IL PUGNO DURO SOLO CON I LADRI DI GELATI: LA DENUNCIA DI PIERCAMILLO DAVIGO
TASSE, CHI PAGA E CHI NO: LA NON PUNIBILITA’ PER I REATI FINANZIARI E’ L’ENNESIMO STRAPPO AL PRINCIPIO DI UGIAGLIANZA E IL CODICE DEGLI APPLATI PARE UN PESCE D’APRILE
Fino a quando coloro che pagano le imposte subiranno senza reagire? Secondo la Corte dei Conti, il condono allargato previsto dalla manovra del governo Meloni rischia di “attenuare l’effetto deterrente esercitato dalle attività di controllo e di riscossione, inducendo in molti contribuenti, anche non gravemente colpiti dalla crisi indotta dalla lunga pandemia e dall’eccezionale aumento dei costi dei prodotti energetici, il convincimento che il sottrarsi al pagamento dei tributi possa essere notevolmente vantaggioso”. Così Chiara Brusini sul Fatto Quotidiano del 2 dicembre 2022.
Se errare è umano, perseverare è diabolico e il Consiglio dei ministri ha varato un altro provvedimento che esclude la punibilità per i reati previsti dalle leggi finanziarie (nel gergo comune “reati tributari”) in caso di concordato con il fisco.
Si tratta di un ulteriore strappo al principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge previsto dall’art. 3 della Costituzione. Già la situazione normativa è sconcertante. Ad esempio, secondo la legge penale comune, che vale per tutti i cittadini, se io consegno 5 euro a un conoscente perché mi vada a comprare il gelato e costui se li tiene oppure compra il gelato e se lo mangia lui commette il reato di appropriazione indebita di cui all’art. 646 Codice penale, aggravato dall’abuso di relazione di prestazione d’opera (comprarmi il gelato) per l’art. 61 n. 11 Codice penale, ora perseguibile a querela. Tale delitto è punibile “con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000” (pena così aumentata dall’art. 1 comma 1, lettera u, della legge 9 gennaio 2019, n. 3), aumentabile fino a un terzo per la circostanza aggravante.
Invece se un soggetto dotato di partita Iva, incassa l’Iva da un cliente (che non è sua, ma dello Stato e che non paga lui, ma il cliente che gliel’ha corrisposta saldando la fattura) e non la versa “entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo”, commette il reato di cui all’art. 10 ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 solo se l’omesso versamento è “per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta”. Tale reato è punito “con la reclusione da sei mesi a due anni” senza multa. Già questa disparità di trattamento tra persone normali e partite Iva è incomprensibile, ma il Consiglio dei ministri, il 30 marzo 2023, ha approvato un decreto che introduce cause speciali di non punibilità per alcuni specifici reati tributari, quali gli omessi versamenti, ovvero quelle imposte dichiarate ma non versate, e l’indebita compensazione, quando le somme spettanti all’Erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà, non spettano o sono inesistenti. In questi casi non sono più previsti sanzioni penali per i contribuenti che si accordano con il Fisco e regolarizzano la loro posizione.
Fantastico! Se ti scoprono e ti accordi, cioè versi quello che comunque avresti dovuto versare non sei punibile. Quello che non mi ha comprato il gelato (o se l’è mangiato lui), non essendo una partita Iva e trattandosi del mio gelato anziché del denaro dello Stato, invece è punibile. Ma che Paese è questo? Davvero le disparità di trattamento possono essere spinte fino a questo punto di irragionevolezza
Poiché le cattive notizie, come le disgrazie, non vengono mai da sole, il 29 marzo il governo ha anche approvato il nuovo Codice degli appalti che entrerà in vigore il 1° aprile 2023 e che sembra, infatti, un pesce d’aprile.
Con questa novità non saranno più necessarie le gare usuali fino a concorrenza di importi di 5.300.000 euro. Il presidente dell’Anac ha affermato: “Soglie troppo elevate per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono – va notato – quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”.
L’Anac ha emesso un comunicato in cui dice, fra l’altro, che condivide l’esigenza di velocizzare le procedure, ma “la velocità, però, deve andare di pari passo con la legalità, la trasparenza e le pari opportunità nell’ambito di un mercato concorrenziale sgombro da privilegi e zone d’ombra: l’esperienza nel settore dimostra, invece, che il rafforzamento delle attività di prevenzione della corruzione e di consolidamento dei presidi di vigilanza e monitoraggio contribuisce a creare regole chiare e certe che concorrono alla crescita e allo sviluppo del Paese”.
Non ho mai avuto simpatia per le regole complesse che infastidiscono e penalizzano le imprese oneste, ma non creano alcun problema a quelle disoneste. Nel 1992 un importante manager spiegò che, per gli appalti di un grande ente, le imprese si riunivano e sorteggiavano la suddivisione degli appalti; che in quell’ente si pagavano tangenti praticamente a tutti, oltre a finanziare (illegalmente) i segretari dei principali partiti e che quel sistema era standardizzato (nel 1992) da almeno vent’anni, Ebbi conferma di questi fatti da un altro soggetto che disse che, presso lo stesso ente, lo avevano pregato di non portare più denaro in valigette, ma in sacchi neri, perché dopo aver regalato le valigette vuote a parenti, amici, conoscenti e passanti, avevano ancora due stanzoni pieni di valigette vuote che non riuscivano a smaltire.
Giusto quindi semplificare le regole, ma dissennato abolire le gare.
Se la situazione è quella descritta (e non ci sono segnali che consentano di ritenere che sia migliorata), meglio mantenere le gare d’appalto, semplificate quanto si vuole, ma mandando ufficiali di polizia giudiziaria sotto copertura a partecipare a queste gare, in modo da arrestare in flagranza del reato di turbativa d’asta coloro che li avvicineranno per dir loro che non devono vincere la gara.
Altrimenti i soldi del Pnrr finiranno ai ladri perché senza asta non esiste neppure la turbativa.
Già oggi in Italia le opere pubbliche costano circa il doppio di quanto costano all’estero e sono fatte male e mantenute peggio, le strade franano, i ponti crollano e a pagare sono sempre i cittadini (quelli che pagano le imposte si intende).
A nessuno viene in mente che prima o poi quelli che pagano le imposte (e più in generale rispettano le leggi) perderanno la pazienza?
Piercamillo Davigo
(da Il Fatto Quotidiano)
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