IL GIAPPONE OBBLIGATO ALLE OLIMPIADI
A UN MESE DAI GIOCHI RESTA FORTE IL PRESSING SUL RINVIO… CITTADINI, SCIENZIATI E SPONSOR PREOCCUPATI
A volere davvero le Olimpiadi di Tokyo sembrerebbe esser rimasto il solo primo ministro Yoshihide Suga.
D’altronde, era stata la sua prima promessa davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite, a settembre scorso, appena subentrato al dimissionario Shinzō Abe. Quella dei Giochi Olimpici altro non sarà che la prova di come “l’umanità ha sconfitto la pandemia”, una manifestazione “sicura e protetta”, aveva rassicurato allora Suga.
Resta però fortissimo, a circa un mese dalla cerimonia di inaugurazione, il pressing per un rinvio della manifestazione: la preoccupazione coinvolge cittadini, scienziati, atleti e perfino sponsor. Ma il Giappone non può permettersi economicamente di annullare la manifestazione, già rinviata lo scorso anno.
L’obiettivo principale di questi mesi per il primo ministro Suga è stato quello di arrivare pronti al 23 luglio, giorno di apertura dei Giochi, in un clima di normalità o quasi.
A partire da oggi, in Giappone, non a caso, l’allerta massima verrà revocata in nove prefetture mentre per le altre avverrà in maniera graduale nelle prossime settimane. C’è da dire che probabilmente le Olimpiadi si sarebbero svolte a prescindere, anche con la proroga dello stato di emergenza, stando a sentire il vicepresidente del Comitato Olimpico Internazionale John Coates, durante i suoi giorni di reclusione forzata per via della quarantena.
A Tokyo, città organizzatrice, le misure anti Covid rimarranno per ulteriori venti giorni e così anche per altre aree urbane. In particolare, le limitazioni rimarranno per bar e ristoranti che potranno vendere alcolici fino alle 19 e chiudere al massimo un’ora dopo. Al di là della normale conferma arrivata dal governo riguardo la presa di immediate “misure più forti” nel caso in cui fosse rilevata una ripresa della circolazione virale, la decisione lascia intendere come l’isola stia uscendo dalla morsa del Covid-19, tornato a valanga nell’ultimo periodo.
Rispetto a quindici giorni fa, i casi sono scesi del 48% con una media giornaliera di poco superiore alle 1.600 unità. La campagna vaccinale, poi, sembrerebbe aver finalmente ingranato la giusta marcia dopo le critiche iniziali che erano state rivolte al governo, specie quando è stato annunciato l’invio di 1,24 milioni di dosi alla vicina Taiwan: era inizio giugno e degli oltre 126 milioni di giapponesi, di cui quasi un terzo over65, solo il 3% aveva concluso il ciclo di vaccinazione. Ora molto è cambiato eppure Suga si trova di fronte a una situazione tutt’altro che facile da gestire.
La paura di poter ripiombare nell’incubo emergenziale è talmente forte che l’ostacolo maggiore arriva non solo dall’opposizione politica – con il leader della coalizione di minoranza Yukio Edano convinto che l’evento possa causare un nuovo picco nei contagi – ma anche dalla popolazione stessa. A spaventare sono per lo più le circa 100mila persone, tra atleti e addetti, che prenderanno parte alle Olimpiadi – sembrerebbe che i volontari che hanno preferito rinunciare ammontino a circa 10mila. Per questo, è stata recapitata agli organizzatori una petizione online con annesse 350mila firme con cui si è provato a chiedere l’annullamento dell’evento, mentre circa cento manifestanti hanno espresso il loro malcontento di fronte allo stadio di Tokyo, dove era in corso un evento di prova.
Dimostrazioni che appaiono figlie di una preoccupazione generale, confermata dalle prese di posizione di moltissimi scienziati, dal sondaggio in base al quale per il 43% della popolazione la manifestazione sportiva andrebbe del tutto cancellata mentre per il 40% posticipata nuovamente, e da un editoriale di Asahi Shimbun in cui il quotidiano si è schierato esplicitamente contro lo svolgimento dei Giochi chiedendo al Governo di rinviarli.
Le Olimpiadi si faranno e apre oggi il villaggio olimpico ai media. Gli organizzatori mostrano la “clinica per la febbre” e il kit antivirus, alcune delle soluzioni pensate per contrastare la minaccia del Covid. In tutta l’area, che può ospitare 18mila atleti e persone dello staff, sono stati collocati cartelli con avvertenze.
