Medio Oriente in un conflitto senza confini.
I contorni della trattativa che ha portato all’annuncio statunitense di una tregua sono ancora confusi, ma un ruolo chiave lo ha avuto il Qatar: proprio il Paese preso di mira ieri dopo il tramonto da una raffica di missili dei pasdaran, lanciati contro la base americana di Al Udeid che si trova nel deserto a pochi chilometri dalla capitale.
Una ritorsione simbolica, perché le squadriglie Usa hanno abbandonato l’aeroporto qatarino alcuni giorni fa
E oltretutto comunicata in anticipo alle autorità di Doha, che hanno potuto allertare le loro batterie contraeree di Patriot e quelle americane in modo da intercettare tutti i 14 incursori: non ci sono stati danni alle persone o alle cose.
Le immagini dei missili hanno però permesso alla propaganda di Teheran uno show di forza, a cui è seguita la dichiarazione “Non ci sottometteranno” della Guida suprema Ali Khamenei e poco dopo il proclama dei Guardiani della Rivoluzione: “Le aggressioni alla nostra sovranità non resteranno impunite”.
L’intensificarsi dei contatti tra Teheran e Doha a cavallo
dell’attacco hanno dato modo al premier e ministro degli Esteri qatarino Mohammed bin Al Thani di sfruttare le antiche relazioni con gli ayatollah e trasmettere un loro messaggio alla Casa Bianca: la Repubblica islamica considerava chiusa la partita e non avrebbe ordinato altre ritorsioni.
Donald Trump ha colto la palla al balzo, confermando che pure gli Usa non avrebbero condotto altre operazioni offensive. E ha rilanciato mettendo sul tavolo la disponibilità a una tregua nei combattimenti per riaprire negoziati sul programma nucleare, casus belli della guerra scatenata da Israele dodici giorni fa.
Contemporaneamente il presidente americano si è rivolto a Netanyahu illustrandogli il nuovo scenario: “Voglio un deal e non voglio altra guerra”, gli avrebbe detto secondo l’agenzia Axios. Poco dopo la mezzanotte italiana, una volta ottenuta dai qatarini l’adesione degli ayatollah, Trump ha annunciato il cessate il fuoco e lo ha presentato come concordato con Israele: “Secondo me si tratta di un giorno meraviglioso per il mondo, sono convinto che la tregua durerà per sempre”.
Il problema è che l’annuncio della Casa Bianca è arrivato mentre i caccia israeliani stavano pesantemente bombardando il centro di Teheran. E poco dopo c’è stato un raid nella città irachena di al-Taji, a nord di Baghdad
Sono le ultime raffiche prima dell’inizio della tregua fissato, secondo alcune fonti, per l’ora dell’alba in Iran? Oppure il governo Netanyahu vuole continuare negli attacchi? Dopo l’intervento statunitense per bersagliare i laboratori nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan, è difficile che possa opporsi alla linea di Trump: senza le superbombe Mop sganciate dagli americani, l’impianto chiave per l’arricchimento dell’uranio costruito sotto una montagna di roccia non sarebbe mai stato colpito.
E la Casa Bianca è convinta che “Il Martello di Mezzanotte” abbia inflitto danni gravissimi ai piani degli ayatollah per
arrivare all’atomica.
Israele, dal suo canto, sa di non potere proseguire a lungo nei raid, per il logoramento subito dagli aerei impegnati ogni giorno in voli di tremila chilometri.
Ma le scelte di Netanyahu sono imprevedibili, tenendo fede al dettato di Moshe Dayan: “Israele deve combattere come un cane pazzo”.
Dopo lo shock per i massacri jihadisti del 7 ottobre 2023, ha sempre agito secondo logiche di aggressione, assalendo gli avversari senza curarsi degli alleati: nella visione del premier si tratta di attacchi preventivi, che oltre all’offensiva che ha raso al suolo Gaza, hanno portato gli israeliani a combattere in Libano, Siria, Yemen e Iran. Tutti fronti aperti, dove non si prospettano soluzioni diplomatiche.
(da la Repubblica)
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