IL GOVERNO DEI CONDONI: ECCO TUTTI I REGALI A EVASORI E FURBETTI
SANATORIE, REGALIE PER CHI NON HA PAGATO LE TASSE, CONFLITTI DI INTERESSI: E DOVEVA ESSERE IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO
La madre dei condoni è sempre incinta.
Lega e Cinquestelle avevano promesso ai cittadini di varare il governo del cambiamento. Ma su un tema fondamentale per i conti pubblici italiani come la lotta all’evasione, la politica gialloverde consacra nei fatti un grande ritorno al passato.
Con una pioggia di sanatorie, tagli, sconti e agevolazioni di ogni tipo. Che ipotecano anche le entrate future. In una clima di condono generale. Che oggi si chiama pace fiscale.
La novità politica è che il condono si fa, ma non si dice.
Il decretone fiscale varato d’urgenza dal governo Conte il 23 ottobre non usa quella parola imbarazzante. Ma contiene una serie di norme che hanno gli stessi effetti delle più contestate sanatorie fiscali e previdenziali della prima e seconda repubblica. In tutta la prima parte del decreto, ogni articolo è un condono.
Chi non ha pagato tasse e contributi può mettersi in regola senza nessun aggravio di spesa. Niente sanzioni, zero interessi.
L’evasore può sanare ogni addebito anche se è già stato scoperto, limitandosi a versare le stesse imposte che erano dovute in partenza, quelle che i cittadini onesti hanno già pagato. Le nuove norme prevedono anche forti sconti dei debiti fiscali, con casi di totale azzeramento, e tempi più lunghi di riscossione.
Mentre i contribuenti onesti continuano a dover saldare tutto ad ogni scadenza stabilita, i furbi vengono autorizzati a pagare meno e in ritardo.
Giuristi ed economisti che studiano il sistema fiscale sottolineano un’anomalia assoluta dei nuovi condoni. «Ogni provvedimento di sanatoria, storicamente, ha benefici di breve termine per la casse dello Stato e costi elevati nel medio e lungo periodo. Il paradosso dei nuovi condoni è che, stando ai numeri del governo, sono molto limitati anche i benefici immediati», osserva Alessandro Santoro, professore di scienza delle finanze all’università di Milano Bicocca, che è componente tecnico di alcune commissioni ministeriali e fa parte del comitato di gestione dell’Agenzia delle entrate.
«In ogni condono è intrinseco un messaggio di lassismo fiscale, che riduce il gettito negli anni a venire, per l’aspettativa di altre sanatorie future. Mentre nel breve periodo c’è un aumento delle entrate: chi aderisce al condono versa imposte che altrimenti non avrebbe pagato. In base alla relazione tecnica del nuovo decreto, invece, gli incassi previsti sono molto modesti e, quando sono rilevanti, si verificano non prima del 2020».
«Nello specifico», argomenta il professore, «la definizione agevolata dei verbali dovrebbe incrementare il gettito fiscale di 51 milioni nel 2019 e di 68 milioni a partire dal 2020, mentre con la definizione delle liti pendenti è previsto un aumento di 75 milioni nel 2019 e di 100 milioni dal 2020.
La rottamazione-ter potrebbe avere addirittura un effetto negativo sulle entrate del 2018, quantificato nella relazione tecnica in 414 milioni, dovuto alla possibilità di rinviare i versamenti già previsti dalla rottamazione-bis del 2017.
La stessa misura non prevede alcun effetto netto per il 2019 e dovrebbe iniziare a generare gettito solo nel 2020, per un valore stimato di circa 1,2 miliardi. Siamo quindi di fronte all’assurdo di una serie di condoni che, oltre a minare la certezza della pena e aumentare l’iniquità del sistema, generano maggiori entrate di importo trascurabile».
L’Italia si riconferma così una nazione fondata sui condoni. Dal lontano 1900 fino ad oggi, si contano almeno 67 provvedimenti generali di perdono pubblico dell’evasione fiscale e del lavoro nero. In media, uno ogni due anni. Con effetti aggravati dalla durata.
