IL CANDIDATO GIRA CON I BOSS, MA IL PD PUNISCE CHI LO DICE
“VIETATO CRITICARE IL CANDIDATO”: E’ QUESTA L’ULTIMA SENTENZA DEI PROBIVIRI DEL PD…. CHISSA’ COME MAI TUTTO IL MONDO E’ PAESE
La Commissione di garanzia che giudicherà Filippo Penati si è riunita l’ultima volta nell’aprile del 2010.
Giuseppe Lumia e altri tre parlamentari avevano criticato il collega Vladimiro Crisafulli, coinvolto in inchieste di mafia. Risultato, una censura per essere “venuti meno alla lealtà di partito
Il prossimo 5 settembre la Commissione di garanzia del Partito Democratico presieduta da Luigi Berlinguer si riunirà per valutare il da farsi sul caso che coinvolge l’ex capo della segreteria politica di Bersani, Filippo Penati, ed il suo vice Giordano Vimercati, indagati nell’inchiesta della Procura di Monza su un giro di tangenti per la riqualificazione dell’area ex Falck di Sesto San Giovanni.
La commissione era stata interpellata l’ultima volta ad aprile dell’anno scorso, come ricorda Maria Teresa Meli sulle pagine del Corriere della Sera, a proposito di quattro parlamentari del Pd: i senatori Roberto Della Seta, Francesco Ferrante e Giuseppe Lumia, e il deputato Ermete Realacci.
L’accusa? Aver firmato una lettera indirizzata a Pier Luigi Bersani in cui criticavano la scelta del partito di candidare a sindaco del comune di Enna il senatore democratico Vladimiro Crisafulli, visto e filmato mentre parlava di appalti con un boss del posto già condannato per mafia.
Crisafulli alla fine non si candidò, ma gridò al complotto contro di lui da parte dei suoi stessi colleghi di partito, parlando ai microfoni di Radio Radicale di “aggressione mediatica e strumentale” e accusandoli anche di “non conoscere nulla della vita della città ”.
Nella stessa intervista il senatore Pd precisò anche di essere già stato indagato per quei fatti nel 2003, con un’inchiesta “aperta e chiusa nel giro di sei mesi”.
Mentre Crisafulli imputava la guerra di Lumia e compagni nei suoi confronti a una mera lotta tra “fronde interne”, i suoi quattro accusatori furono convocati dal collegio presieduto da Berlinguer e ammoniti perchè “erano venuti meno alla lealtà del partito”.
La Commissione aggiunse anche che se avessero continuato a sollevare problemi di quel tipo sarebbero stati espulsi.
Dopo di che, come racconta ancora il Corriere, “non ci furono più insulti, nè allusioni, nè parole: silenzio, onde evitare l’espulsione dal partito”.
E questa volta, con Bersani, Violante e altri grossi nomi che invocano trasparenza e difesa del “buon nome”, come andrà a finire?
Un atteggiamento che ci ricorda certe prese di posizione di Fli nazionale sul caso ligure: chi denuncia cattive frequentazioni di dirigenti viene costretto ad andarsene, chi le ha rimane al suo posto.
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