IL NODO DELL’IRRILEVANZA: ORA LA MINORANZA PD VUOLE SOSTITUIRSI A VERDINI
RENZI HA BISOGNO DEI VOTI DI VERDINI ANCHE SU FISCO E GIUSTIZIA… E BERSANI PENSA DI OFFRIRE A RENZI LA POSSIBILITA’ DI EVITARLO
A Palazzo Chigi un altro attacco così non se lo aspettavano. Ma non se ne sorprendono. Anzi, se lo spiegano benissimo.
Pierluigi Bersani torna ad attaccare l’appoggio di Denis Verdini al governo sulle riforme perchè, spiegano i più vicini al premier, la minoranza Dem comincia davvero a essere all’angolo, irrilevante in Parlamento e sulla scena politica, in nome dell’unità del Pd registrata finora nelle votazioni sul ddl Boschi.
Ma, se Verdini davvero offrirà a Matteo Renzi i voti dei suoi parlamentari sulla riforma del fisco e della giustizia, oltre che sulle riforme costituzionali, il premier li accetterà .
Che male c’è? Dicono i suoi, che considerano passeggere le minacce dei verdiniani di non votare le riforme per la sospensione di 5 giorni decisa nei confronti di Barani e D’Anna per i gesti sessisti di venerdì scorso in aula.
E infatti hanno ragione: stasera, in un voto segreto sull’articolo 6 del ddl Boschi, solo due verdiniani si dissociano, gli altri 11 votano col governo.
“Non mi preoccupo di Verdini e compagnia. Mi preoccupo del Pd e delle politiche di governo”, scrive Bersani con un post al vetriolo su Facebook.
“Sembra che valori, ideali e programmi di centrosinistra si sviliscano in trasformismi, giochi di potere e canzoncine. Sembra, e non da oggi, che ci sia una circolazione extracorporea rispetto al Pd e alla maggioranza di governo. Tanta nostra gente pensa che sia ora di rendere più chiaro dove si stia andando, senza cortine fumogene, giochi di parole e battute assolutorie. Anch’io la penso così”, conclude l’ex segretario del Pd.
Eppure le riforme costituzionali filano lisce al Senato.
Nel senso che l’accordo tra renziani e non renziani del Pd sull’elettività dei senatori regge: è stato approvato sabato con l’ok dell’aula all’articolo 2.
Dunque, perchè questa nuova polemica?
“Non credo sia utile che ogni settimana, anche da parte di Bersani, si costruisca una nuova polemica. Il rispetto per il Pd è anche non aprire ogni giorno un fronte interno e non alimentare tensioni che non servono a nessuno”, commenta il vicesegretario Dem Lorenzo Guerini. Il resto sembra una storia già scritta.
E’ la storia di un congresso perso e di un Pd che cambia a passo di carica con la nuova segreteria renziana forte negli appoggi parlamentari e nei centri di potere del Belpaese.
E’ anche la storia dell’irrilevanza dei Dem per come sono stati conosciuti finora: lo scontro interno non porta nulla alla minoranza che alla fine è costretta a prendersi ciò che concede la dirigenza, come è accaduto sul ddl Boschi e non solo.
E’ la storia di una metamorfosi in cui la parte nuova soppianta quella ‘vecchia’ senza che questa riesca a mantenere una visibilità pur ridotta.
Tutto questo oggi esplode ancora una volta: i non renziani non riconoscono casa se accanto ai simboli del Pd ci trovano i voti di Verdini. Perchè con i voti dell’ex forzista viene a mancare ogni terreno di contrattazione con il premier che a questo punto ha una maggioranza più larga. E non solo sulle riforme.
Da parte sua, Renzi sottolinea – come ha fatto ieri a ‘In mezz’ora’ – che Verdini ha votato le riforme già quando era in Forza Italia, quando c’era il Patto del Nazareno per cui tutto il partito di Berlusconi votava le riforme costituzionali.
Ma se in futuro il senatore ex berlusconiano deciderà di votare con la maggioranza anche su fisco e giustizia, il governo non potrà dire no.
Il programma di riduzione delle tasse annunciato dal premier in effetti piace molto a destra: è politica più affine a Berlusconi che alla storia del Pd per come è stato conosciuto finora.
Quanto alla giustizia, è Verdini a chiarire – ieri su Skytg24 – che “non toccherebbe i miei fatti visto che i miei processi si stanno già svolgendo e, peraltro li ho già subiti tutti mediaticamente, che è ancora peggio”.
Dunque, non c’è merce di scambio in ballo. Si vedrà . Per ora c’è che la politica di Renzi convince Verdini. Mentre Bersani e i suoi se la ingoiano in nome dell’unità del Pd.
Bersani ha sempre escluso la scissione da quella che considera ancora la sua ‘casa’ Pd. Oggi chiede al segretario di chiarire identità , valori, strategie del Partito Democratico, gli chiede dove voglia portarlo con Verdini a bordo.
Al Senato il senatore di minoranza Pd Vannino Chiti, in prima linea nella critica alle riforme costituzionali renziane, ci spiega che “se Verdini vuole votare le riforme bene, ma non si vada oltre”.
Cioè “non può entrare stabilmente in maggioranza”.
Su questo ci vorrebbe “un chiarimento” circa la natura del Pd. Per esempio, e qui Chiti torna su un vecchio cavallo di battaglia della attuale minoranza, “condivido le primarie per il candidato premier o per il sindaco ma non per il segretario.
Continuo a non capire perchè il segretario del partito debba essere scelto da chi passa per strada e non dagli iscritti. Il punto è che ora nel Pd si fa così perchè lo abbiamo voluto anche noi e qui faccio autocritica. Però ora bisogna parlarne con Renzi e capire se vuole cambiare o no…”.
Presumibilmente l’occasione per parlare sarà l’assemblea nazionale che il Pd convoca solitamente a fine anno (oltre che a giugno/luglio).
Per oggi, Bersani non arriva a chiedere cose specifiche, tipo la modifica delle regole sulle primarie. Indica semplicemente il suo nuovo cavallo di battaglia, da qui ai prossimi mesi. Esprime un grido d’allarme: quello di chi si addolora per una mutazione genetica del Pd che non lascia feriti (politici) sul campo.
Almeno nel Palazzo.
(da “Huffingtonpost”)
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