Ogni sanatoria infatti non riguarda solo il momento in cui viene approvata, ma si estende anche agli anni precedenti. E in qualche caso vale pure per il futuro.
Tra i nuovi condoni gialloverdi, il più vistoso è proprio la definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (pvc): l’atto d’accusa iniziale, firmato dalla Guardia di Finanza dopo mesi o anni di verifiche e indagini.
Il decreto prevede lo sgravio totale, cioè l’azzeramento di sanzioni e interessi, per tutti i verbali notificati fino al 24 ottobre 2018.
L’evasore già pescato dalle Fiamme gialle, dunque, può tornare immacolato pagando solo le tasse che avrebbe dovuto versare dall’inizio.
La definizione agevolata consente di annientare anche i successivi avvisi di accertamento: l’accusa definitiva, formalizzata dall’Agenzia delle entrate. Il nuovo tipo di condono, insomma, ha effetti immediati, anzi anticipati: fa morire sul nascere l’accusa stessa di evasione. E permette ai furbi di pagare a rate, nell’arco di cinque anni.
Questa misura riguarda tutte le tasse più importanti, come Irpef, Iva e Irap, ma soccorre anche i soggetti, di solito ricchi, che hanno dimenticato di pagare le imposte sul valore dei beni detenuti all’estero (Ivie e Ivafe).
Restano escluse solo le tasse europee, altrimenti l’Italia avrebbe rischiato condanne internazionali. Oltre alle tasse, la sanatoria vale per i contributi, quindi anche per i casi di lavoro nero.
Le associazioni dei commercialisti e dei consulenti del lavoro hanno pubblicato vari studi dove osservano che il doppio premio (zero sanzioni, zero interessi) si conquista con la prima rata: per chi non paga quelle successive, non sono previste multe o decadenze. I soggetti più scaltri possono quindi tentare il bis: gli evasori ormai scoperti potrebbero trasformarsi in furbetti delle rateazioni.
Il governo Conte ha giustificato tutte queste forme di pace fiscale con una nobile scelta politica: non perseguitare masse di cittadini impoveriti dalla crisi. Il problema è che tutti i condoni sopra descritti non hanno limiti di reddito o di patrimonio: si applicano anche nei casi di evasioni multimilionarie.
Lega e Cinquestelle hanno rilanciato e allargato anche la rottamazione varata dal governo Renzi, che provoca il solito colpo di spugna (zero sanzioni e interessi), spalmato questa volta su tutte le cartelle esattoriali notificate dal 2000 al 2017. A rimanere paralizzati sono gli atti esecutivi, con cui lo Stato reclama il saldo di tasse non contestabili.
Con la rottamazione, si paga solo il debito originario, più il compenso (aggio) per le società di riscossione.
Nella legge di bilancio è apparsa però la cosiddetta super-rottamazione, chiamata «saldo e stralcio», che taglia pure gran parte del debito a monte, fino a livelli tra il 16 e 35 per cento: è l’unica norma pensata per le famiglie più povere (con indicatore Isee fino a 20 mila euro).
Ma in un Paese con un’evasione gigantesca come l’Italia (130 miliardi all’anno), come osserva l’economista Carlo Cottarelli, c’è il rischio che la misura per gli indigenti diventi un regalone ai furbi arricchiti con i soldi in nero.
In aggiunta, il decreto azzera tutte le cartelle fino ai mille euro mandate in riscossione dal 2000 al 2010: qui nessuno paga più nulla. E questa amnistia fiscale vale per tutti, poveri e ricchi.
A completare il quadro della pace fiscale è la definizione agevolata dei processi tributari: anche i soggetti che hanno fatto causa al fisco possono cavarsela pagando solo una percentuale. La tariffa è del 90 per cento se si attende ancora la prima sentenza. La quota si abbassa di molto per i contribuenti che hanno vinto i vari gradi di giudizio: se manca solo l’ultimo verdetto della Cassazione, si paga il 5 per cento. Per gli esperti, sono le norme più sensate. I maxi-sconti infatti premiano i contribuenti che stanno vincendo i processi, dove lo Stato rischia di non incassare nulla.
