IL PIANO FALLITO DI MOSCA DI CORROMPERE I POLITICI UCRAINI DOPO L’INVASIONE
L’INCHIESTA DEL NEW YORK TIMES
Le autorità ucraine hanno individuato 38 casi di tradimento da parte di alcuni politici minori. Ma i tentativi di corruzione, anche dei più filorussi, non sarebbero andati a buon fine
Era passato appena un giorno dall’inizio della guerra quando Oleksandr Vilkul, capo dell’amministrazione militare di Kryvyi Rih nell’Ucraina centrale, ricevette una chiamata da un vecchio collega.
La telefonata lo informò dello stato d’avanzamento delle truppe: «la situazione è già decisa» disse la voce di Vitaliy Zakharchenko, ex ministro dell’interno in esilio in Russia per sfuggire alle accuse di omicidio mossegli in seguito alla violenta repressione delle proteste di Euromaidan.
«Firma un accordo di amistanza, cooperazione e difesa con la Russia e le vostre relazioni saranno buone», continuò Zakharchenko. «Sarai un individuo di spicco nella nuova Ucraina», concluse.
Vilkul è il rampollo di una famiglia molto influente nella politica dell’Ucraina sud-orientale, è stato vice primo ministro dal 2012 al 2014 durante la presidenza di Viktor Yanukovich, e la sua visione è sempre stata considerata più vicina alla Russia rispetto a quella di altri politici ucraini. L’uomo, ha rivelato al New York Times di aver subito un tentativo di corruzione da parte della Russia, per convincerlo ad agevolare l’invasione.
Secondo quanto riporta il quotidiano americano, la Russia avrebbe mal interpretato la reazione alla guerra dei politici ucraini considerati filo-Mosca. Il Cremlino sarebbe entrato in guerra con l’aspettativa che gli ufficiali governativi delle zone russofone dell’Ucraina avrebbero rapidamente cambiato fazione, causando netta frattura nell’amministrazione Zelensky, ma ciò non è accaduto.
Solo in un ridotto numero di cittadini e politici avrebbero sposato la causa russa, tentativi però intercettati da Kiev: dall’inizio della guerra, le autorità ucraine hanno già aperto 38 casi di tradimento contro ufficiali di basso grado.
Le regioni minerarie dell’Ucraina dell’est attraevano, ai tempi dell’Urss, operai da tutta l’Unione, il che rese un territorio dove il russo fungeva da lingua franca – condizione che permane tutt’ora, in quanto le aree sono russofone – e il sentimento filorusso era più presente rispetto al resto del Paese. Il Cremlino avrebbe anzi ottenuto l’effetto opposto a quello desiderato. Molti politici che una volta simpatizzavano per la Russia sono diventati stoici difensori dell’identità ucraina.
«Non hanno nemmeno cercato di convincerci», ha spiegato Vilkul riferendosi al Cremlino, «hanno semplicemente presupposto che saremmo stati dalla loro parte a priori». Il politico ha aggiunto che l’amministrazione Putin ha semplicemente confuso il rispetto dei diritti della popolazione russofona con un potenziale supporto a un novello impero russo: «classici megalomani», ha concluso.
(da agenzie)
Leave a Reply