La “clinica della febbre”, separata dalla struttura medica principale, servirà per i test e per l’isolamento delle persone sospettate di positività. “Se c’è il sospetto di infezione dovremo essere in grado di isolare adeguatamente questa persona”, ha affermato Takashi Kitajima, direttore generale del Villaggio Olimpico. “Questo è solo un altro esempio di come affrontiamo rigorosamente le questioni relative a possibili infezioni da Covid”, ha affermato, soffermandosi sul rigore dei controlli proprio per rassicurare tutti. Tra le altre misure annunciate, la riduzione del numero dei posti a sedere per i pasti, l’installazione di plexiglass tra gli attrezzi della palestra, la distribuzione di un kit anti-Covid per igienizzare.
Agli atleti sarà vietato andare in qualsiasi luogo diverso da questo sito e dai luoghi di allenamento e competizione. Gli atleti saranno sottoposti a test giornalieri e dovranno indossare le mascherine, tranne durante le gare, i pasti e il sonno. Possono entrare nel Villaggio Olimpico solo poco prima dei loro eventi e devono lasciarlo entro 48 ore dalla loro eliminazione o dalla fine della loro competizione.
E le condizioni non saranno lussuose, con stanze singole di 9 metri quadri e doppie di 12 metri quadri. Secondo i funzionari olimpici, la maggior parte delle persone che soggiornano nel villaggio sarà vaccinata, il che dovrebbe ridurre i rischi, ma i partecipanti saranno avvertiti di una possibile esclusione se infrangono le regole. Come segno delle sfide future, un membro della delegazione olimpica ugandese, arrivato sabato in Giappone, è risultato positivo e subito isolato, nonostante fosse stato vaccinato e risultato negativo prima del viaggio.
Senza precedenti nella storia olimpica, gli spettatori stranieri sono stati banditi dai Giochi e lunedì è attesa una decisione sugli spettatori locali. Si dovrebbe optare per una capienza massima del 50% delle strutture o, più probabile, di 10 mila spettatori tutti esclusivamente locali. Fosse per Shigeru Omi, infettivologo e consulente di riferimento del Governo per la pandemia, “sarebbe preferibile” disputare le gare direttamente a porte chiuse, portando così quasi a zero il rischio di contagio. Ma qui sorge il secondo, enorme, ostacolo davanti al primo ministro Suga.
Stadi vuoti significherebbe subire un danno di immagine ed economico molto elevato, tanto che alcuni dei 47 sponsor delle Olimpiadi sarebbero più felici se i Giochi non si svolgessero proprio.
Come racconta il Financial Times, forse per la prima volta nella storia della competizione le aziende partner hanno chiesto ai loro esperti di valutare l’impatto (negativo) che questa potrebbe avere.
C’è chi studia addirittura due piani, uno principale e uno di rimedio, basati sulle considerazioni degli spettatori, se positive o meno riguardo la buona riuscita dell’evento. Un esempio in questo senso viene proprio da un’azienda sportiva giapponese presente in tutto il mondo come la Asics, che nei suoi spot tende a mostrare i cinque cerchi olimpici con molta cautela. Per il 64% delle 9.163 aziende interrogate dalla Tokyo Shoko Research sulla questione sarebbe auspicabile un rinvio o perfino una cancellazione dei Giochi.
A febbraio erano poco più di una su due (56%), quando a sostenere la messa in scena era il 43,8% contro il 35,9% attuale. Insomma, i tempi in cui “tutte le aziende appoggiano la candidatura di Tokyo”, come aveva dichiarato qualche anno fa il presidente della Toyota, Fujio Cho, sembrano essere lontani.
Nel mezzo c’è stato un evento eccezionale e adesso il timore principale che scoraggia le imprese, neanche a dirlo, è l’Olimpiade del Covid. Un eventuale annullamento dei Giochi, oltre a sentenziare l’impossibilità per Tokyo di poterli ospitare nuovamente e l’improbabile (ma neanche esclusa) citazione in giudizio da parte del Cio, avrebbe delle inevitabili ripercussioni economiche.