Molto meno chiare sono le ragioni che hanno spinto il governo ad approvare condoni favolosi solo per alcune fortunate categorie di soggetti.
I produttori di sigarette elettroniche o altri dispositivi anti-tabacco, in particolare, hanno ottenuto una sanatoria eccezionale per le loro tasse di settore (chiamate imposte sui consumi): possono pagare solo il 5 per cento dell’evasione accertata.
Un ventesimo delle tasse che avrebbero dovuto già versare, in teoria, dal 2014 al 2018. Per ogni milione di debito fiscale, il governo si accontenta di 50 mila euro, pagabili in dieci anni, in 120 rate mensili.
Se poi non pagheranno nemmeno quelle, spiegano gli esperti, le imprese interessate perderanno solo il beneficio della rateazione, ma non il condono.
Questo favore fiscale è stato approvato con un emendamento della Lega.
Il quotidiano La Stampa ha rivelato che, prima del condono, il partito di Matteo Salvini aveva ricevuto una donazione di 75 mila euro dalla Vaporart, una delle prime aziende del settore.
La Lega ha dichiarato e fatto inserire nel contratto di governo il taglio delle tasse sulle sigarette elettroniche per il futuro: il condono per il passato è invece una sorpresa, che secondo la relazione tecnica dovrebbe costare alle casse statali circa 200 milioni di euro. L’Espresso ha scoperto che questo regalo politico è stato approvato in giorni drammatici per la Vaporart, che era finita al centro di una verifica della Guardia di Finanza, proprio per le imposte sui consumi non pagate: un’indagine che si è appena chiusa con una maxi-denuncia per evasione fiscale.
Un’altra sanatoria misteriosa premia i patron di associazioni sportive e società dilettantistiche iscritte al Coni: possono condonare tutto, versando solo metà delle tasse dovute e un ventesimo delle sanzioni, fino a un tetto di trentamila euro per ogni imposta.
In totale, nei codicilli delle nuove leggi, L’Espresso ha contato 17 forme di condono.
I Cinquestelle hanno bocciato le sanatorie-scandalo dei reati, che il partito di Salvini proponeva per le fatture false e per quelle forme di peculato (rimborsi-truffa) che vedono imputati plotoni di leghisti.
Nel decreto per Genova però è passata la riapertura delle pratiche dei vecchi condoni edilizi per Ischia e altre zone terremotate, da valutare, come ha denunciato Legambiente, in base alle norme del 1985, quando non esistevano vincoli.
Gli esperti temono che un boom dell’evasione possa derivare anche dalla famosa flat tax targata Lega: la tassa fissa del 15 per cento per tutte le partite Iva che nel 2018 hanno dichiarato meno di 65 mila euro.
L’economista Vieri Ceriani, che ha lavorato come tecnico alla Banca d’Italia e al ministero prima di diventare sottosegretario con il governo Monti, vede in quel limite «un muro che spingerà molte piccole imprese a crescere nel sommerso, cioè a non dichiarare i ricavi superiori ai 65 mila euro, e a non trasformarsi in società di capitali».
Ceriani evidenzia che la legge di bilancio ha abolito riforme fiscali già approvate come l’Ace e l’Iri, che dal 2019 avrebbe garantito alle piccole imprese la stessa tassazione al 24 per cento delle società di capitali, «eliminando un ostacolo alla crescita, che ora invece ritorna più forte».
Da notare anche l’assenza di tagli delle aliquote per i lavoratori dipendenti, che continueranno a versare le tasse più alte del mondo: nell’aziendina-tipo, a conti fatti, gli operai pagheranno il doppio dei padroni.
Un altro provvedimento che rischia di far esplodere i pagamenti in nero è la riforma del lavoro occasionale. Al posto dei voucher, ora c’è il libretto famiglia. Che permette di registrare badanti e domestici solo «al termine della prestazione lavorativa», come spiega il sito aggiornato dell’Inps, «non oltre il terzo giorno del mese successivo».
Con il governo del cambiamento, la lotta al lavoro nero diventa retroattiva: se arriva l’ispettore, basta dire che si è in attesa di regolarizzazione futura.
(da “L’Espresso”)
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