IL CASO AUSTRIA RIAPRE IL DIBATTITO SULL’OBBLIGO VACCINALE, QUELLO CHE AVREMMO DOVUTO DECIDERE MESI FA
CRESCE IL FRONTE TRASVERSALE DEL SI’, PER IL NO I SOLITI SOVRANISTI CHE PREFERISCONO CHE IL COVID SI DIFFONDA
L’Austria, prima in Europa, impone l’obbligo vaccinale e il dibattito si alimenta anche in Italia. Il pressing – dalle imprese a parte della politica – cresce, ma il governo per ora non cambia strada. L’orientamento è di limitare l’imposizione solo ai sanitari, come era già accaduto per la prima e la seconda dose del farmaco anti Covid. Per gli altri, al momento l’ipotesi non è sul tavolo.
Nessuna sterzata all’orizzonte, dunque, anche se le voci in favore della vaccinazione obbligatoria arrivano da più parti.
Per il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, l’obbligo è “l’unica cosa che ci può mettere al sicuro”. Gli appelli a seguire questo percorso arrivano anche da Forza Italia, attraverso le parole di Licia Ronzulli, da Italia Viva, la cui senatrice Annamaria Parente dice: “Dobbiamo fare qualcosa in più”.
Si spendono in favore dell’obbligo anche Dario Nardella, il sindaco di Firenze e il deputato dem Francesco Boccia che dice di non vedere “altra strada”. Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ipotizza di rendere obbligatoria l’immunizzazione per le categorie che lavorano a contatto con il pubblico: “Noi siamo stati i primi a introdurre l’obbligo vaccinale per i sanitari. Bisogna riflettere se farlo con altre categorie, quelle che sono a contatto con il pubblico, tipo le forze dell’ordine o chi lavora nella grande distribuzione Saranno valutazioni che dovremmo fare attenzionando i dati, ma dobbiamo guardare al futuro con fiducia e dobbiamo continuare a rispettare le regole”.
Il governo, però, segue un’altra linea. L’Italia, è il ragionamento che fanno a Palazzo Chigi, ha una percentuale di immunizzati maggiore rispetto a quella di altri Paesi, soprattutto nelle fasce più a rischio. Questo elemento, insieme alla terza somministrazione della terza dose, dovrebbe tenere le terapie intensive lontane dalla soglia allerta. Soglia che, invece, in Paesi con meno vaccinati – come la Germania – è stata superata.
Sull’obbligo, per ora, tutto resta com’era. Ma si fa sempre più concreta l’ipotesi di ridurre la durata del green pass, da 12 a 9 mesi. Così da incentivare le terze dosi, anche alla luce del fatto che è ormai chiaro che dopo i primi sei mesi la protezione inizia a scendere.
L’introduzione dell’obbligo vaccinale, del resto, non sarebbe impossibile, lo stesso premier Draghi, durante una conferenza stampa ai principi di settembre, aveva risposto con un secco “sì” a chi gli chiedeva se fosse favorevole all’introduzione dell’obbligo vaccinale, ma sarebbe politicamente complicato.
La Lega, a differenza di Forza Italia, del Pd e di Italia Viva, non ha mai visto di buon occhio l’imposizione e difficilmente si farebbe andare giù la misura senza protestare.
Non che non ci sia attenzione alla curva che sale, alle regioni sull’orlo della zona gialla. “Solo un irresponsabile non è preoccupato in una situazione del genere”, sostiene il ministro della Salute, Roberto Speranza. Ma rispetto all’obbligo resta grande cautela. Anche perché, non solo l’imposizione di per sé incontrerebbe qualche resistenza tra le fila della maggioranza, ma si porrebbe un tema ulteriore.
Fatto l’obbligo, qual è la sanzione? Il trattamento sanitario obbligatorio in linea teorica sarebbe anche possibile ma è una misura, oltre che molto dura e quindi poco usata, impraticabile su larga scala. Anche se in Italia la percentuale di vaccinati si attesta intorno all′87% degli over 12, lo “zoccolo duro” che non si lascia convincere ammonta comunque a qualche milione.
La seconda strada sarebbero le multe – come quelle previste, in questo caso per i genitori, dal decreto Lorenzin – o delle limitazioni per chi non si vaccina. Per i sanitari è stata questa l’opzione scelta: nessun tso, ma si impedisce loro di lavorare.
L’Italia, per ora, dunque non segue l’Austria e punta sulle terze dosi. Ma gli occhi restano puntanti su quello che accade Oltralpe: “Siamo dentro una quarta ondata significativa e l’Italia non può pensarsi fuori da questa sfida e da questa dimensione”, ha continuato Speranza. Che poi ha ammesso: “Noi stiamo un po’ meglio”.
(da agenzie)
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