Per prepararsi all’evento, il Giappone ha speso una cifra come 17 miliardi di dollari che, secondo alcune fonti, rappresenterebbero solamente la metà di quelli effettivamente tirati fuori. E il danno economico non sarebbe niente se paragonato a un nuovo stato di emergenza causato da una crescita dei casi, ha avvertito il Nomura Research Institute, stimando la perdita tra i 16 e i 27 miliardi di dollari. In un anno in cui il PIL giapponese ha ricominciato faticosamente a salire, gli sforzi verrebbero vanificati di fronte a una decisione di annullare le Olimpiadi all’ultimo momento. Tradotto in numeri: se la crescita del Pil stimata da Bloomberg per il 2021 è dell’1,7%, senza i Giochi olimpici si attesterebbe allo 0,6%. Non sorriderebbe di certo neanche il colosso di marketing Dentsu che, dopo essersi accaparrato l’esclusiva delle Olimpiadi e su cui sono stati sollevati dubbi in merito alla trasparenza dell’operazione, vedrebbe sfumare gli oltre 3 miliardi dollari raccolti dagli sponsor.
La stessa cifra, forse anche qualcosa in più, la perderebbe il Cio. Insomma, della grande festa organizzata rimarrebbero solamente i soldi, tanti, spesi.
Oltre a un generale senso di colpa. La Tokyo Medical Practitioner’s Association con una lettera si è espressa duramente, dicendo che il Giappone, e quindi il Governo che lo rappresenta, “avrà la massima responsabilità” se un aumento dei casi sarà direttamente collegato alle Olimpiadi.
Neanche la scienza quindi si schiera dalla parte di Suga che ad aprile è stato esortato dal suo consigliere per l’emergenza sanitaria, professore dell’Università di Kyoto Hiroshi Nishiura, a rinviare di altri dodici mesi il massimo evento sportivo. Un appello simile gli è stato rivolto anche da seimila medici di base.
Perfino gli atleti, che si preparano da cinque anni al più grande evento della loro carriera e che vivranno la competizione in una bolla, essendo la stragrande maggioranza di loro vaccinati e impossibilitati ad avere contatti con l’esterno, sono pronti a compiere un passo indietro se la situazione lo richiedesse. La tennista numero due al mondo, nonché atleta di casa, Naomi Ōsaka, pur avendo aspettato una carriera intera per disputare le Olimpiadi di fronte al suo pubblico, ha chiesto che la decisione venga presa dopo un’attenta discussione.
Quel confronto c’è stato a maggio, in un periodo di grande tensione per il crescere dei contagi, quando di fronte alla commissione parlamentare il primo ministro ha affermato di non aver “mai messo le Olimpiadi al primo posto” e che, quindi, non avrebbe dato il suo assenso in caso di un continuo dilagare della pandemia.
“La mia priorità”, aveva sottolineato un mese e mezzo fa, “è stata quella di proteggere la vita e la salute della popolazione giapponese. Dobbiamo prima prevenire la diffusione del virus”. E in parte così è stato, tanto che dopo esser usciti dalla quarta ondata il via libera all’inizio dei Giochi per Suga può essere dato. Perché quella delle Olimpiadi rappresenta una sfida politica non di poco conto per lui, un vero e proprio appello da non saltare per la stabilità del suo governo
Dal successo dei Giochi – di cui si è parlato anche al G7, con il presidente Joe Biden che ha rincuorato il primo ministro giapponese concedendo il suo endorsement a patto che vengano prese tutte le misure precauzionali necessarie – passa la sua conferma alla guida del Partito liberaldemocratico, atteso entro ottobre dalle prossime elezioni in cui Suga parte non certo con il vento a favore.
A inizio anno, la popolarità del primo ministro era passata dal 64% di settembre al 35%, con un grado di disapprovazione nei suoi confronti vicino al 50%. Un sentimento ostile che è continuato a insidiarsi all’interno dell’elettorato nel corso dei mesi, fino al minimo storico registrato nell’ultimo periodo, e che non gli permette di poter sciogliere il Parlamento e andare ai seggi con la forza necessaria. La buona riuscita di Tokyo 2020, seppur con (almeno) un anno di ritardo, rappresenta sì il banco di prova per dimostrare che “l’umanità ha sconfitto la pandemia”, ma anche che il primo ministro Yoshihide Suga ha vinto la sua sfida interna al Giappone. E, al momento, sembrerebbe l’unico a crederci
(da Huffingotinpost)
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